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Di Luca? Di Lusso! - Danilo in rosa, Simoni e Schleck ok | Cicloweb

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Di Luca? Di Lusso! - Danilo in rosa, Simoni e Schleck ok

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Non è un caso che l'anagramma di Di Luca sia "lucida". Lucida come la maglia rosa, che di certo gli dona al punto che Danilo farà di tutto per non darla più a nessuno; ma soprattutto lucida come la sua mente, perché quel che l'abruzzese ha dimostrato in questa prima parte di Giro (se si eccettua lo scatto ai 5 km della Madonna della Guardia: ma un peccato veniale glielo vogliamo concedere?), e soprattutto oggi, è di essere la mente più lucida attualmente in circolazione nella corsa rosa.
Solo uno con una perfetta, matematica, schematica visione delle cose, farebbe quel che Danilo ha fatto a un chilometro dalla vetta dell'Izoard: sfilarsi, andare all'ammiraglia a prendere la mantellina, indossarla con tutta la comodità del caso, e poi scattare prima dello scollinamento, avvantaggiandosi di una decina di secondi, evitando di perdere tempo per rivestirsi subito dopo il Gpm (come hanno fatto gli altri), e poter perciò affrontare con la massima calma e serenità una discesa che non conosceva. Tanto, che da dietro rientrassero non era più un problema, visto che a quel punto tutto il grosso del lavoro era stato fatto, e in ballo restava solo il successo di tappa; e ottenere quello non sarebbe stato difficile, se consideriamo che lo strappetto di Briançon potrebbe chiamarsi Avenue Di Lucà, tanto si adatta allo spunto veloce "da classica" di Danilo.
Finito di incensare il pescarese? No. Il suo tanto paventato calo alla distanza tarda ad arrivare, in compenso si sommano le une alle altre tappe sempre più importanti, e Di Luca anziché patire, anziché difendersi, anziché perdere qualcosa, continua a guadagnare terreno. Poco per volta magari, e ringraziando questo o quell'abbuono: ma si guadagna, e anche di semplici secondi può essere lastricata la strada che porta al paradiso.
E dire che la giornata non si annunciava come la più riposante possibile: perché quando già dall'inizio del Colle dell'Agnello il mar giallo della Saunier ha inondato la testa del gruppo, si è capito subito che più di qualcuno si sarebbe ritrovato in spalla una croce pesante da portare fino al traguardo. In maniera anche cattiva, i compagni di Simoni hanno alzato il ritmo e hanno di fatto fracassato il gruppo. Giù i velocisti, giù i gregari altrui, giù i fuggitivi-bidone, quelli che occupavano pro tempore le zone alte della classifica, e quindi giù i Pinotti e i Noè, che la maglia rosa cambierà padrone si dà per assodato sin da quando mancano 90 km alla fine.
Giù i gregari altrui, dicevamo: e per gregari altrui intendiamo anche quelli degli altri due squadroni presenti al Giro. Quando Riccò spara i suoi due chilometri da forsennato, le fitte alle gambe si sentono già chiare; ma quando Richie Rich si sfila, esaurito, e lascia che del taglio dell'aria sia il naso di Piepoli a occuparsene, si fa subito autunno, e les feuilles mortes (siamo o non siamo in Francia?) cadono a grappoli dall'albero rosa. Pezzo per pezzo, la Lampre prima e la Liquigas subito dopo risultano letteralmente smontate: e a 5 km dalla Cima Coppi del Giro 2007, ovvero molto prima che anche i più ottimisti appassionati sperassero, l'esploso della corsa mostra uno scheletro scarno e poco atteso: 7, solo 7 uomini lì davanti.
Piepoli, che continua a saltellare sulla sua bici, trainando tutto il trainabile e non curandosi del fatto che il carico da portar su sia sempre più leggero; il suo capitano Simoni, ovviamente, mandante palese della strage di muscoli che - per mano del Leo - ha devastato il gruppo, e sornione e tranquillo dall'alto della sua millenaria esperienza; il suo antico delfino, Cunego, delfino sì, vive in acqua ma non è un pesce, e questa è la cifra della sua attuale condizione, incerta e confusa come le idee di chi l'ha trasformato in tre anni da Principe meraviglioso in ranocchio senza arte né parte. Epperò, questo Cunego, oggi, non dispiace, anche se tanto bello in bici continua a non essere, anche se dà l'idea di boccheggiare sin dall'inizio, anche se non prende un'iniziativa, anche se va di conserva e non pare l'uomo venuto dal cielo per conquistare il mondo.
