Zome non prenderci in Giro - L'insostenibile autolesionismo del ciclismo
Versione stampabileSì, le dolenti note. Ci sono, come sempre, e più che mai.
Immaginiamoci la scena. Il Teatro degli Arcimboldi è tutto in fermento perché siamo pronti per partire con la cerimonia di presentazione del Giro 2007, c'è la diretta Rai, sì c'è ma non c'è, la linea ora arriva, no non arriva, aspettiamo, di là c'è il tie-break della pallavolo, attendere prego, tanto un quarto d'ora avanti o indietro cosa vuoi che cambi, il Giro parte il 12 maggio, abbiamo tutto il tempo che vogliamo.
E lì in teatro c'è Massimo De Luca, ultimo direttore di RaiSport, chissà che infervoramento dietro le quinte, ma com'è possibile che la cerimonia più attesa del ciclismo italiano slitti in questa barbara maniera, manco fosse una differita di bocce? La linea arriva, quando le pallavoliste hanno fatto i loro comodi (ma via, in realtà loro non c'entrano niente), e quando siamo tutti persuasi che De Luca è uguale a (o peggio di) tanti altri che l'hanno preceduto. Dice: ma era alla guida dello sport di Mediaset (allora Fininvest), quando Italia1 coprì in maniera sublime (interruzioni pubblicitarie a parte) e innovativa un triennio di Giri... Bella forza, l'azienda del Biscione si giocava tutto su quella storica acquisizione di diritti sportivi, ci mancava solo che ci rimettesse la faccia svolgendo un lavoro mediocre.
E vabbè, pazienza, chi vivrà vedrà, e noi vedremo, aspettiamo la primavera prima di giudicare, e passiamo un sereno Natale senza avvelenarci l'anima in attesa di quello che sarà (anche perché De Luca ci garantisce che la Rai farà questo e farà quello, tratterà il Giro come meglio non potrebbe, come non credergli vista questa partenza?); anche perché ne avremmo già abbastanza, di materiale, per avvelenarcela con quanto abbiamo visto oggi, in un doloroso epilogo di una stagione kafkiana.
Parlavamo della cerimonia più attesa del ciclismo italiano. Una festa, la festa di tutti, perché il Giro sarà pure della Gazzetta (certo non è dell'Uci), ma è soprattutto nostro, di noi che lo amiamo e che lo seguiamo con una passione forsennata, una passione che è ancora qui malgrado abbia dovuto superare prove che neanche Ercole, è di noi che lo difendiamo dagli attacchi di una massa di ignoranti che non sanno niente del ciclismo ma sanno benissimo sparare sentenze, si sa che la gente dà buoni consigli se non può più dare il cattivo esempio, diceva un tale.
E allora, in questo che un tempo era uno dei giorni più belli dell'anno, ma scherzate?, il giorno in cui scopriamo il nuovo Giro, il giorno in cui iniziamo 6 mesi di sogni ininterrotti, chissà dove scatterà questo, chissà dove attaccherà quell'altro, e che bello quest'arrivo in salita, e ci sono troppe tappe per velocisti, e ce ne sono poche, e le crono saranno decisive o ci penserà il Mortirolo di turno?, in questo giorno che rappresenta una liturgia per noi che abbiamo il ciclismo nel sangue e nel cervello, ci aspettiamo che il nostro amato sport mostri al mondo, e quindi anche a chi capita per caso da queste parti, la sua faccia migliore.
E invece che spettacolo siamo costretti a sorbirci, dopo l'inaccettabile ritardo iniziale? Una carrellata di facce terree, eccoli lì tutti in fila, si vede lontano un miglio che vorrebbero continuare ad azzuffarsi, e invece sono costretti dall'etichetta a forzatissimi sorrisi di circostanza. Ma per piacere, dateci una Linda Santaguida qualsiasi con lo splendore in viso, e andate a nascondere quelle facce da burocrati incazzati.
E ovviamente non uno che azzardi una lamentela nei confronti di mamma Rai, non sia mai che poi lei se la prende e non ci dà più l'elemosina. (A parte una velatissima battuta di Angelino quando Fusco lo invita a svelare il Giro che verrà: "Noi siamo prontissimi, tocca a VOI", lui sì che non le manda a dire). Ma magari c'è un clima di finta festa da salvaguardare, c'è la corsa rosa da presentare al pubblico (e pazienza se per il secondo anno consecutivo su internet era già stato tutto svelato in largo anticipo... ma in Gazzetta ci sono o ci fanno?).
Sì, la festa. Ci sono alcuni ex vincitori del Giro sul palco. C'è anche l'ultimo, Ivan Basso. E insieme a lui c'è un immotivato imbarazzo negli astanti. Parte Cannavò col suo solito pistolotto, e per fortuna che stavolta il buon Candido indirizza gran parte delle sue energie nel ricordo di Resy Bonacossa, contessa coproprietaria (non abbiamo capito se lo fosse ancora) della Gazza, mancata purtroppo proprio ieri. Però al Director Maximo resta un briciolo di forza per sparare la sua solita stilettata melassosa: "Spero che potremo raccontare un Giro vero, pulito, eccetera eccetera".
Ma il capolavoro lo fa proprio Zomegnan: "Sì, è un Giro più facile di quello del 2006, perché vogliamo vedere all'opera umani e non marziani" (magari non ha messo le parole in quest'ordine, ma il senso è tutto qui). Marziani, marziani... chi è che ci parlava di marziani, qualche mese fa? Ah sì, Simoni, e si riferiva a Basso, ma guarda un po'. Ma Basso non era quello per cui lo stesso Zome fece carte false per averlo al via del Giro? Sì, dev'essere così. E non era il corridore ultraincensato fino alla fine del Giro stesso, con larga parte della stampa (Cannavinho in testa, complimenti per la rovesciata) che dava addosso proprio a Simoni, reo di aver infangato quella "meravigliosa storia di sport" scritta al Giro da Basso?
