Il Delfino nuota al largo - Pellizotti: «Non esiste solo il Giro»
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È arrivato a Terracina con qualche giorno di ritardo, il biondo Pellizotti, conosciuto anche con lo pseudonimo "Delfino di Bibione". È già abbastanza tirato, anche se in salita, a fine allenamento, s'è leggermente lasciato sfilare nel finale. A pranzo la discussione con Beltrán sulle varie qualità del "jamón", il prosciutto iberico, con digressioni più o meno sviscerate intorno al "Pata negra", l'affettato per eccellenza. Ci sediamo al sole, tavolinetto all'aria aperta, in mezzo ai bambini che vanno a nuotare nella piscina dell'Hotel Fiordaliso.
Oggi è stato il tuo primo allenamento in vista della nuova stagione?
«Con la squadra sì, oggi è il mio nuovo esordio, mentre pedalo già da una ventina di giorni per conto mio».
Quindi punti a partire abbastanza forte.
«Con la squadra s'è deciso di stilare un programma fino al Giro, ma che abbia comunque al suo interno già qualche particolare appuntamento importante prima di maggio, in modo tale da arrivare alla corsa rosa con qualche risultato, magari di rilievo, alle spalle. E gli appuntamenti importanti saranno la Sanremo e la Liegi, anche se, con in squadra altri forti corridori come Pozzato e Di Luca, non sarò certamente l'unica punta del team».
La tua partecipazione al Giro d'Italia è dunque certa.
«Sì, è quasi sicura. In fondo l'anno scorso arrivò una bellissima vittoria di tappa ed una discreta classifica finale, ed anche se probabilmente non potrò competere per la vittoria finale mi piacerebbe comunque provare di nuovo a fare classifica. Senza costrizioni particolari, certo, magari cercando di vincere una o due tappe medie, ricalcare insomma quello che s'è riuscito a fare nel 2006».
Oltre alla Sanremo ed alla Liegi quale sarà il tuo programma fino a maggio?
«Partirò dalla Spagna, disputando la Challenge Mallorca, poi tornerò in Italia per correre il Trofeo Laigueglia e ripartirò per la penisola iberica per disputare la Vuelta Valenciana. Dopodiché sarò al via alla Parigi-Nizza ed alla Milano-Sanremo. Dopo questa prima parte, il programma dovrebbe prevedere la Coppi&Bartali, il Giro del Trentino e la Liegi-Bastogne-Liegi, poi il Giro senza passare dal Romandia».
Come mai la Parigi-Nizza e non la Tirreno-Adriatico?
«Un po' perché siamo costretti a dividerci tra le due corse, ed un po' perché alla Tirreno ci saranno già vari corridori su cui puntare. Sarebbe bello arrivare alla Parigi-Nizza con una gamba in grado di far la differenza in una tappa e magari di far bene anche in classifica generale. Sarebbe importante cominciare bene anche per il morale. Se si inizia bene, anche il prosieguo della stagione riesce un po' più facile, soprattutto a livello di testa».
Anche perché Pellizotti ha sempre dimostrato un discreto spunto veloce che è ben vendibile nelle corse di un giorno.
«Difatti è quello che abbiamo concordato quest'anno. Va benissimo il Giro, che è sempre la corsa più bella e più amata dagli italiani, soprattutto se in montagna si ha qualche qualità, però non bisogna dimenticarsi del resto del calendario, in particolar modo se si hanno altre doti che ben si sposano con delle determinate corse».
L'anno scorso vincesti una bellissima tappa al Giro, con un'azione da finisseur da classiche. Che emozioni ti ha donato e quali ricordi ti lascia quel successo?
«Vincere al Giro d'Italia è un sogno, un bellissimo sogno per ogni ciclista italiano. Dopo un successo al Giro la gente ti riconosce molto più facilmente per strada, anche mentre ti alleni. Diventi più popolare, questo è indubbio, ed anche un professionista sa che vincere una tappa al Giro è un po' come fare un terno al lotto. Per tanti è l'aspirazione massima, per tanti segna un punto di partenza. Spero di far parte della seconda schiera».
