C'mon baby, light our fire - I sogni di Cunego: «Liegi e Giro»
Versione stampabileLa faccia è vispa e rilassata, i capelli sempre più biondi e più spettinati, gli occhi sempre più azzurri. «Sono proprio l'ultimo dell'anno, eh?», dice quando si accorge della sua foto in dicembre sul calendario di Cicloweb. Poi si sofferma sulla foto di maggio, fissa per un po' Basso e Simoni, coi tifosi con le maglie della Mercatone Uno di Pantani che gli corrono al fianco. «Che salita è?», ci chiede. «Ma che Giro hai corso?», gli rispondiamo con un sorriso.
Come procede la preparazione?
«Bene, decisamente bene. Sto svolgendo una preparazione invernale molto buona: in novembre e in dicembre ho lavorato sul fondo, mentre i primi quindici giorni di gennaio li ho dedicati prevalentemente al potenziamento. E poi ora si prosegue col ritmo, con la strada, con la bici. Penso di poter dire che quest'inverno è stato il migliore tra quelli degli ultimi tempi».
Questione di clima o di equilibrio?
«Direi di clima, il tempo di quest'inverno è stato finora sensazionale».
Pedalando coi compagni chi ti pare già il più in palla, il più in forma?
«Quelli che partiranno forte sin dall'inizio della stagione sono leggermente più avanti com'è giusto che sia, e se devo fare due nomi direi Corioni e Ballan su tutti».
Presumibilmente la tua stagione inizierà dunque un po' più tardi.
«L'esordio sarà alla Ruta del Sol, poi correrò la Vuelta a Murcia, il Criterium International, il Giro dei Paesi Baschi, la Liegi-Bastogne-Liegi e quasi sicuramente il Giro di Romandia, anche se in questo caso c'è ancora da decidere se andare in Svizzera o al Giro del Trentino. Poi, ovviamente, il Giro d'Italia».
I programmi dopo il Giro sono già decisi?
«No, niente di sicuro. Si vedrà strada facendo quale sarà la condizione, quali saranno stati i risultati e si valuterà il da farsi».
Il programma 2007 sembra un po' meno "provinciale" di quello 2006. Come mai?
«Sicuramente non perché abbiamo pensato che gli anni scorsi si sia sbagliato qualcosa, ma semplicemente perché quest'anno abbiamo deciso di andare a correre corse particolari che possono permettermi di confrontarmi sin da subito con i corridori che troverò anche al Giro dei Paesi Baschi e alla Liegi, tanto per dirne due. Certo, so benissimo anch'io che una tappa al Romandia vale più di una tappa al Giro del Trentino, però non dobbiamo dimenticarci che l'obiettivo principale è il Giro».
Però se prima c'è un podio, o una vittoria, alla Liegi, magari il Giro lo si corre più rilassati.
«Assolutamente, anche perché la Liegi è molto adatta a me e già lo scorso anno sono salito sul podio».
Ti fa piacere che la Lampre abbia corridori come Bennati, Napolitano e Ballan, che un po' distolgono le attenzioni sui "numeri" di Cunego?
«Una grande squadra ha sempre diverse soluzioni da adottare nelle varie corse che disputa. La presenza di compagni che possono correre ad alti livelli è sicuramente una cosa buona per il team in generale, ed anche per me, perché le loro vittorie possono abbassare un pochino le pretese, e quindi le responsabilità e le pressioni, verso il sottoscritto. Poi è anche giusto, e mi gratifica molto, che quando tocca a me io debba rispondere presente. In fondo il leader della Lampre sono io».
Ti ci sei abituato a questo status di leader?
«Sì, mi ci trovo bene. Mi fa piacere soprattutto sentire la fiducia dei compagni di squadra: ritiri come questo di Terracina, ad esempio, servono soprattutto ad amalgamare il gruppo, a conoscere i nuovi compagni, per stemperare le ansie della stagione che sta per nascere e per stare insieme con serenità».
Come ti sono sembrati i nuovi acquisti?
«Ognuno potrà portare la sua esperienza e metterla al servizio della squadra, oppure imparare qualcosa da chi ha più esperienza di lui. Il gruppo è vario e sono sicuro che i nuovi si troveranno bene».
Parliamo un po' del Giro d'Italia 2007?
«Rispetto al 2006 ci sono meno tappe dure in serie, cioè una dietro l'altra, ma non sono d'accordo con chi dice che è meno duro rispetto allo scorso anno. Forse c'è un po' più di equilibrio, con i primi dieci giorni relativamente tranquilli, ma poi lo Zoncolan e le Tre Cime di Lavaredo daranno vita ad una "due giorni" durissima».
Sappiamo che hai già visionato il Monte Zoncolan. Com'è? Non pensi che pendenze così aspre rischiano di livellare un po' il gap tra i corridori, che faranno tutti tantissima fatica?
«Lo Zoncolan non è raccontabile, non saprei descrivere a parole quello che ho visto lassù, quanto è duro, quanta fatica si fa. Tra l'altro penso di tornarci, perché una salita così deve essere vista più di una volta per poter dire di conoscerla almeno un po'. Io penso che i distacchi saranno di 50" tra il primo e il secondo, e 1'30" tra il primo e il terzo; se uno non va in crisi 10' non li prende».
