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Di Luca asso di Bastogne - Magico Danilo, la Liegi è italiana

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Da oggi Danilo Di Luca è un po' più grande: vincendo la Liegi-Bastogne-Liegi, il corridore abruzzese ammanta di ulteriore prestigio il suo ricco palmarés, ed ora può anche togliersi lo sfizio di pensare in maniera lussuriosa al prossimo Giro d'Italia. E bisogna dire che il biondo di Spoltore si porta appresso un destino particolare: dopo OP e susseguenti due mesi di quasi disgusto nei confronti di questo sport, l'anno scorso ritrovammo il sorriso proprio con la vittoria di tappa di Danilo alla Vuelta; oggi, dopo la recrudescenza della vicenda e la condanna prevedibile per Basso, è ancora Di Luca a rasserenarci l'esistenza (interagendo con Rebellin che mercoledì ha conquistato la Freccia).
Della corsa possiamo tranquillamente trascurare i primi 230 km, pur conservando come sempre il massimo rispetto per i fuggitivi per necessità o per vocazione, quelli che partono al km 10 e (dopo aver toccato un vantaggio massimo che non è un vantaggio, è un abisso, sono 18'35" al km 80), si fanno lentamente avvicinare, risucchiare, e infine, a 30 dal traguardo, riprendere; quei fuggitivi che oggi erano 3, e rispondevano al nome di Rémy Di Gregorio, Unai Etxebarria e Vasil Kiryienka (il primo a mollare, ai 35 km).
Possiamo trascurare quei 230 km in cui, da un certo punto in poi, Quick Step (Bettini), Gerolsteiner (Rebellin), Lampre (Cunego) e Liquigas (Di Luca), lavorano per riportare sotto il gruppo; lavorano i team dei nostri perché i nostri sono i protagonisti annunciati, insieme a quel Valverde che però, per forma mentis, tira a sparagnare le forze sue e dei suoi, e quindi non collabora più di tanto al lavorìo generale.
Sulla Redoute, salita principessa della Liegi, non accade niente di mistico. La Csc mette un soldatino in avanscoperta (Kolobnev), e lo stesso fa la Quick Step, con Barredo primo luogotenente chiamato da Capitan Bettini a dare il sudore per la patria. Schleck, sulla scorta del gioco di squadra Csc testè intrapreso, prova a forzare in testa, ma nessuno si impressiona; ad ogni buon conto, Valverde (campione uscente e tra i massimi favoriti anche oggi) piazza Fran Pérez a fare un'andatura regolare, che a nessuno venga in mente di scattare!, e infatti a nessuno viene in mente.
A nessuno tranne che a Bettini, che però aspetta lo scollinamento per allungare timidamente col compagno Vasseur, ma si tratta di un'azione senza sugo, e infatti si ammoscia subito. Ben più deciso è Stefan Schumacher, che dopo la vittoria all'Amstel sette giorni fa esibisce tutta un'altra sicumera, e prende e va da solo a 30 km dalla conclusione: non in salita, ma subito prima della Côte de Sprimont. Schumacher è un clientaccio, Rebellin (che sarebbe il suo capitano) se ne può stare coperto e tranquillino, ma gli altri no. E allora Di Luca libera i sensi di Nibali, il quale si mette in caccia del tedesco e lo agguanta, pronto a fare con lui la salita (senza dare cambi). I due si portano su Barredo, e dopo lo scollinamento, insieme ai sopraggiunti Kroon e Vasseur (anche Quick Step e Csc sono quindi presenti), si portano sui superstiti Di Gregorio e Unai, per i quali però la gloria finisce lì.
La storia inizia a farsi interessante. Il mezzo minuto abbondante che i fuggitivi hanno ai 25 km, previo lavoro di Rabobank e Lampre (escluse dalla fuga), diventa 21" a 17 dal traguardo, ovvero all'imbocco della Côte de Sart-Tilman. Lì sulla salita è Vasseur a incendiare la miccia, e Schumacher è ancora una volta il più attivo: si mette a ruota del francese (Nibali e Barredo inseguono vanamente, gli altri si disperdono), gli dà un paio di cambi, e poi, esattamente a 15 km dalla fine, prende il volo e sogna qualcosa di buono che gli illumini il mondo; come per esempio doppiare l'Amstel con la Liegi.
Ma il progetto, che ha un suo indubbio fascino perverso, è forse troppo ambizioso, e infatti si infrange contro il ritorno di passione del gruppo. In testa al plotone i grandi sommovimenti continuano, orchestrati dalle solite Quick Step, Lampre e Csc (ma si vede alla pugna anche Verbrugghe), e con i capitani designati sempre pronti a far vedere il faccione davanti; eppure dopo la Côte Schumi ha un momento di grazia in cui, solo contro tutti, prende pure a guadagnare: ai 10 km ci sono 21" tra lui e il gruppo, e il margine resta praticamente invariato per un po'.
