I giorni belli di Garzelli - Stefano rivince; domani Zoncolan
Versione stampabileNel giorno del Grande Freddo e della Grande Paura (di beccare la neve in discesa), e del Grande Accordo di non-belligeranza in seno al gruppo, almeno fino alla certezza di un tempo che avesse garantito la sicurezza dei corridori lungo la discesa del Bannberg, sbuca la testa pelata di Stefano Garzelli.
Un Garzelli che, ovviamente per spirito di squadra, la wild card Acqua&Sapone (e quando vince una wild card c'è sempre un gusto sadico, perché ci immaginiamo i volti dei papaveri del ProTour), ma anche per tacere le tante voci che volevano Stefano sconfitto da Gibo Simoni, nella tappa di Bergamo, senza quelle moto a fargli da punto di riferimento, s'è preso la briga e di certo il gusto di provare a vincere la sua seconda tappa di questo Giro in solitaria. Ed allora se c'è un po' di birra nelle gambe, e l'orgoglio funziona ancora, perché non sfruttare una tappa che più adatta a Garzelli non si potrebbe, ed andarsi a prendere il secondo successo di tappa?
Detto, fatto.
Anzi, prima di farlo, come già detto, Bettini e Di Luca s'erano fatti portavoce del gruppo ed avevano avvisato tutto il plotone di andare tranquilli, ché il tempo non era affatto buono, e al km 45.3 c'era il Gpm di Passo di Campolongo, ma soprattutto, dal km 45.3 al km 83.6 c'era la discesa dal Passo di Campolongo. Una discesa che, a detta di Di Luca e Bettini, sarebbe stata estremamente pericolosa col gruppo sparpagliato dagli scatti dei fuggitivi, e il povero Pagoto s'è dovuto anche beccare il rimbrotto un po' troppo energico di Daniele Contrini, uno che invece di difendere i diritti della sua categoria (quella dei fuggitivi "pazzi", detto con tutto l'affetto possibile), s'è scapicollato davanti - che l'abbia fatto per invidia, perché voleva farlo lui? - accanto al giovane della Panaria, e l'ha "costretto" al rientro in gruppo.
La sicurezza è importante, in effetti, ma i perché del non permettere ad un corridore di provare la fuga, francamente, non li troviamo. Sarebbe stato un delitto lasciare 10' a Pagoto, qualora si fosse deciso, dall'interno del gruppo, di fare la discesa ad andatura blanda? Se il Passo di Campolongo c'è, e non c'è stato motivo per toglierlo dall'altimetria di oggi, evidentemente un motivo c'era. Certo, il discorso è sempre quello: hanno senso i Gpm dopo 45 km? Non molto, in effetti. Ma ha altrettanto senso costringere un giovane a non andare in fuga, magari in una tappa a cui teneva? Neanche.
Vabbè, preso atto dell'ennesima mancanza di buon senso, il gruppo ben pensava di andarsene in tutta tranquillità per i primi 123 km. Addirittura, qualche km prima, Di Luca si prendeva il lusso di andare da Gasparotto a dirgli di diminuire l'andatura. "Che tiri a fare così forte?, davanti non c'è nessuno...", e così il giovane friulano si prendeva il secondo rimbrotto in diretta tv da parte del capitano.
Poi, in un impeto di generosità verso lo spettatore, qualcuno si ricorda che una tappa del Giro è pur sempre una tappa del Giro, e vincerla porta popolarità ed anche qualche bel gruzzoletto di euro all'interno del prossimo contratto da firmare. E così, vivaddio!, Mangel e Joachim, due che certamente non hanno la pretesa di togliere sonno a Di Luca, sono i primi a muoversi con una certa consistenza.
E dopo quattro ore di corsa effettuate a 31 km/h di media, roba che anche chi scrive sarebbe forse rimasto nella pancia del gruppo, sfruttando l'effetto volano del plotone, si ha finalmente la sensazione che qualcosa succederà.
E difatti succede, visto che ai due su scritti si aggiungono anche Tosatto, Mondory, Lastras, Laverde, Dean, Cummings e Gatto. Insomma, iniziano a muoversi anche bei nomi.
Sullo strappo verso Anras, proprio nel momento in cui a Bettini si rompe il cambio ed è costretto a cambiare bicicletta, dal gruppo Maglia rosa parte deciso Stefano Garzelli. Un Garzelli che, dopo la tappa di Bergamo, aveva preso vagonate di minuti verso le Tre Cime di Lavaredo e che dunque aveva bisogno di un altro segnale importante. Non tanto per la squadra, e neanche per altri motivi. Il suo Giro era già in attivo, in fondo. Ma aveva qualcosa da dimostrare a sé stesso, forse, ed il modo in cui s'è rifatto sotto sul gruppetto dei battistrada è lì a dimostrarlo. Tanta grinta, e tanta sofferenza. Ma più grinta, però.