7, avevamo detto. C'è Stefano Garzelli, che da queste parti si esalta spesso, e che - lo ammetterà a fine tappa - ha più volte ripensato a quel giorno di 7 anni fa quando un Pirata buono lo prese per mano e lo condusse a vincere il Giro d'Italia; c'è Mazzoleni, "mi manda Savoldelli che non sta bene", e il Falco non sta bene perché è caduto a Pinerolo, non riesce a pedalare, si stacca per primo e paga alla fine 5'49", senza riuscire a fare neanche un metro di spettacolo in discesa (e sì che oggi ce n'erano, di picchiate belle per i suoi occhi).
E poi c'è un piccolo fiore lussemburghese, Andy Schleck, di professione (finora) fratello minore, perché il maggiore è Frank che ha già vinto qualcosa di bello, dall'Amstel all'Alpe d'Huez, ma d'ora in poi le profezie del fratellone inizieranno a non essere più considerate dicerie, perché pare che il piccolo sia più forte del grande, e possa veramente ambire a vincere i grandi giri. Se mai avesse avuto voglia di dimostrarlo, in questa Scalenghe-Briançon l'ha dimostrato per intero.
Garzelli non è più quello del 2000, o forse trova anche qualche rivale più forte di allora, e non regge, si stacca, perde terreno, poi prova a rientrare, tiene duro, non perde la testa. 7 anni non passano invano, perché sono pur sempre 7 anni di esperienza che serve a gestirsi, sé e le proprie forze, e allora a volte conviene rallentare un po', tanto in discesa si rientra; e infatti Garzelli rientra, giù dall'Agnello. Lunga, quella discesa. Tanto lunga da rimettere in sesto la giornata di Riccò, che era rimbalzato troppo indietro, dopo il precedente sforzo, ma che ha avuto la saldezza mentale di non mollare, e sull'Izoard, dopo essersi ripreso, ha recuperato più di tutti, rimangiando un gruppetto dopo l'altro e arrivando a Briançon col drappello dei Bruse e dei Pellizotti e degli Arroyo: nono all'arrivo, il giovane Richie.
Ma davanti, Piepoli. In testa per tutta la discesa, e anche per un po' di falsopiani, e anche per un po' di Izoard. Poi giustamente scoppia e perde quasi un quarto d'ora; ma il capolavoro c'è tutto, e toccherebbe solo a Simoni metterci la firma in calce. Non che non ci provi, il Gibo: attacca, sull'Izoard, ma Cuneghìn oggi è sveglio, e gli prende subito la ruota, quasi ruggendo. Simoni però è vecchio, e non si impressiona di fronte alle facce cattive; e perciò riparte. Non Cunego, allora, ma Di Luca gli mette il sale sulla coda. Non sarà che tutto il lavorone della Saunier sta per partorire un no contest? Sarà sì, ma il ciclismo non è matematica.
Più avanti il trentino fa un terzo scatto, e ancora Di Luca e Schleck lo bloccano, ma, attenzione attenzione, Cunego non c'è. Risale anche Mazzoleni, non Damiano, che ci mette un po' a ricarburare, e approfittando anche di un declinare delle pendenze, torna nel club. Lo spavento, però, se l'è preso per intero.
Di Luca, gran maestro cerimoniere, aveva tessuto e cucito, invitato gli altri a darsi i cambi, gestito da ras i rapporti nel gruppetto, parlato con questo e con quello, e incitato Simoni a forzare per scacciare l'ombra di Cunego dalle loro spalle; ci ha provato pure in prima persona, ad aumentare il ritmo, ma lì, all'appropinquarsi del Gpm, Damiano è stato bravo a non perdere anche lui la testa. Quando però si era tornati in 5, l'attacco di Danilo già descritto in apertura. Poi la discesa, in cui più niente è cambiato. Poi lo strappetto finale.
Lì Di Luca ha forzato non appena entrati nell'ultimo chilometro. Sorpresa (ma non troppo), il più rapido a rispondere è stato Simoni, con Schleck. Cunego, che un tempo questi arrivi se li sarebbe divorati, annaspa, fino a perdere 19" in 800 metri. Di Luca e Simoni staccano il ragazzino lussemburghese, poi la volata non ha praticamente storia, uno che vince la Liegi non può perdere Briançon. A Gibo tutto sommato va bene così, avrà le sue Tre Cime per fare il vuoto, avrà lo Zoncolan che ha già conquistato nel 2003. Di Luca è rosa, sempre più convinto; Schleck è la maglia bianca ed è vicino in classifica, ma la sua giovane età fa propendere i più per l'idea che prima o poi imbarcherà un po' d'acqua anche lui.
Damiano continua a perdere terreno, un po' per volta così non fa troppo male, ma siamo a più di 2' da Di Luca, in attesa dell'Eldorado della terza settimana: ma verrà quest'Eldorado per il veronese?
I comprimari sono ancora lì, in classifica: Bruseghin è secondo e domani la cronoscalata potrebbe piacergli; Arroyo è terzo ed è un cagnaccio, Vila è quinto, Sella è settimo, Petrov nono, Mazzoleni decimo e se continua ad andare come oggi il podio è un obiettivo realizzabile. I favoriti sono lì a guardare Di Luca: Cunego a 2'10", Simoni a 2'34", e poi basta, perché non ce ne sono altri. Detto così, parrebbe che questo Giro sia un po' poverello. Ma è divertente, oggi lo è stato. Continuiamo a incrociare le dita.

Marco Grassi

 

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