Ma prima che il ragazzo inizi seriamente a illudersi, la Liquigas dà la sgasata giusta (quando dici che il nome è azzeccato), e sul Saint-Nicolas, ai 6 km, Schumacher viene ripreso, mentre Spezialetti allunga, coi buoni uffici di Di Luca. Ma non è questo lo scatto che attendevamo, sulla Côte des Italiens (così la soprannominano); lo scatto che attendevamo lo vediamo coi nostri occhi subito dopo, ed è quello di Cunego. Ma avremmo fatto bene a riporre altrove le nostre aspettative, visto che l'attacco del veronese è solo per il pubblico, come certi plateali tuffi dei portieri di calcio: scenografici, ma non troppo densi di significati.
Cunego attacca, gli altri fanno spallucce e si mettono alla sua ruota; Damiano capisce che non può mettere a referto lo scattino di cui sopra, e allora reagisce al contropiede di Gadret, ma siamo sempre lì: nessuno si fa male. Ci prova Boogerd, ma è sfiatato; ci prova Bettini, che pare metterla giù dura, ma anche il Grillo non è quello dei giorni migliori, e alle sue spalle arrivano prima Valverde e Rebellin, poi tutti i più forti; e quando Boogerd, dopo lo scollinamento, telefona un altro allungo, il gruppo di quelli che si giocheranno la Liegi arriva a contare almeno una trentina di unità.
Ci sono i migliori, però; e quando i nomi sono quelli, in qualsiasi momento può nascere l'azione che fa saltare il banco. Per esempio, può nascere ai 4 km, allorquando Frank Schleck fa la sua sparata, scattando sul lato destro della strada; come una volpe dell'Appennino, Danilo capisce subito tutto, e si infila in quella galleria del vento che è la scia del lussemburghese. O meglio, non ne prende subito la ruota, resta lì a 5-10 metri da lui per quasi un chilometro, fingendo di faticare a rientrare; e intanto dentro di sé ghigna perché pensa a come se lo giocherà, sullo strappo che porta al traguardo di Ans.
Schleck e Di Luca sono una gran coppia, per questa corsa: e averli all'attacco a 3 km dalla fine, significa che se il mondo non si mette a girare al contrario, li rivedranno dopo il traguardo. Infatti dietro il nervosismo dilaga: Thomas Dekker prova un'inutile azione solitaria volta al ricongiungimento, povero ingenuo; ben più efficace è la trenata di Sinkewitz, che nell'ultimo chilometro qualche secondo di sicuro lo lima (eravamo a +10" per i battistrada a 2 dal traguardo).
Valverde non sopporta più l'idea di vedersi soffiare la Liegi da sotto al naso, e per una volta nella vita prende un'iniziativa, scattando ai 500 metri e piantando tutti in asso. Ma l'immagine del suo allungo viene subito soppiantata da quella, ben più decisiva ormai, dello scatto secco di Danilo. Il quale, ai 350 metri, e dopo aver saltato un cambio (generosissimo Schleck che incurante di tutto ha continuato a macinare la strada; e anche un po' ingenuo a credere alla stanchezza di Di Luca; in ogni caso, caffè pagato, ok?), parte con quanta rabbia ha in corpo e la sua stoccata è di quelle che non possono avere antidoti: velenosa e definitiva.
Valverde, smadonnando come non mai, supera Schleck ormai sfiancato e va a prendersi un secondo posto che secondo lui sa di beffa; altro che beffa, Di Luca, che intanto sul traguardo esplode in una gioia incontenibile (quanto l'hai sognata, Danilo? Quante notti non ci hai dormito?), ha meritato in lungo e in largo, ha corso benissimo, ha saputo usare la squadra al meglio, ed è stato il più intelligente a capire il momento dell'affondo: senza svenarsi in attacchi ruspanti (come fatto alla Freccia), ne ha fatto uno ma buono; e dopo i podi all'Amstel e alla Freccia, si sapeva che sarebbe stato lui uno dei principali personaggi del giorno: bravissimo a confermare le aspettative.
E bravissimo ad aver tramutato realmente in oro la sfortuna patita un mese e mezzo fa, quando l'influenza gli fece perdere una settimana buona di condizione e allenamenti. Ora se la ritrova in coda a questa fenomenale campagna del Nord (fenomenale per i nostri colori: Ballan al Fiandre, Rebellin alla Freccia, Danilo oggi), arrivando in maniera scintillante alla Liegi, laddove in passato (in particolar modo due anni fa) aveva avuto il picco la domenica precedente, all'Amstel.
Ed ora, se Di Luca può guardare con interesse (si spera ricambiato) al Giro, c'è un po' di gente che invece dovrebbe andare dietro la lavagna: Valverde, certo, per il suo attendismo (non sempre ti servono le vittorie su un piatto d'argento); Cunego, per il quale il discorso rischia di farsi annoso: ma quando uno come lui (e cioè uno che qui potrebbe fare filotto, con tutte e tre le classiche ardennesi) preferisce le rassicuranti tappine trentine alla consacrazione internazionale, che gli vuoi dire? Continua così, se ti pare, contento tu contenti tutti. (Si fa per dire).





