Il nuovo Tour risale la china - Non potrà essere peggio del 2006
Versione stampabileL'autunno non è già più stagione di corse, ma periodo di presentazioni, quello sì: si getta uno sguardo all'anno che verrà, e cadono i veli sui tracciati dei prossimi grandi giri. Come impone il ruolo di gara più importante del mondo, il primo a farsi scoprire è il Tour de France, presentato oggi a Parigi.
Si sapeva da tempo che la partenza, sabato 7 luglio 2007, sarebbe stata all'estero, precisamente oltremanica: il cronoprologo (8 km) si svolgerà sulle strade di una Londra in fibrillazione per l'evento, e il tracciato lambirà anche Buckingham Palace, per dire quanto l'avvenimento sia sentito. Due tappe in Gran Bretagna (la seconda arriva a Canterbury), lo sbarco a Dunkerque e un subitaneo nuovo espatrio, in Belgio a Gand (ma non ci saranno grossi muri da affrontare). Il martedì si rientra in Francia, a Compiegne (sede di partenza della Parigi-Roubaix, ma di pavè neanche l'ombra), e fino a venerdì 13 non ci saranno difficoltà.
Una prima parte di tracciato molto classica, largo spazio ai velocisti, con un paio di occasioni purtroppo sprecate (quelle di ricalcare in maniera più intrigante i percorsi delle classiche), ma l'avvio soft prelude a una bella novità rispetto a quest'anno, con la prima lunga cronometro differita in avanti, e le Alpi che, in un'edizione che si correrà in senso orario, la precederanno. Tre frazioni alpine, precedute dall'accidentata tappa di Autun, inframmezzate da un giorno di riposo, con un solo arrivo in quota a Tignes, e due traguardi classici (Le-Grand-Bornand, con la Colombière nel finale) e classicissimi (Briançon), quest'ultimo un po' annacquato dai soliti 40 km di discesa dalla vetta del Galibier alla cittadina provenzale.
Pazienza, accontentiamoci del fatto che gli scalatori saranno comunque avvantaggiati da questa scansione di tappe. Dopo le Alpi verrà abilmente dribblato il Massiccio Centrale, niente Mont-Ventoux ma tre tappe interlocutorie, una delle quali a Marsiglia dove una vita fa Fabio Roscioli colse un' indimenticabile vittoria. Dopodiché, sabato 21, la crono di Albi (54 km che sono sì per specialisti, ma che presentano un inizio con salitelle e una bella discesa nel finale). In ogni caso, i cronoman vivranno la loro giornata di passione, subito prima del tuffo nei Pirenei, che verranno affrontati stavolta in maniera seria (e non con due tappette, di cui una a Pau, come nel 2005).
Pau, che comunque deve per forza esserci in tutti i Tour della storia, sarà sede di riposo e di partenza, ma per fortuna non d'arrivo: i traguardi saranno infatti a Plateau-de-Beille (in quota), Loudenvielle (col Peyresourde a un passo dal traguardo) e Aubisque come ultimo arrivo in salita. In totale, ci sono più salite rispetto al pessimo tracciato presentato un anno fa, e questo garantirà agli appassionati un giorno in meno di mare e uno in più di tifo davanti alla tv. Per il ciclismo, la notizia è buona.
Altre due tappe interlocutorie e buone per le fughe, e poi sabato 28 la crono finale di Angoulême, 55 km ancor più per specialisti della precedente prova contro il tempo. Questa tappa darà la forma definitiva alla classifica, prima della consueta passerella di Parigi.
In definitiva, anche se sono ben 12 le sedi di tappa che fanno il loro esordio al Tour (tra cui Londra), non ci sono conigli estratti dal cilindro, tutto è abbastanza nel solco della tradizione; in ciò, due anni fa Leblanc al suo ultimo disegno ci seppe stupire un po' di più. Il vagheggiato passaggio in Italia, sul Colle delle Finestre, è rinviato a chissà quando. Non c'è il Tourmalet, non c'è l'Alpe d'Huez, ma diciamoci la verità: si vive lo stesso, la selezione in salita ci sarà come sempre, e l'assenza di un Armstrong, ormai del tutto digerita, ci costringe meno a elucubrare su pendenze asfissianti per mettere in difficoltà il mostro di turno e amenità del genere.
I chilometri a cronometro sono 117, due in più del 2006, quindi siamo lì. Migliore la distribuzione della prima crono lunga, come già detto, il tutto a beneficio dello spettacolo, visto che gli scalatori non dovranno difendersi da subito. La tappa più lunga, quella di Compiegne, è di 236 km, l'anno scorso fu di 231, anche in questo caso siamo lì. Quasi 100 km (92 per la precisione) in meno in totale rispetto a un anno fa, è un segnale o un caso? Lo scopriremo fra un anno, ma in tempi in cui qualcuno propone di accorciare a 18 giorni i grandi giri, propendiamo per la prima ipotesi. 6 (contro 7) le tappe over 200 km, scende (anche se di poco, ma essendocene uno in più il dato è più rilevante) il chilometraggio medio dei tapponi di montagna: 189, e nel 2006 erano quasi 194. 3 e 3 gli arrivi in salita.
Potremmo anche star qui a lamentarci del fatto che ci sono sempre troppe tappe di pianura, che sono poco stimolati, con arrivi medi, i finisseur, che le maxifughe che caratterizzano specialmente la seconda parte di Tour sono spettacolari fino a un certo punto. Un anno fa l'avremmo fatto di sicuro. Ma dopo tutta l'acqua sporca che è passata sotto i ponti in questi ultimi mesi, abbiamo definitivamente capito che i problemi sono altrove, e in fondo non è tanto nel tipo di tracciati la misura dello stato di salute di questo meraviglioso sport.
Il ciclismo, in un modo o nell'altro, ci appassiona e ci diverte sempre; ma quest'anno, precisamente in luglio, abbiamo toccato il fondo: quasi tutti i favoriti fatti fuori alla vigilia in maniera assurda; una corsa amorfa, vinta sulla strada da un corridore risultato poi positivo e messo fuori dai giochi, e successo ereditato quindi da un simpatico cacciatore di fughe da lontano. La fuga bidone ha deciso il Tour 2006, ma per l'appunto gli appassionati si sono sentiti piuttosto bidonati.
Ecco, la speranza è che non si debbano più presentare situazioni come quelle che ci hanno ammorbato l'ultima estate, e purtroppo ciò non dipende da quante salite o quante discese ci saranno nella prossima Grande Boucle: le Tour c'est le Tour, si sa, e ci piacerebbe tornare a discutere animatamente dei tracciati, senza pensare che ai piani alti ci sono dirigenti che ci stanno fornendo uno specchietto per le allodole mentre scavano la fossa al ciclismo. Prudhomme, il gran capo della Aso ed erede di Leblanc, ha almeno mostrato un passo avanti rispetto a un anno fa. Prendiamolo come un auspicio, senza illuderci troppo, ma ringraziandolo per non averci ulteriormente abbattuti.