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Capito Fred? Lì fai il buco! - Magic, dalla Tirreno alla Sanremo

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Valeva per Cipollini, è valsa per Petacchi, vale anche per l'australiano: una ruota veloce che non sa, non può, non riesce, non vuole misurarsi con la Milano-Sanremo rimarrà sempre nel limbo delle ipotesi: "Chissà se...".
E dire che Robbie il cangurotto ha vinto tre Parigi-Bruxelles, che ultimamente non sarà 'sta gran classica di grido, né offre un percorso particolarmente impegnativo, però nel 2002 (quando Robbie la vinse per la prima volta) misurava 266 km, mica 150, e l'anno scorso ha battuto un corridore come Boonen; insomma, non si può dire che Magic non sia un corridore da classica, anche alla luce del 2° posto al Mondiale di Zolder (vabbè, l'altimetria lasciava il tempo che trovava, ma quello c'era e l'argento rimane) e la vittoria nella volatona di gruppo a Salisburgo, anche se i quattro che lo precedevano han fatto passare la prestazione del corridore della Predictor-Lotto in secondo piano.
«Lunedì 12 marzo è stato il primo giorno del 2007 in cui sono stato davvero bene – spiega Robbie - mentre prima per un motivo o per un altro non sono mai stato al 100% il McEwen che conoscete tutti e che conosco anch'io. Adesso, invece, posso dire di essere pronto a battagliare, e vincere, di nuovo».
Anche in corsa sembra uno che le cose non te le manda a dire, ma le affronta di petto in prima persona. A chi gli chiede se il mestiere dello sprinter è pericoloso risponde, quasi in maniera sfacciata: «Pericoloso? Mah, i rischi fanno parte del mestiere, ma è anche vero che il grado del pericolo è soggettivo. A me piace andare veloce, non reputo la velocità una cosa necessariamente pericolosa. Tutto sta nel saperlo fare, o non saperlo fare. Se non sai andare veloce, ma vai veloce, allora rischi molto».
Ci sono tanti antagonisti per la Milano-Sanremo, a cominciare da coloro che l'hanno già vinta e si ripresenteranno ai nastri di partenza: Bettini, Pozzato, Petacchi, Freire ed ovviamente Zabel, "Herr Sanremo" con ben quattro successi in Riviera. MagicEwen sembra avere le idee chiare anche sui principali avversari: «Dovessi fare un nome oggi, direi Filippo Pozzato. Non so se avete visto l'Het Volk, ma in Belgio è stato davvero impressionante. Credo sia lui l'avversario numero uno per la Milano-Sanremo, anche perché il Poggio affrontato in un certo modo può favorirlo tanto».
Gente che impressiona, gente che (semi)delude. È il caso di Petacchi, che tra gennaio e febbraio ha preso un po' di sberle tra Qatar e Spagna da Boonen e Bennati ed è restato a guardare anche gli sprint della Tirreno-Adriatico tra lo stesso McEwen, Freire ed Hushovd a Civitavecchia e Koldo Fernández, O'Grady e Balducci a San Benedetto del Tronto: «È tutto relativo. Per me Petacchi va sempre vicino alla vittoria ed è sempre pericoloso allo sprint. Non vedo molto di diverso dagli anni scorsi, quando vinceva spesso. A volte la stampa ne fa una questione di braccia alzate, ma io dico che dipende molto di più dallo stop dello scorso anno; ha ripreso a pedalare a fondo da poco, la condizione non può essere quella dei tempi migliori. Ma Petacchi è Petacchi».
Petacchi è Petacchi, già, e Sanremo è Sanremo, come recita il jingle della tv di stato italiana durante la kermesse canora della città dei fiori. Una Sanremo che Robbie M(agi)cEwen non ha mai digerito: «A volte la Cipressa è stata fatta ad una velocità troppo elevata che non sono riuscito a sopportare, altre volte non ci sono arrivato nella condizione ottimale. Ma d'altronde la Sanremo non ce la si inventa all'ultimo momento; ogni piccolo contrattempo che precede la corsa può rivelarsi il più inutile come il più dannoso, e tante volte non dipende da niente e da nessuno. Succede e basta, e soltanto poi cerchi di analizzare i perché, spesso non trovando una risposta. L'esatta definizione della Sanremo, per me, è questa: "La corsa più facile da finire, ma la più difficile da vincere"».





Lampi di filosofia, anche, per l'australiano di Brisbane, costa ovest dell'Australia. Gli si fa anche notare che la squadra, a parte qualche lampo (tipo quello di Fred Rodriguez prima della "s" finale a Civitavecchia), non sembra essere in grado di supportarlo al meglio, e la partenza per altri lidi di Steegmans, che più di qualche castagna dal fuoco gli ha tolto nello scorso Tour, non sembra facilitarlo: «È vero, sulla carta non ho una squadra forte per gli sprint. Ma è anche vero che a volte questo aiuta. Dei passisti formidabili come Van Huffel, Vansevenant, ma anche i vostri connazionali Cioni e Zanini, sanno fare benissimo il lavoro di alta velocità per tanti chilometri e non avere altri velocisti in squadra aiuta a far rispettare le gerarchie».
Un vero leader, ma d'altronde chi ha vestito maglie rosa al Giro e maglie gialle al Tour, il tutto condito da tante tappe sia in Italia sia in Francia, non può non esserlo. Tappe dei grandi giri che forse lo hanno un po' dimensionato nel ruolo, nobile ma forse troppo stretto, del "velocista puro". Definizione che però Robbie dimostra di gradire ed, anzi, gli conferisce anche un certo grado di importanza: «Ho delle qualità importanti da sprinter e snaturarmi per ottenere dei piazzamenti non mi sembra una grande scelta. Non mi piace. Io sono un velocista puro, ho esplosività e scatto, spesso disputo le volate senza squadra perché so comunque ritagliarmi il mio spazio nelle posizioni di testa. Avrebbe senso rischiare di trasformare queste qualità per migliorare sul passo, o in salita, per ottenere piazzamenti di rincalzo dietro coloro che già hanno determinate qualità tra le loro caratteristiche di corridori? Per me no, per altri non so».
In effetti l'australiano non ha tutti i torti, anche se probabilmente ritorniamo al discorso iniziale. Quel "chissà se..." alla lunga, nella carriera di un corridore, pesa, pesa tanto: «La Sanremo non me la sogno di notte, assolutamente, ma di giorno ci penso, anche spesso a volte. Ma da qui a considerarla il mio incubo ce ne passa. Tutto sommato direi che non sono per niente ossessionato dalla Classicissima, penso che ci siano molte altre corse importanti per me. Ad esempio, le tappe del Giro e del Tour non mi sembrano vittorie di secondo piano...».
Ci risiamo. Ci sta tornando in mente quel "chissà se...". Ma, ad un tratto, Robbie ci fa concludere la frase: «...anche se tra qualche giorno potrei cambiare opinione, perché no?».
E, con quella faccia da guascone, sfodera un sorriso che equivale al suo grido di battaglia. Su Via Roma ci sarà da fare i conti con Robbie McEwen, australiano.

Mario Casaldi    

 

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