Intanto davanti gli strappi di Anras e Kosten, che precedono il Gpm di Bannberg, fanno selezione: i vari Caucchioli, Rubiera e Ricardo Serrano, coi già presenti Mangel, Lastras, Joachim e Dean (che poi si staccheranno sul Bannberg) prendono il posto di corridori poco avvezzi alle pendenze all'insù.
Il gruppo Maglia rosa lascia fare, anche se Bettini aveva provato a farsi riportare in testa al gruppo per provare ad agganciarsi a qualche trenino partito in ritardo; ma le forze spese per rientrare sono evidentemente tante, così il buon Paolino lancia all'attacco Visconti, che fa un numero notevole e nel giro di qualche km mangia qualcosa come 2' al gruppo dei primi inseguitori del gruppo di testa (tra cui sono presenti Commesso, Krauss, Bernucci, Le Boulanger, Bazayev, Berthou, Laverde e il compagno di squadra Tosatto).
Stavolta non c'è Codol, ma Garzelli ha ormai imparato come si fa. Arrivati in cima a Kosten, Stefano si lancia in discesa, e già screma il gruppo, poi a 33 km dall'arrivo, all'attacco della salita del Bannberg, lascia la compagnia di tutti (l'ultimo a mollare è il coriaceo Lastras) e se ne va. Il capitano del team di Palmiro Masciarelli guadagna subito 15", e poi 38", e poi 45".
Stefano Garzelli ha un passo che non è del tutto eccezionale, fa sempre troppi movimenti con le spalle, ma un po' gli si vuole sempre bene, a uno che da neopro' ha avuto l'onore di avere come capitano un certo Marco Pantani e che lo stesso capitano ha scortato, da neopro' o quasi, da fido gregario, verso la vittoria del Giro d'Italia del 2000. Un Giro per un verso benedetto, per un altro maledetto, quello del 2000. Un Giro che ha dato la sensazione a Stefano Garzelli, italiano di Varese cresciuto col mito delle montagne e del Giro d'Italia, di poter competere in ogni Giro d'Italia futuro, e magari anche al Tour de France. Un Garzelli che non ha mai trovato un ds un po' lungimirante che abbia avuto il coraggio di dirgli che i GT potevano essere accantonati, per un anno o due, almeno per quello che riguarda la classifica generale, e si poteva puntare alle classiche Monumento, ed a tappe come quella di oggi nei Grandi Giri. E chissà, magari dopo qualche anno di vittorie nelle classiche, si poteva riprovare anche la classifica di un Giro d'Italia, o di un Tour de France.
Stefano Garzelli è uno veloce, e avrebbe anche potuto aspettare un arrivo di un gruppetto ristretto. Ma non oggi, evidentemente, non poteva rischiare di perdere oggi, dopo aver ripreso tutti tra salite e pianura, ed aver allungato il collo a tutti in discesa, e poi aver di nuovo la gamba per staccare tutti in salita.
Il gruppo Maglia rosa dietro s'addormenta, lascia prendere a Garzelli qualcosa come 8', perché domani c'è lo Zoncolan, la bestia nera di questa 90esima edizione del Giro d'Italia. Uno Zoncolan che certamente non preoccupa (o non almeno in termini di classifica) Garzelli, ma che preoccupa tutti, lassù in alto: Di Luca, Mazzoleni, Schleck, Simoni, Cunego, Riccò e gli altri. Tutti lì, che pensano se sarà il caso di attaccare o di difendersi. Ma con pendenze come quelle di domani, ci sarà poco da pensare. La sensazione è che la selezione avverrà da dietro, e che certe salite da ciclo-alpinismo non permettano a nessuno di fare la differenza, e allo stesso tempo permettano a tutti di concentarsi sul proprio sforzo, senza cercare confronti con altri. Una sorta di cronoscalata in corsa, ma speriamo di essere smentiti.
Intanto, durante i pensieri più reconditi di chi domani lotterà per la Rosa, Stefano Garzelli scava un vantaggio di 1' sugli inseguitori, e gli ultimi km in apnea se li fa lo stesso, sì, ma col sorriso interiore di chi ha preso una bella consapevolezza sui propri mezzi.
Un po' tardi, forse. Ma finché c'è ciclismo c'è speranza, no?