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Chiamatelo Bruse Willis - Finale da thriller, crono a Marzio

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E ora, che stiamo qui con le idee ancora più confuse di ieri, che cosa possiamo scrivere di questa cronoscalata? Di certo, tanto per andare sul sicuro, possiamo partire dal giusto tributo a Marzio Bruseghin, mediano con licenza di segnare, che contro il tempo è sempre andato forte, in salita si è sempre difeso, e qui a Oropa la conseguente sommatoria non ha fatto altro che rendergli quel che i suoi innegabili meriti gli dovevano far guadagnare. Sommatoria che comprende anche l'assenza di particolari specialisti, ma che premia con un memorabile successo di tappa questo Giro vissuto dal veneto in prima fila, addirittura secondo in classifica, con 1'45" sul suo presunto capitano, e con soli 55" da recuperare sulla maglia rosa.
Qui possiamo anche spegnere i razzi retromotori e riatterrare, per la gioia dello stesso Marzio, che, quanto a piedi piantati sul suolo, non è secondo a nessuno. Sì, perché l'uomo che è in testa al Giro non dà l'impressione di poter cedere a colui che lo insegue nelle prossime occasioni sensibili, ovvero Tre Cime di Lavaredo e Zoncolan; il che vuol dire 3 vantaggi a 1 per la maglia rosa: due tappe di montagna, più il margine che già al momento ha, contro una sola frazione (la crono di Verona) favorevole all'inseguitore.
Ma c'è dell'altro, in questo Giro, e molto meno scontato. Colui che fin qui ha comandato i giochi, Danilo Di Luca, al momento non pare così attaccabile: sin dalla cronosquadre della Maddalena, l'abruzzese ha sempre guadagnato sui rivali, e oggi a Oropa non si è sottratto alla regola: 30" su Cunego, 32" su Schleck, 58" su Simoni, e ci fermiamo qui, perché qui si ferma l'elenco di quelli che potrebbero ambire alla vittoria finale (nel novero ci mettiamo anche Bruse; mentre Vila, Arroyo e Petrov, Sella e Mazzoleni, che pure sono su in classifica, non hanno in canna il colpo del ko).
Di Luca sempre più su, gli altri sempre più giù. Di abbuono in abbuono, di decina di secondi in decina di secondi, il biondo di Spoltore ha messo in cascina un tesoretto (il termine va di moda) che si sostanzia in 1'57" su Schleck, 2'40" su Cunego, 3'32" su Simoni. Oltre che nei 55" su Bruseghin. Margini che dovrebbero indurre ad una certa serenità d'animo, visto che in salita Danilo ha dimostrato di tenere benissimo, e anzi di avere se possibile anche qualcosa in più rispetto agli altri; e visto che a cronometro si difende, e comunque Cunego e Simoni e pure Schleck non sono certo degli Indurain.
E allora dove nasce l'incertezza? Innanzitutto nella storia: al massimo, Di Luca ha raggiunto il quarto posto in un Giro, esattamente due anni fa; e anche in quella, come in tutte le precedenti occasioni simili, incappò in una giornata negativa. Ecco: se questa defaillance, pur sempre possibile, dovesse capitargli domenica, verso le Tre Cime, sarebbero dolori, perché lì i minuti volerebbero. Il Di Luca visto fin qui dovrebbe preoccuparsi relativamente di questa eventualità, perché, ripetiamo, non è mai parso meno che allo stesso livello degli avversari in questo Giro; ma rispetto a Montevergine, o alla Guardia, pare avere un 5% in meno; anche se ieri ha vinto la tappa; e anche se oggi ha fatto benissimo nella cronoscalata.
Ma forse lui stesso si aspettava di assestare un paio di decine di secondi in più a Cunego e Simoni, oggi; e forse anche lui stesso ha un piccolo timore, e cioè che quel 5% in meno diventi un 10%. Del resto proprio lui, molto onestamente, non ha mai fatto mistero dei suoi dubbietti relativi alla tenuta sulle tre settimane. La coincidenza astrale di un percorso comunque più abbordabile delle ultime edizioni (restano solo due tappe da redde rationem in una settimana, essendo la crono più per lui che per gli altri), e di un campo di rivali che manca di nomi realmente scintillanti, fa pendere in ogni caso la bilancia dalla sua parte: aiutato anche dallo squadrone che lo accompagna, Di Luca dovrà gestire se stesso e i distacchi o i ritardi. Non è un'impresa impossibile.

