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I vecchi leoni ruggiscono - Baldato, Petito, una gran Roubaix

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C'è chi – praticamente tutti – li aveva dati per finiti. Basta. Sfatti, logori, in là con gli anni. In una parola: "vecchi". C'è chi – praticamente solo uno – invece ha (ben) pensato di dar loro una nuova chance, al primo sin da subito, al secondo dopo averlo visto, solitario e bravissimo, cimentarsi addirittura nel ciclocross pur di destare l'interesse di qualche team. Fabio Baldato, classe '68, nel suo passato vanta due tappe al Tour, quattro al Giro, e podi alla Roubaix ed alla Sanremo, al Fiandre e alla Gand; Roberto Petito, classe '71, ha nel suo palmarés una vittoria alla Tirreno-Adriatico e tante azioni di gregariato importanti per capitani vincenti. Atleti di questo calibro, nel 2006, stavano per rimanere a piedi, senza squadra. Se solo...
Se solo un uomo bresciano, ex professionista e ora team manager della Tenax, squadra onesta di seconda fascia professionistica, non avesse alzato la cornetta, messo mano al (proprio) portafogli e ingaggiato Fabio Baldato e Roberto Petito; entrambi appiedati dallo scioglimento della Fassa Bortolo, entrambi uomini d'esperienza che sarebbero serviti se non a tutti i grandi corridori, almeno a quelli che hanno tra i loro obiettivi le gare in linea, quelle sul pavè su tutte.
«Appena finita la Parigi-Roubaix – ammette un emozionato Fabio Bordonali – sia Fabio sia Roberto mi hanno mandato un sms di ringraziamento. È una cosa che mi ha fatto enormemente piacere, mi hanno quasi commosso. Conosco questi due ragazzi e riconosco il loro grande valore, siamo stati anche compagni di gruppo e Petito ha addirittura fatto le sue prime pedalate da professionista insieme al sottoscritto nella Mercatone».
Un bel traguardo per la Tenax, aver rilanciato Baldato e Petito: «Sono ragazzi che non meritavano di terminare la loro carriera in quel modo. Io lo sapevo, ma d'altronde coi budget degli sponsor già determinati non era neanche facile ingaggiarli, perché checché ne dica Cassani questi non sono atleti che possono correre al minimo contrattuale. Uno lo presi in dicembre, l'altro a gennaio, e per entrambi ho dovuto fare un sacrificio personale. Un sacrificio ponderato, però, visto che i loro risultati, anche in prospettiva, e la loro esperienza, decennale, è stata fondamentale, anche per quest'anno che non sono più con noi; atleti come Bosisio e Pietropolli, che con i loro risultati ci permettono di essere nei piani alti della Coppa Italia pur essendo una squadra di fascia media, beneficiano ancora dei consigli ascoltati un anno fa».
In fondo ci hanno guadagnato tutti. Petito e Baldato corrono ancora, addirittura in squadre Pro Tour, e Bordonali s'è trovato risultati (Dunkerque, Giro delle Fiandre, Giro d'Austria, tanto per dirne tre) e un grande aiuto ai giovani: «Ci siamo fatti un favore reciproco; loro spesso mi ringraziano, ma anch'io ringrazio loro. Anche perché il loro ingaggio da parte nostra ha dimostrato che in quello che si vuol far passare come "l'élite del ciclismo", cioè il Pro Tour, ci sono dei tecnici e dei dirigenti che, evidentemente, hanno dei forti limiti. Non ci sono basi serie se si lasciano corridori dell'esperienza di Baldato e Petito ad una squadra come la Tenax. Io sono stato contento, per carità, ma non è un bel segnale».

 