Non avevamo fatto in tempo ad esultare per aver finalmente rivisto Ivan sulla prima pagina del primo quotidiano sportivo italiano, nelle vesti che gli competono, ovvero con la maglia rosa indosso, stamattina, che ci troviamo di fronte a questo gran premio di meschinità alla sera.
Dicevamo di Zomegnan. Scusa, Angelo, ma il Giro 2006 chi l'ha disegnato? Un bimbo di 9 anni in preda all'LSD? Hai sbagliato 12 mesi fa o stai sbagliando ora? Non ci pare di aver sentito autocritica. Non ci pare che le tue labbra abbiano prodotto suoni simili a "L'anno scorso ho fatto una cazzata". No, l'unica cosa che abbiamo sentito è uno sgangherato riferimento a presunti marziani. O Saulo folgorato sulla via di Damasco, quando ti sei accorto che Basso era un marziano? Prima o dopo le premiazioni di Milano 2006?
Ed ora eccolo lì, Ivan, seduto in seconda fila, lontano da Cunego e da Simoni. Gli chiedono genericamente un giudizio sul Giro 2007, gli piace, bene. Poi più niente, il proscenio viene concesso proprio a Damiano, ma che ne sa Damiano, Damiano vive in un mondo in cui tutto ruota intorno a Damiano, e allora si presta, "sì il Giro è adatto a me", di colpo per i giornalisti lì presenti esiste solo lui, esiste solo il Giro del 2004, ma scusate, perché non chiedete all'ultimo vincitore del Giro se pensa di poter far bene nella crono o sullo Zoncolan? No, a Basso l'unica domanda concessa riguarda l'Operación Puerto. E lì il varesino, con la mano che trema reggendo il microfono, si deve difendere, si deve giustificare, ancora una volta, al cospetto di una platea infinita che lo guarda con occhi impietosi, perché anche a casa il messaggio che passa è quello: il reietto è ancora qui tra noi.
Non uno che dica una parola per Ivan. Solo contro il mondo, il garantismo va bene per altre situazioni, qui non è il caso.
Ma chissà quelli che oggi incensano sulla fiducia Cunego, chissà che direbbero se un domani dovesse cadere in disgrazia (e non glielo auguriamo per la vita, assolutamente)... Che fareste, ce lo dite? Fingereste di scoprire solo allora le sue ingombranti frequentazioni col chiacchieratissimo Cecchini?
A dire il vero, sarebbe anche divertente vedere e sentire quello che direbbero se mai Basso a luglio dovesse correre e vincere il Tour... Tornerebbe di colpo l'eroe dei nostri giorni?
Torniamo ancora a Zome. Davvero vorrebbe farci credere che un Giro così disegnato aiuti nella lotta al doping? Non era meglio evitare centinaia di chilometri di trasferimenti, per rendere più facile la vita ai corridori, invece di togliere una salita qua e là? Ma perché, perché continuate a prenderci in giro, non capite che non abbiamo più voglia di cascarci?
Ma soprattutto: è mai possibile che nel giorno in cui bisogna mostrare al mondo la faccia bella del ciclismo, siate tutti lì a insinuare di doping, ma insomma, non c'è qualcuno che voglia insegnare a questi geni della comunicazione le regole basilari del marketing? Perché mai un ragazzo dovrebbe appassionarsi al ciclismo vedendo i vostri sguardi da funerale mentre voi non perdete occasione per continuare a veicolare un messaggio iperdeleterio per questo sport? Se dall'interno non si fa altro che continuare, anche quando non è il caso, a collegare il ciclismo al doping, come possiamo sperare che dall'esterno si faccia altrimenti?
E invece la contrizione impera; l'autoflagellazione dilaga. Sperano, sperano, sperano che non ci siano più scandali; e intanto sanno che ce ne saranno ancora.
Il voltastomaco per questo mondo più finto di una banconota da 3 euro, prima che Gianni Petrucci (chiedendo esplicitamente che il governo investa denaro anche per gli impianti ciclistici, e non solo per gli stadi di calcio) ci restituisca un fugace sorriso (presto spazzato da Adorni - ospite per niente gradito a Milano, supponiamo - che si lancia nell'ennesimo inutile e non richiesto revival del ciclismo che fu, lui che dall'Uci collabora fattivamente alla distruzione del medesimo), dicevamo il voltastomaco tocca l'apice quando, nella generale commozione di prammatica, passano le immagini di Pantani, il Pirata, quello che ora tutti amano, e allora tutti a contrirsi ancora di più, anche chi continua a parlare di sangue infetto, anche chi non perdeva occasione per dirne male, anche chi lo detestava quand'era in vita; ma ora Pantani è morto, ed è stato fatto santo subito, per lui solo gloria e onori postumi, mentre, in questa ridicola e laida coazione a ripetere gli errori del passato, sulla poltrona del Satana di turno c'è finito un altro corridore, un altro lasciato solo a combattere contro una platea di mormorii di disapprovazione, contro gli sguardi taglienti, contro l'indifferenza sprezzante, contro la condiscendenza umiliante, con la mano tremante e l'impietosa telecamera puntata sulla sua difficoltà.
Così va il ciclismo, amici cari. Così va il ciclismo, il ciclismo di queste tante, troppe persone sulla cui faccia il sole non dovrebbe battere.
(Ps: chi scrive non tifa certo per Basso, né tifa contro Cunego. A chi scrive in linea di massima non frega niente né dell'uno né dell'altro; frega solo, e molto, del ciclismo)