Dopo i tuoi vari tentativi al Giro non ti abbiamo mai visto lottare con convinzione per un Lombardia, ad esempio. Come mai?
«Nel 2004 avevo ottenuto anche la convocazione al Mondiale di Verona per le prove offerte in estate, ed anche nel 2006 ho provato a far bene in classiche come la Coppa Agostoni, proprio per cercare un posto in azzurro e una gamba accettabile per il finale di stagione. Sulle prime sembrava andare tutto per bene, poi invece ho iniziato a soffrire di crampi nei finali di corsa. Però non è detto che nel 2007 non si provi a correre la Vuelta, o le brevi corse a tappe del Pro Tour, proprio per cercare di far bene a Zurigo e al Lombardia».
La prima parte di stagione comprende la partecipazione ai Campionati Italiani?
«Francamente ancora non lo so con certezza, dipende da come uscirò dal Giro d'Italia. Se avrò una condizione accettabile, perché no?»
Sei friulano, e ti chiediamo un commento sullo spauracchio del Giro d'Italia 2007: il Monte Zoncolan.
«Non ho mai fatto l'Angliru in Spagna, che mi hanno raccontato come una salita terribile, però lo Zoncolan è tutta un'altra cosa. Non molla proprio mai. La differenza si farà, anche se credo che tutti faranno grande fatica e quindi i distacchi saranno piuttosto contenuti. Certo, se poi qualcuno andrà in crisi si conteranno i minuti. In fondo però tutto il Giro è tosto, non c'è solo lo Zoncolan; penso a Montevergine, al Terminillo, alla Guardia, alla tappa di Briançon, in pratica l'unica tappa piatta è quella che arriva a Riese Pio IX, a fine Giro».
Ti sei fatto un'opinione dell'annosa questione riguardo il DNA?
«C'è tanta confusione, ognuno si sente in grado ed in dovere di dire la sua, e questo succede soltanto nel ciclismo. Il discorso è lungo e va articolato bene, altrimenti si rischia di cadere nelle banalità. Certo, il problema del doping esiste e ce lo trasciniamo da tempo, ma non penso proprio che aggiungere un ulteriore test possa essere un vantaggio per l'antidoping. L'abbiamo visto anche accettando i controlli ematici: ci siamo esposti a più controlli per sembrare più puliti, ed invece abbiamo ottenuto soltanto il boomerang di dare più argomenti a chi cerca il colpo a sensazione».
Una soluzione quale potrebbe essere?
«Qualche idea potrebbe arrivare dall'Associazione Corridori, ma la sensazione è che questa associazione non sia un grande vantaggio per noi. Probabilmente invece di certi personaggi ci vorrebbero due avvocati con le palle, pagati bene, sicché i nostri diritti possano essere riconosciuti. Invece ora paghiamo l'associazione soltanto per dei fini che, almeno a me, non sono molto chiari. Prendiamo ad esempio la reperibilità, che ci è richiesta da tutti in qualsiasi momento: ma come si fa? Neanche i criminali in libertà vigilata hanno tanti controlli sugli spostamenti. Dobbiamo riprendere il senso della misura, è incredibile che si debba mandare un fax alla Wada per avvisare di dove vado in vacanza».
E voi corridori non potete far niente per migliorare la vostra Associazione?
«Il problema è che è un ciclo infinito. Alle riunioni non c'è quasi nessuno, pochissimi ciclisti partecipano e rispondono alla chiamata dell'Associazione, e quindi la colpa è anche nostra, senz'altro. D'altro canto, però, noi non partecipiamo perché si intuisce la poca utilità di certe riunioni, non c'è coinvolgimento da parte di chi dirige l'Associazione. Sicuramente però qualcosa la dobbiamo migliorare, dobbiamo renderci conto che senza ciclisti il ciclismo non esiste. Prima del Laigueglia ci sarà la classica riunione di inizio anno dei corridori italiani, e si dovrebbero tenere anche le elezioni per la nuova presidenza e il nuovo consiglio. Bisogna far qualcosa, questo è innegabile».