Se solo un uomo vicentino, grande protagonista tricolore sulle strade delle classiche, soprattutto quelle in Belgio, non avesse accettato di rimettersi in discussione. Di sposare il progetto di Bordonali, che gli ha portato anche una tappa del Giro d'Austria, tanto per rimanere allenati.
Se da una parte però la rivincita di aver dimostrato di esserci ancora è grande, è anche grande l'amarezza per non averlo potuto dimostrare già un anno fa: «È stata una soddisfazione personale enorme – confessa Fabio Baldato – fare una corsa così bella, per prestazione atletica e per il risultato, come quella disputata domenica in Francia. Per la condizione che pensavo di avere neanche mi sarei aspettato di far così bene, invece alla fine m'è anche rimasto un po' di amaro in bocca per via della situazione tattica che s'è creata con la fuga dei 30 davanti. Dopo il 2° posto del '94 questa, secondo me, è la mia più bella prestazione alla Roubaix: è un 10° posto che vale davvero tanto».
Una corsa iniziata in appoggio al recente vincitore del Giro delle Fiandre, Alessandro Ballan, e poi corsa da capitano nel momento in cui uno degli 11 campioni del mondo di Salisburgo s'è accorto di non essere in grande giornata: «Il correre da gregario a Ballan per i primi 100 km non m'ha tolto particolari energie, anche se in qualche tratto di pavè ho menato per segnare un po' la strada ad Alessandro, come ad esempio nella Foresta di Arenberg, quando Ale è rimasto attardato. Però io dico e ripeto che senza quella fuga davanti, che ha permesso a molti corridori di avvantaggiarsi sul gruppo, il risultato sarebbe stato anche migliore. Perché in fondo sono stato sempre lì, soltanto nel finale Boonen ha allungato, ma era uno scatto che ci stava, visto come pedalava».
Gli diciamo che Bordonali ci ha confessato l'invio di quell'sms: «Il messaggio a Bordo è stato quasi d'obbligo, perché ha avuto il merito di non farci smettere. Per quel che mi riguarda, e credo che valga lo stesso per Petito, la Lampre s'è pentita di non avermi preso già un anno fa, ma non è mai troppo tardi per fare le cose e già essere tornate sui propri passi, dal mio punto di vista, è una qualità non comune. In fondo anche quest'anno eravamo delle scommesse, visto che avevamo un anno in più rispetto al 2006».
Acquistati per fare da gregari, poi d'improvviso il risultato d'eccellenza: «Entrambi siamo stati contattati per crescere dei giovani che hanno un po' le caratteristiche simili alle nostre. Per me alla Lampre c'è Ballan, mentre per Roberto alla Liquigas c'è Pozzato, ed ho citato solo le "punte". Da parte mia penso di aver fatto bene; credo di essere stato importante per la vittoria di Ballan al Giro delle Fiandre e anche alla Roubaix, una volta avuto il via libera da Ale, ho dimostrato di esserci, di saperci ancora stare, di saper fare questo lavoro. Che poi questa parte è la più difficile: perché se un gregario non si fa trovare pronto a fare il "capitano" quando il capitano designato ha dei problemi non è così bello. Si può passare da inaffidabili. E invece l'affidabilità è intatta».
Non solo Ballan alla Lampre, ma anche Franzoi: «Enrico è un corridore adatto, assolutamente portato a questo tipo di corse; tatticamente deve migliorare, perché sia al Fiandre sia alla Roubaix si è trovato "costretto" nella fuga visto che le impostazioni tattiche della squadra erano queste. Lui è un generoso, che è anche un bene, per carità, ma per fare risultato in queste corse deve imparare ad essere un po' più furbo, se non cinico; la stoffa c'è, è un duro, ha un carattere impressionante. Finché non muore sulla bici, lui pedala. E poi ha uno stile bellissimo, in bici sa andare, lui è uno dei giovani, se consideriamo che ha 24 anni, con più prospettive sul pavè».
Adesso lo aspetta l'Olanda, ma non il Giro d'Italia: «Domenica correrò l'Amstel; è un favore che faccio alla squadra, che m'aveva già messo in preallarme prima della Roubaix, anche se a dir la verità sono ancora un po' stanco da domenica; le gambe, i muscoli, fanno male dopo ogni gara, ma alla Roubaix i contraccolpi che si prendono sono particolari, e tutti differenti. Però l'Amstel mi piace, peccato l'abbiano resa più dura da qualche tempo, quindi aiuterò i miei compagni; dopo staccherò, niente Giro per il sottoscritto, ma riposo in vista del Catalogna, del Giro di Svizzera e del Tour de France col gruppo delle classiche. Ma il programma definitivo si traccerà ai Campionati Italiani».

