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Sul più bello, Pellizotti - FrancoFolies oltralpe; Tirreno, go! | Cicloweb

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Sul più bello, Pellizotti - FrancoFolies oltralpe; Tirreno, go!

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Iniziamo questo articolo con una dichiarazione d'amore, spassionata e disinteressata, per Thomas Voeckler. Dice: ma è francese! E va bene, pazienza, Vive la France. Il signorino non è più il giovanotto che fu, per intenderci quello che fece sognare una nazione (la sua) e qualche romantico sparso per il resto del globo, quando in capo a una fuga bidone mise le mani sul Tour 2004 e ce le tenne per dieci giorni, prima di essere spazzato via dall'ineluttabilità dei più forti. Ma in quei giorni, ragazzi, che difesa, che straziante attaccamento alla maglia (gialla), che riserve insospettate di energia per tenere la leadership sui Pirenei, per difendersi dai fendenti crudeli del Santo, quel Santo che era all'epoca scortato come un'ombra dal rag. Basso, che per fortuna poi ha proseguito gli studi e ha scoperto la bellezza del gioco d'attacco. Ma questa è un'altra storia.
Quella di Voeckler invece è la storia di un ragazzo venuto da lontano (dalla Martinica, addirittura), catapultato al centro della scena, e capace di recitare con buona convinzione e credibilità fino a quell'indimenticabile Plateau de Beille, dove arrivò al traguardo completamente sfatto dal dolore fisico ma dalla soddisfazione morale di quella difesa estrema e senza futuro, che però gli consentì - per appena 22" - di vivere altri tre giorni come se fosse lui il re e non quell'altro venuto dal Texas.
Da allora Voeckler, o T-Blanc come lo chiamano, non si è più espresso a quei livelli, risultando l'ennesima delusione per il sempre avido ma al contempo sempre più disilluso pubblico francese. Ha avuto qualche sprazzo qua e là, momenti che non lasciano tracce; e probabilmente anche la sua fuga di oggi di segni ne lascia pochini, nel computo di una carriera: una fuga (come tante altre lui ha promosso in questi anni) che prende consistenza, tre compagni d'avventura di un certo livello (non tanto Augé, forse, ma Murilo Fischer e soprattutto Philippe Gilbert sono pezzi pregiati), il gruppo che lascia fare fino a un certo punto, ma che poi si avvicina minaccioso.
E molla il debole fra i 4, Augé, e molla pure il forte, Gilbert, tanto non ne vale la pena, non più di tanto perlomeno. Sicuri? Starebbe per mollare pure Murilo, per dirla tutta; ma a quel punto T-Blanc si ricorda di quello che fu, e di quello che potrebbe essere, perché una fuga non è mai un vuoto a perdere, una fuga può sempre nascondere la sorpresa di una perla. Ma se non vai a prendere l'ostrica, che perla vuoi trovare? E allora pedala Murilo, non ci pensare nemmeno per un momento ad alzare bandiera bianca. Niente male come motivatore, il Voeckler, visto che Fischer gli dà ascolto, si rimette sotto, sfrutta qualche scia di qualche moto sciovinista (sciovinisti i francesi? Possibile???), e il margine torna a salire.
Il gruppo, che forse credeva di avere la situazione ormai sotto controllo, deve dare uno strappo ulteriore per annullare questa benedetta fuga. Fischer tra un po' ci rimette la salute, per ascoltare quel fanatico in maglia Bouygues (la tipica squadra anonima se mai ce n'è una - e sta pure nel Pro Tour...), la benzina finisce proprio, ciao patria io mi fermo. Resta solo, T-Blanc, arranca sempre più goffo, il gruppo alle sue spalle non è più la massa informe, il blob che fagocita il malcapitato di turno: è uno spezzatino di plotone, gli strappi della strada e soprattutto quelli del ritmo, dell'andatura, non sono passati invano: qualcuno ha patito, e davanti non sono rimasti che in una trentina.
Vanno forte, e ovviamente non se lo mangiano, Voeckler, lo affiancano e basta, tanto è vero che alla fine sarà pure decimo; ma da quel minigruppo è uscita una scheggia, bionda e con la maglia verde. Ce ne sono diversi, in Liquigas, a pensarci bene: abbiamo già visto Pozzato fare cose più che belle (Het Volk soprattutto); abbiamo visto anche Di Luca dare una bella botta, alla Milano-Torino. A mancare all'appello, tra i fulvi di Amadio, manca proprio Pellizotti. E lui, che forse ambisce meno di un tempo alla classifica dei grandi giri, ma ha capito che quando capita può fare l'Argentin (o almeno il Fondriest) della situazione, fa la sparata a meno di 500 metri dal traguardo, esce fortissimo e dietro sono troppo pochi per poterlo seguire come si deve.
Bennati - seconda ruota traditrice di Boonen in due giorni - tra un po' si dispera, visto che senza la trovata estemporanea del friulano si sarebbe trovato in tasca tappa e maglia; ci riproverà, che diamine, siamo ancora così giovani e la vita (anche sportiva) è lunga; Pellizotti, invece, dopo il colpo di Limoges può iniziare a dedicare seriamente qualche pensiero erotico alla generale della Parigi-Nizza: siccome non stiamo parlando di un Tour, e siccome non c'è nemmeno una cronometro di mezzo a dare fastidio, non è eresia pensare che Franco possa tenere bene a Mende, e poi sul Col d'Eze, per portare la maglia gialla (o biancogialla, o quello che è) fino alla Promenade nizzarda su cui sfileranno i vincitori domenica.


Da domani invece le nostre nazionalistiche attenzioni saranno assorbite anche dalla Tirreno, che da Civitavecchia si snoderà attraverso il dorso d'Italia per disegnare una credibile griglia di partenza in chiave Sanremo: perché, aggiunti Bennati e Boonen (e Paolini, via), tutti gli altri nomi caldi per la Classicissima emergeranno proprio dalla Corsa dei Due Mari.
Tanto per cominciare, capiremo subito se Petacchi sta realmente attraversando un periodo non tra i più eccelsi della sua carriera, e se Napolitano, una volta cancellato lo zero dalla casella vittorie (a Murcia, domenica), continuerà a farsi vedere da par suo. E tra i due si infileranno non pochi protagonisti delle volate, da Hushovd a Freire a McEwen, per tacere di un giovane come Ciolek che ama fare dispettucci ai più grandi (Zabel ne sa più di qualcuna).
Civitavecchia saluterà la seconda gara a tappe italiana, e saluterà pure il vecchio Petito, cittadino doc, che avrà un paio di capitani in meno da supportare (Di Luca e Bertagnolli, appiedati da una febbre dell'ultim'ora) e quindi, tra un occhio dato a Pozzato e uno a Nibali, potrebbe pure provare a salvaguardare un piazzamento di un certo prestigio nella corsa che vinse nel 1997, dieci anni fa precisi precisi. Quanto ci farebbe piacere rivederlo a lottare per qualche posizione buona?



Marco Grassi

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