Riccò non ha certo i problemi di personalità di Cunego, ma è in dolce calando (pure comprensibile), e, complice anche una caduta nel finale, più avanti del 17esimo posto non va; più indietro Nocentini (che forse ha reso meno del previsto, nel complesso, in questa settimana), Mori e Simoni; buon dodicesimo Pellizotti, buon quarto Bettini (lo aspettiamo quando avrà finalmente risolto tutti i problemi fisici), ottimo quinto Rebellin che conferma il primo posto in classifica nel Pro Tour. E insomma siamo sempre lì: da un bel po' di anni in qua la Liegi ci dà soddisfazioni in serie. Il bello è che non ci saziamo mai.

Marco Grassi    




Le pagelle della Liegi


Di Luca - 10 con lode
Gamba e materia grigia. Voglia di fare, e poco da perdere. Già ad Amstel e Freccia s'era visto voglioso, volitivo, determinato, generoso. E difatti veniva da due podi, due terzi posti colti proprio tra Olanda e Vallonia; una corsa più con l'astuzia che con le gambe, l'altra corsa nella maniera opposta. Oggi, invece, l'apoteosi dell'abruzzese, che è lestissimo a giocare Nibali post-Redoute, sguinzagliare in testa al gruppo due corridori come Noè e, soprattutto, Spezialetti una volta ripreso il siciliano e, infine, lasciare che fosse sempre qualcun altro a dannarsi l'anima per rispondere agli scatti sulle varie côtes. Poi a 4 km dall'arrivo parte secco Schleck, Danilo è l'unico lesto, e in condizione, a seguirlo e per portarsi alla sua ruota. Poi bluffa, tenendosi a 50 metri dal lussemburghese, facendogli credere di essere alla frusta. Poi, generosamente, gli dà cambi regolari, anche perché in una volata a due lo brucerebbe, il capitano di Riis. Quando mancano 600 metri all'arrivo di Ans l'ammiraglia lo avvisa del tentativo di rifarsi sotto da parte di Valverde, allora Di Luca gioca l'unica carta a disposizione: l'anticipo. Saluta Schleck e se ne va, Valverde è lontano, il traguardo no, è vicinissimo. E allora stringi i pugni, Danilo, e digrigna anche i denti. La Liegi 2007 è tua. Ora puoi sorridere e commuoverti.

Schleck F. - 9
Grosso gap, per i corridori che tengono anche alle corse in linea e non solo a quelle a tappe, la mancanza di volata. È un gap perché ti costringe a muoverti da lontano, se non vuoi rimanere, ed essere considerato, un comprimario ed un piazzato. Brava la Csc a muovere Kroon da lontano: un corridore in grado di fare 4° al Fiandre è sempre da rispettare. In salita Schleck non ha il passo dei migliori, anche perché corre eroicamente con una costola malconcia, forse addirittura fratturata. Difatti fa la differenza in pianura, in un tratto in leggero falsopiano, dove il 53x13 si spinge alla perfezione. Ha la sfortuna di trovarsi nel bel mezzo della giornata perfetta di Di Luca, ma la 3a piazza di oggi è praticamente un lasciapassare per il futuro.

Valverde - 7,5
Se si legge solo l'ordine d'arrivo il voto può apparire basso, ne conveniamo. Ed anche un tantino ingeneroso nei confronti di Danilo, magari. Però questo secondo posto, per quanto "spettacolare", rimarrà sempre un'incognita. Bravo Danilo ad anticipare, certo, ma un corridore in grado di sfasciare il gruppo dei big a 1 km circa dal traguardo e in grado di rosicchiare praticamente 7" in un km a Schleck non può e non deve avere una condotta di gara così attendista. Ha dalla sua la volata, ok, ed alle volte il rischio lo ripaga alla cassa (vedere Liegi 2006, per intenderci), ed è anche vero che nelle Ardenne di quest'anno s'è visto molto più spesso del solito nelle prime posizioni, addirittura in fuga. Insomma, la crescita c'è. Però è un peccato che un corridore così, nonostante la "mira perfetta del killer" abruzzese, lasci sempre (diciamo "spesso"?) l'amaro in bocca.

Spezialetti - 9
Sul Saint-Nicolas un Liquigas passa a doppia velocità Schumacher. "È Di Luca", viene da dire. No. È Alessandro Spezialetti, gregario-ombra del corregionale Danilo e che oggi, da corridore fortissimo e navigato, ha costretto alla frusta tutti i migliori, addirittura facendo sciogliere, alla propria ruota, uno come Vinokourov, mica l'ultimo arrivato. Se non fosse così fedele alla causa del compagno-amico, avremmo definito quell'allungo uno scatto, perché proprio questa è la tattica della Liquigas e di Alessandro: e l'avevamo notata già quasi due mesi fa, sul colle di Superga, quando poi Di Luca sverniciò in volata Soler. Una tattica che paga, questo del "finto scatto", e che Alessandro e Danilo studieranno alla perfezione, le notti che precedono le gare più importanti, nelle varie camere d'albergo. Complimenti vivissimi.

Schumacher - 8
Questo qui è proprio un gran corridore. Amstel vinta ottimamente, Freccia non portata a termine per via di qualche acciacco fisico (ricordiamo che ha corso le Ardenne con tredici punti di sutura divisi tra gomito e ginocchio sinistri, eredità di una caduta nel Giro dei Paesi Baschi) e una Liegi corsa col piglio del veterano, nonostante abbia 25 anni o poco più. Sulla Côte de Sprimont saluta tutti i compagni di fuga e si lancia in un'azione solitaria che costringe Caisse d'Epargne, Rabobank e Lampre, su tutte, a darsi molto da fare per il rincongiungimento. Che avviene, appunto, solo sul Saint-Nicolas. 20 km di fuga che potevano essere utilissimi per la causa di Rebellin.

Sánchez González - 3
Evidentemente ha lasciato le gambe sui tanti monti dei Paesi Baschi, l'asturiano, che ha corso le Ardenne troppo in sordina per essere quello che ricordavamo, soprattutto per via di buone prestazioni alla Freccia e alla Doyenne. Costringe l'Euskaltel a giocare Verdugo e Unai Etxebarria, non certo due fulmini di guerra, e seppure oggi il piazzamento finale non è così malvagio, è la condotta di gara - sempre guardinga, mai coraggiosa - a lasciarci veramente delusi, e dispiaciuti. Eh sì, perché quando Samuel parte è uno spettacolo anche estetico, che saremo costretti a gustarci un'altra volta, però.

Kessler - 7
Va benissimo coprirlo in determinate corse e in particolari tipi di percorso, ci mancherebbe, però "costringere" corridori come Vinokourov, Kashechkin o Klöden (quest'ultimo alla Freccia) a lavorare esclusivamente per lui significa probabilmente sopravvalutare il tedesco. Che avrà pure una faccia simpatica e un conto in banca da ereditiero niente male, ma a cui manca sempre una figura per accusare buon gioco al tavolo dei migliori. Altro onesto piazzamento, che nulla aggiunge e nulla toglie alla sua ottima carriera (soprattutto per via di quella stupenda tappa al Tour).

Di Gregorio - 6
Decidiamo di premiare il giovane francesino in rappresentanza dei fuggitivi di giornata, anche perché l'italo-francese è l'ultimo ad arrendersi al gruppo lanciato dei big. Bravi anche Kiryienka, vassallo del regno di Tinkov, e Unai Etxebarria, che in Vallonia colse un podio alla Freccia, è vero, ma un lustro fa, ed ora è costretto alle fughe da lontano.

Boogerd - 6
Lo rivedremo al Tour, e forse al Lombardia (perché, Miki caro, non vieni a correre il Giro dell'Emilia? Sul San Luca non serve essere veloci!), ma praticamente la stagione, e la carriera, di Michael "Furia" Boogerd finisce qui. Finisce col 6° posto alla Liegi, dopo il 5° posto dell'Amstel, e quasi siamo sollevati che non siano stati due secondi posti. Ti auguriamo comunque una vittoria, simpatico Miki, prima di appendere il telaio al chiodo.

Rebellin - 6
Era sazio, forse, oppure s'è fidato troppo della stessa tattica che gli ha regalato la seconda Freccia Vallone appena tre giorni fa. Lì fu bravo, e fortunato, a battezzare "fallimentare" l'allungo di Rodríguez Oliver e di Kirchen, Di Luca e Valverde. Qui sbaglia i conti, ma siamo più portati a pensare che la gamba non fosse la stessa di tre, e sette, giorni fa. Difatti sul Saint-Nicolas, una volta ripreso il compagno Schumacher, non ha mai provato in prima persona l'allungo decisivo, limitandosi a coprire quelli degli altri. E uno come Rebellin sa che arrivare in volata con Bettini e Valverde, su tutti, vuol dire avere la certezza - o quasi - di perdere. Bravo, ma poteva fare di più.

Bettini - 6,5
Vale più o meno lo stesso discorso fatto per Rebellin, tant'è che siamo stati tentati dall'accomunare voti e giudizi per i due italiani. Anche Paolino lancia Barredo sulla Redoute e poi incolla Vasseur alla ruota di Kroon, però poi aspetta troppo sullo stessa Redoute per allungare il gruppo e sul Saint-Nicolas si lancia in un'ottima progressione che però è ben tamponata da Valverde. Però farsi scappare Di Luca prima e Valverde poi non è un buon segnale, il podio sarebbe stato troppo generoso.

Cunego - 5,5
È sempre più difficile giudicare il veronese, e non tanto per quello che fa in corsa, ma per come si gestisce (viene gestito) fuori. Dimostra di esserci, di poter far sua questa corsa, come in verità le condotte di gara di Amstel e Freccia avevano lasciato presagire lo stesso tipo di proiezione (futura per forza di cose, visto che era in Trentino). E difatti la Lampre lavora a fondo, Bono, Szmyd e Vila fanno un egregio lavoro in supporto del proprio capitano, che sul Saint-Nicolas va a riprendere Spezialetti e poi riprova addirittura, tra gli allunghi di Boogerd e Bettini. Però sono scatti che non fanno male, ed il 7° posto (dopo il 3° di un anno fa) è un passo indietro. Non tanto per il risultato in sé, che ci può stare, ma quanto per il prima. Serviva davvero la terza vittoria del Giro del Trentino? Non era meglio rischiare di perdere Amstel e Freccia per giocarsi fino in fondo la vittoria quest'oggi? È giovane, è vero, ma decide gli appuntamenti ancora come se fosse un "ragazzo". Ed uno che ha già vinto Giro d'Italia e Giro di Lombardia non può avere ancora bisogno di imparare. Imparare cosa?

Cobo - 6,5
Bella conferma per lo spagnolo la top-10 nella Liegi. Dopo il bel Giro dei Paesi Baschi vinto si presumevano belle prestazioni, soprattutto alla Freccia (per via dei trascorsi, infatti fu 15esimo lo scorso anno). E invece la corsa basca rimane nelle gambe anche a lui, se è vero che solo oggi, e quindi a distanza di due settimane dall'altra, si rivede davanti.

Nibali - 7
Bravo Vincenzino nello svolgere il compito che Liquigas e Di Luca ti hanno assegnato in corsa. Determinato, pulito in bici, anche se un po' pesantino dopo 230 km di gara. Ma l'età ed il futuro sono dalla tua parte, e sarà bello poterti ammirare, speriamo da "battitore libero" tra qualche settimana, sulle strade del Giro d'Italia.

Barredo - 6,5
Dategli una classica, un muro o una côte, e lui scatta. Incredibile questo spagnolo, bravo nelle salite secche e decisamente coraggioso, se è vero che due terzi di parecchie corse in linea, spesso i meno nobili, li spende davanti al gruppo; in fuga, in avanscoperta, e poi - una volta ripreso - anche tirando. Poliedrico e sicuramente divertente.

Dekker - 5
Sta di fatto che non sembra molto sveglio. Rimane per circa 3 km a bagnomaria tra il gruppetto davanti e gli inseguitori. E non è il fatto di non aver colto l'attimo dello scatto di Schleck a darci quest'impressione, ma se dopo un chilometro, 1500 metri, non riesci a rientrare sui primi, rialzati e cerca di aiutare il tuo capitano, no? Diamante grezzo, da rivedere.

Kirchen - 6
Riesce finalmente a cavare un ragnetto, seppur piccolo, dal buco. La T-Mobile lavora molto, oggi, addirittura con Rogers e Honchar, pur di favorire il campione lussemburghese. Che è pimpante, è spesso davanti, però - come spesso gli accade - perde tutti gli attimi giusti. Entra di fino nella top-10 e salva in calcio d'angolo la sua campagna del Nord.

Riccò - 5,5
È anche sfortunato, visto che cade nel momento in cui il gruppo è allungatissimo nel tentativo di rifarsi sotto le ruote dei battistrada. Ha un gregario d'eccezione che risponde al nome di Simoni (6 anche al trentino, Freccia e Liegi chiuse a 31" dai vincitori), però poi paga il ritmo infernale e i tanti km. Finisce 17esimo, ma getta ottime basi per il futuro. E ora c'è da ricambiare il gregariato a Simoni in vista Giro. Riuscirà a tenersi?

Gadret - 6+
Non fosse stato per una caduta a Gemona del Friuli avrebbe finito il Giro tra i primi 15, o forse addirittura tra i primi 10. S'è rivisto davanti alla Freccia Vallone, dopo un inverno nel ciclocross, e sul finire del Saint-Nicolas ha provato a sorprendere i big, che però erano troppo concentrati per non vederlo. Buon 15esimo posto.

Evans - 4,5
Siamo stati abituati diversamente dall'australiano, visto che spesso - soprattutto la Liegi - correva le Ardenne da protagonista. Evidentemente quest'anno ha spostato un po' in avanti la preparazione, visto che lo scorso Tour l'ha rigettato. Lo vedremo davanti già al Romandia.


Mario Casaldi    




La chiave tattica


Strano che sulla Redoute gli unici a provare a fare la differenza siano stati i comprimari: la Csc lancia Kolobnev, come già fatto all'Amstel, la Quick Step risponde con Barredo, come già fatto al Giro delle Fiandre. Poca fantasia e poco coraggio tra i "big". Schumacher sgrava Rebellin, partendo, così come Nibali e Kroon fanno con Di Luca e Schleck. E proprio Di Luca è bravissimo a capire che il treno del lussemburghese può essere la scia giusta da seguire per vincere la sua prima Liegi. Ma a nulla sarebbe valso, quello scatto a 4 km dall'arrivo, se l'abruzzese non avesse avuto la gamba, ai 500 metri, per salutare Schleck e scongiurare il ritorno del murciano Valverde, che ha aspettato un po' troppo.
L'errore
Grossi errori non ci sono stati, se non delle leggerezze. Forse l'errore più macroscopico è nella tempistica dello scatto di Valverde, ma evidenziarlo troppo sarebbe ingeneroso nei confronti del capitano della Liquigas. Rebellin non ha mai cercato l'allungo, rendendo vano il "sacrificio" di Schumacher, così come Dekker è stato troppo tempo a bagnomaria tra i battistrada Schleck-Di Luca e il gruppo, dove magari sarebbe potuto essere più utile al capitano (ormai "ex") Boogerd.


M.C.



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