Se in Liquigas le cose più chiare di così non potrebbero essere (tutti per il capitano in maglia rosa), le altre due squadre di riferimento vivono qualche incertezza. La Saunier Duval oggi ha assistito all'esibizione-show di Leonardo Piepoli, che solo allo specialista Bruseghin (e solo per un misero secondo) ha ceduto il successo di tappa. Per il pugliese un secondo posto costruito danzando ancora una volta in salita, come fatto sul Colle dell'Agnello ieri, e come fatto alla Madonna della Guardia qualche giorno fa. Nella tappa di ieri Piepoli si è immolato per la tattica di squadra (una tattica che ha voluto il sacrificio anche di Riccò), e ci ha rimesso il quarto d'ora che adesso lo tiene lontano dal podio. Un'altra gestione della gara era possibile? Forse. Forse sarebbe stato il caso di tenere nelle zone alte della classifica un secondo uomo oltre a Simoni, per il team di Gianetti e Algeri.
Perché ora Gibo, che sta bene ma non è quello di 4 anni fa, dovrà fare i numeri per colmare il gap di 3 minuti e mezzo da Danilo, e dovrà comunque fare i conti con altri avversari che lo precedono (sono ancora in 7 a stargli davanti, e non tutti così malleabili o certi di pagare dazio sulle Dolomiti): nel senso che, se pure Di Luca dovesse saltare, non è detto che saltino anche gli altri 6 che ci sono tra Simoni e l'uomo attualmente in rosa.
Peggiori turbamenti si vivono senz'altro in casa Lampre. Dove Cunego continua a non impressionare in nessun modo, e dove i suoi gregari vanno invece molto forte. A quasi 33 anni, per esempio, Bruseghin si trova a guardare negli occhi il più importante risultato della sua carriera, un podio al Giro (non vogliamo pensare che Marzio sappia e possa fare la differenza sulle montagne, dove al massimo potrà sperare di difendersi bene), e dall'altro lato deve pensare che in teoria il suo ruolo è quello di luogotenente di un capitano che non si sa se potrà fare qualcosa di realmente positivo da qui a Milano (tutto quel che si è visto dalla Sardegna ad oggi afferma semmai il contrario).
E anche Patxi Vila, che ha praticamente lo stesso tempo di Damiano, potrebbe covare legittime ambizioni di scalare il podio, visto che in salita non è fermo e che a cronometro si difende, oltre ad essere dotato di un fondo che potrebbe essere l'arma in più nell'ultima settimana. In mezzo ai suoi gregari terribili, Cunego. Che oggi è andato certamente meglio di ieri, non facendo niente di eclatante ma tenendo bene, limitando i danni da Di Luca, andando praticamente come Schleck, e facendo abbastanza meglio di Simoni.
Stasera possiamo dire che le sue quotazioni sono in crescita, anche perché se effettivamente - come dice dall'inizio e come accaduto al Tour 2006 - verrà fuori in quella benedetta terza settimana, il podio potrebbe essere ampiamente alla sua portata; e se salta Di Luca, Cunego potrebbe addirittura vincerlo, questo Giro in cui finora non ha fatto una che fosse una cosa degna di nota. Non ci resterebbe - a noi che non gli abbiamo risparmiato aspre critiche - che cospargerci il capo di cenere e ammettere un grosso errore di valutazione? No. La valutazione sull'involuzione tecnica di Damiano rimane in piedi, perché il ragazzo che nel 2004 ci entusiasmò non c'è più, sostituito da un ragioniericchio che non ha più il cambio di ritmo, che non sa scattare, che punta tutto su una opaca regolarità, che approfitta (anche lui) della non eccezionalità dei rivali, e che perdipiù è un obbrobrio in bici, col suo incedere da stortignaccolo, il suo passo ciondolante, la sua pedalata dispersiva.
E resta pure la valutazione sulla sua mancata progressione mentale: sempre insicuro, dipendente dalla radiolina, incapace di imporre la sua figura ai compagni, che effettivamente qualche domanda se la pongono, principalmente il dubbio se valga fino in fondo la pena servire un capitano che ha poco carisma e che probabilmente non ha nemmeno la capacità di fare la differenza.
Cunego potrà pure vincere il Giro 2007, come abbiamo detto. Ma se lo farà senza un'impresa memorabile (e gli restano due sole occasioni), chi potrà dire che la corsa rosa l'ha vinta lui e non l'ha persa Di Luca?
In questa generale mancanza di colossi in gara, non può non emergere il giovanotto del giorno, quell'Andy Schleck che fa dell'eleganza un magnifico biglietto da visita, e che però a quella unisce la concretezza di chi ha tenuto le ruote dei più forti alla Guardia e sull'Izoard, prima di impegnarsi in una cronoscalata in cui non ha fatto le classiche faville, ma ha avuto un rendimento in linea coi suoi 21 anni, con le attese che erano riposte in lui (è stato comunque buon decimo di giornata), e soprattutto con le prospettive che lo vogliono uno dei protagonisti del prossimo decennio di ciclismo. Se sta nascendo un campioncino, ne siamo testimoni diretti in questo Giro. E se Schleck dovesse centrare un podio ampiamente alla sua portata, tra qualche anno potremo ben dire che quella famosa e un po' travagliata corsa rosa 2007 fu nobilitata da una presenza importante su quel podio: c'è già chi giura che la storia non potrà che andare così.

Marco Grassi

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