Sai già chi ti accompagnerà lungo la corsa rosa?
«C'è uno "zoccolo duro" che dovrebbe essere già certo, formato da gente come Tiralongo, Bruseghin e Vila, ma dipende anche un po' dalle condizioni di forma tra la metà e la fine di aprile. Quest'anno ci dovrebbe essere quasi sicuramente anche Napolitano».
Ti facciamo una domanda che ha tenuto banco per un po' di tempo sul nostro forum e che recitava così: "Se fossi un corridore, che preferiresti vincere tra Vuelta e Liegi?".
«La Liegi senza dubbio, ma non c'è neanche da fare il paragone».
Restiamo sulle classiche perché il tuo spunto veloce non passa inosservato. È impossibile preparare la Milano-Sanremo se si punta al Giro d'Italia?
«Non è affatto impossibile. La Sanremo si corre in marzo e non intacca quasi minimamente il programma per il Giro che si tiene in maggio. Il problema è che la Sanremo non la vedo così adatta a me e preferisco correre la Liegi, magari aggiungendoci l'Amstel Gold Race, e magari concentrarmi, dopo il Giro, sul Giro di Lombardia. Per vincere la Sanremo dovrebbero accadere davvero troppe cose. È una corsa stressante, lunga, è difficile arrivare da solo».
Per vincere la Sanremo ti servirebbe arrivare da solo?
«Non posso di certo permettermi di arrivare con Petacchi e Boonen».
Con loro no, ma l'anno scorso con Ballan c'erano Pozzato, Nocentini, Astarloa, Samuel Sánchez, Frank Schleck, mica Petacchi e Boonen.
«Sarebbe comunque un rischio, tant'è che i fuggitivi del Poggio vengono ripresi quasi sempre. E poi ci sono corridori che preparano quasi tutta la stagione sulla Sanremo, non me la sento di entrare in competizione con loro, almeno per adesso. E poi se devo rivincere il Giro, e il Tour, e poi la Liegi, il posto per la Sanremo dove lo trovo? (sorride)».
Ai grandi corridori si chiedono le grandi corse.
«Lo so, e mi fa piacere. Magari nel 2008, quando presumibilmente correrò il Tour e non il Giro, si può pensare di puntare con un po' più di decisione alla Sanremo. Però ci penserò più in là».
Che cosa ne pensi dei problemi che sta attraversando il ciclismo? Come li vive un corridore professionista di una squadra professionistica in ritiro?
«Noi siamo tranquilli, in fondo quei problemi non è che ci riguardino».
Beh, non è che fate i carpentieri. Non vi riguarderanno direttamente, ma siete corridori professionisti. Se il ciclismo sta male, ne dovreste risentire anche voi.
«Certamente, e difatti noi tutti speriamo che si trovi una soluzione, un rimedio che faccia capire a noi ed alla gente che c'è futuro per il ciclismo».
Cunego da cosa partirebbe?
«Oddio, non saprei, non chiedetemi anche di fare il dirigente, non penso di esserne in grado».
Non ti sei fatto un'idea di ciò che si potrebbe migliorare?
«Il problema è che si dicono diecimila cose e tutte queste cose son dette da persone con importanti ruoli decisionali. L'altro problema è che i controlli ci sono, se ne possono anche aggiungere, forse faremo il test del Dna, non è che non siamo controllati ed allora è facile capire perché escano degli scandali così grandi al di fuori dello sport. Ci vorrebbero innanzitutto correttezza e chiarezza».
Da parte di chi?
«Non mi sembra che chi dirige questo sport trovi spesso degli accordi, e questo non va bene per il ciclismo. Speriamo in un futuro migliore».
Tornando al ciclismo pedalato, hai qualche rammarico per aver affrontato la prima parte di Tour de France un po' sottogamba?
«A tanti mesi di distanza rispondo di sì, che effettivamente la prima parte di Tour poteva essere un po' più battagliera. Ma l'inverno influisce tanto sulla condizione di un corridore, ogni anno che passa e che cresco me ne rendo di conto sempre di più, e se non fai un inverno fatto come si deve poi gli sforzi li paghi tutti, soprattutto da metà stagione in poi. Qualche rammarico c'è, ma al Tour ho dato tutto quello che riuscivo a dare in quel momento».
Nella seconda parte si è visto un gran bel Cunego: ottimo sull'Alpe d'Huez e bravissimo anche a cronometro.
«Nella seconda parte delle corse a tappe i corridori con resistenza e recupero escono sempre. Sull'Alpe d'Huez è stato un peccato non vincere, ma lì non ho nulla da rimproverarmi: in fondo ho tanto tempo a mia disposizione per riprovarci. E poi la cronometro alla fine cambia tante cose».
Quest'anno anche il Giro ha la crono finale dopo le montagne.
«Lo so, e sono quasi sicuro di poter fare una grande crono. Il recupero è uno dei miei punti di forza, qualcuno patirà più di me le tossine delle montagne appena affrontate».
Quindi la proposta della quarta settimana nei GT la accantoniamo?
«(ride) