Siamo tutti mafiosi - Le vergognose parole di McQuaid
Versione stampabileGiuriamo e spergiuriamo che non volevamo tornare sull'argomento, in questo 2007. Ma come si fa? Come si fa quando il numero uno, ma che numero uno, di più, diciamo il numero zero del ciclismo mondiale si sogna di dire una serie di stupidaggini come quelle che il bel McQuaid ha recitato in due distinte occasioni in Olanda?
Lo scopriamo da Cycling4All, e soffochiamo a fatica un rigurgito.
In un'intervista all'agenzia stampa olandese ANP, Paddy si è detto stanco dell'opposizione di Francia, Spagna e Italia, e ha parlato di uno scontro tra i "mafiosi paesi ciclistici dell'Europa Occidentale e la cultura anglosassone, che invece sta lottando molto contro il doping". Secondo Gabbo McQuaid (che vediamo sulla destra nella foto in braccio a Verbruggen) sarebbe in atto una lotta per il potere, potere che negli anni '60-'70 era detenuto per l'appunto dalle federazioni oggi ribelli, le quali non si vorrebbero arrendere all'idea di averlo perso, quel potere. Perché oggi ce l'ha l'Uci, e non solo oggi, "terremo questa posizione [di predominanza] per sempre".
Alle doti divinatorie, Gabbo aggiunge anche una spiccata tendenza all'analisi sociologica, come confermato dalla seconda intervista in terra olandese, rilasciata alla tv (traduciamo pari pari da Cycling4All): "C'è uno scontro tra culture [a noi Huntington ci fa una pippa, nda]. La cultura anglosassone e quella che dovrei chiamare la mafiosa cultura dell'Europa Occidentale. Non voglio dire che loro tollerino il doping o le pratiche illecite. Ma guardando alla loro cultura, al loro comportamento in generale, loro accettano certe pratiche. La cultura anglosassone, in Olanda, Germania, Inghilterra, Danimarca, è completamente differente. C'è un approccio totalmente diverso nel combattere il doping. È molto importante che alla fine l'approccio anglosassone vinca. Altrimenti lo sport finirà".
Fatto il respirone? Non credete a ciò che avete letto, vero?
Diciamo che la doppia traduzione, dall'olandese all'inglese, e dall'inglese all'italiano, potrebbe aver lasciato per strada qualche concetto: nel senso che le cose dette da Gabbo potrebbero essere anche peggiori, non poniamo limiti alla fantasia di quest'uomo.
In sua difesa possiamo dire che si era in Olanda, e quindi Verbry ci teneva particolarmente a far bella figura in casa sua, e probabilmente per questo il ventriloquo ex presidente Uci ha fatto dire queste cose al pupazzetto che gli è succeduto sull'ambita poltronissima.
E poi c'è da dire che la Guinness è troppo buona, e possiamo anche comprendere che dopo la seconda, uno si scoli anche la terza; ma poi dovrebbe evitare di bersi anche il cervello.
E insomma, non c'è troppo da aggiungere. Questi sono i personaggi con cui ci dobbiamo confrontare. Ne può venire qualcosa di buono? Ha ragione Di Rocco a dire che prevede tempi grami. Se il livello culturale di certa gente è quello espresso fin qui, c'è da stare poco allegri. Probabilmente McQuaid crede che al prossimo incontro il presidente della Fci si presenti vestito da Pulcinella, mangiando spaghetti e pizza e suonando "Luna rossa" al mandolino. Questo signore ci viene a parlare di comportamenti mafiosi insiti nella nostra cultura. Ha senso replicare? Ha senso dichiarare la nostra completa costernazione? Qui c'è gente che il 23 maggio 1992 versò calde lacrime, ma Gabbo non può immaginare quanta sofferenza abbia causato da sempre la mafia nelle coscienze della gente perbene, come noi riteniamo essere.
Ci chiama mafiosi. E chi ha appoggiato la linea Di Rocco non può non sentirsi chiamato in causa. Al presidente della Fci invieremo la classica coppola del picciotto (se l'ha indossata quel gentiluomo di Totò Cuffaro in diretta tv, potrà ben calzarla il nostro Renato), così si sentirà maggiormente in parte quando dovrà andare a discutere del futuro del ciclismo.
A McQuaid che possiamo invece spedire? Un manuale sulla storia del ciclismo? O uno dei mille saggi che parlano diffusamente della cultura anglosassone, quella Wasp, che mette al primo posto il perseguimento del successo e dell'affermazione personale come modo per essere più vicini a Dio? Quella cultura che sottende e in qualche modo giustifica le enormi disuguaglianze sociali che vigono nei paesi più avanzati? O dobbiamo ricordargli che uno degli aspetti di quella cultura è anche un certo puritanesimo (visto che non crediamo proprio che i paesi da lui portati come esempio [la Danimarca di Bjarne Riis???] per l'approccio alla lotta al doping, poi in realtà combattano in questo senso più di Francia o Italia o Spagna)? O possiamo procedere a fargli un'offerta che non pothrà rrifiutare?
E così vanno le cose, così devono andare. Oggi volevamo pensare al ciclismo, pubblicare una bella intervista a un giovane che diventerà un personaggio, dedicarci al database. Invece dobbiamo sempre avvelenarci la vita con l'Uci. Ma si può andare avanti così?
(Ps: di una cosa, però, siamo grati a Gabbo: ci ha permesso di coronare un nostro antico sogno, ovvero mettere Marlon Brando nella homepage di Cicloweb. Grazie Gabbo!).