Se solo un uomo civitavecchiese non avesse partecipato, praticamente da "isolato" ai Campionati Italiani di ciclocross, in quel di Lecce, ad inizio 2006, e se solo non avesse alzato la voce nei confronti di quei "maneggioni" che chiedono ai corridori di trovarsi uno sponsor che gli paghi l'ingaggio. Poi, tappa e classifica finale alla 4 Giorni di Dunkerque.
«Sono 12 anni che vengo in Belgio – ci spiega Roberto Petito – e pochissime volte mi sono potuto esprimere su certi livelli personalmente; iniziai con Cipollini, poi andai da Bartoli, per finire con Vandenbroucke. Corridori importanti, a cui serviva una mano e a cui la davo volentieri».
Poi due anni fa un leggero cambio di rotta: «Nel 2005 la Fassa Bortolo non aveva un vero e proprio uomo di punta e i ds mi diedero carta bianca. Ero "libero", in pratica, e a me non sembrava vero. Finii il Fiandre 5° e la Roubaix 29esimo. Sempre primo degli italiani. L'anno scorso, con la Tenax, 10° al Fiandre. E poi quest'anno è andata come sappiamo alla Roubaix. La realtà è che in Belgio io vengo sempre con motivazioni particolari».
Un risultato sensazionale, 5° dopo una lunghissima fuga, che Petito si spiega così: «Non ci speravo di arrivare sino in fondo perché le fughe vanno sempre così. Il gruppo lascia del margine, ma poi accelera e ti viene a riprendere. E tu, che sei stanco, non riesci a far niente se non farti superare. Invece stavolta è andata diversamente, anche perché visto come sono andate le cose in squadra a me è toccato salvare la baracca. Ho dato tutto, sono arrivato stanchissimo, anche perché i tratti in asfalto mi facevano male. Eh già, a me il pavè fa risposare, l'asfalto stanca. Sarà la conformazione fisica, sarà una magia, ma è la verità».
Nel 2005 appena dietro Petito, alla Roubaix, arrivò un neopro', un certo Enrico Franzoi: «Enrico è un ragazzo giovane, siamo stati 20 giorni in albergo insieme, ci siamo parlati spesso. È un corridore che ama questi percorsi perché nella sua testa c'è il ciclocross, le corse combattute fanno per lui, è portato a sforzi di questo tipo, a percorsi simili. La giovane età deve fargli imparare ancora certi piccoli trucchi, ma non ci sono storie: uno che si fa 200 km di fuga al Fiandre e chiude a 1'30" dal primo e si fa 230 km alla Roubaix e arriva 8° vuol dire che è forte. Il futuro sul pavè è tutto suo».
Anche a Roberto confessiamo dell'sms rivelatoci da Bordonali: «Bordo è stato importantissimo, mi ha dato la possibilità di rimettermi in discussione. Siamo rimasti in buonissimi rapporti io e lui, anche se le nostre strade professionali si sono divise; ma senza nessuna colpa né problema, il fatto è che i Pro Team hanno dei budget diversi dalle piccole squadre. Però credo che Bordonali sarebbe ben contento di sapere che mi piacerebbe davvero, quando sarà, chiudere la carriera in una sua squadra. Son convinto che m'accoglierebbe a braccia aperte».
In casa Liquigas, immaginiamo, avranno vissuto opinioni contrastanti. Da una parte la grande gioia del 5° posto di Petito, dall'altra la mezza delusione per le prove di Backstedt e, soprattutto, Pozzato: «La Liquigas era partita per la Roubaix con due punte: Pozzato e Backstedt. Però va detto che lo svedese è tornato a correre da 20 giorni, e per i km effettuati e la condizione che ha per me è già stato un fenomeno a finirla, una corsa così massacrante. Però anche lui ci tiene tanto a questa corsa, e quindi non voleva mancare. Pippo invece non va affatto male sul pavè, ma per quanto mi riguarda mi sono reso conto di una cosa; lui è un corridore particolare, a cui non piace tanto, e quindi non gli riesce molto bene, limare. Preferisce rimontare le posizioni da dietro una volta terminata la bagarre, ma sul pavè si spendono tante energie a fare questo lavoro. Però mi preme sottolineare che lui è dispiaciutissimo del suo risultato, sa che la gente e la squadra s'aspettavano tanto da lui, ma Pippo è un ragazzo con la testa sulle spalle, e non dimentichiamoci che il 2007 era il suo primo anno da capitano. Altre volte ha corso con meno pressioni. Per quanto riguarda me, invece, posso solo dire che domenica è stato molto bello anche perché i vertici Liquigas sono venuti a vedere la corsa in ammiraglia, e quindi ho permesso loro di stare sempre davanti, in pratica. Sono stati molto contenti».
Un'ultima battuta con Petito riguarda il cospicuo numero di corridori "lasciati" in fuga. Situazione tattica che ha determinato la "stranezza" di questa edizione della Roubaix: «Se Baldato ed io fossimo stati i gregari di un capitano forte, una fuga così numerosa non l'avremmo lasciata andare, ne sono certo. Ed è per questo che dico che la Quick Step, non me ne vogliano, ha sbagliato a non tirare, da dietro, seppur avessero due rappresentanti nella fuga. La presenza di corridori come O'Grady ed Hammond doveva indurli a capire che Tosatto e Van Impe non avrebbero potuto giocarsi la corsa; se avessero avuto Van Petegem, in fuga, li avrei capiti, ma non tirare per il ricongiungimento secondo me è stato un errore. Però non dimentichiamoci di sottolineare i giusti meriti di noi "fugaioli". Seppur in tanti, davanti si fa sempre moltissima fatica, mentre dietro i "big" rimangono coperti dal lavoro dei gregari. È che la Roubaix premia spesso i corridori con parecchi anni, perché per vincerla ci vogliono sì gambe e fortuna, ma soprattutto esperienza, motivazione e tanti anni di partecipazione».
Chiudiamo, magari disturbiamo: «Nessun disturbo, ci mancherebbe. Sono sul lettino a fare massaggi, oggi c'era il GP Escaut. Ma questo non l'ho finito, mi son fermato quasi subito».
Eh già, se solo...
Per fortuna, è stato; ed è tuttora.

Mario Casaldi    

 

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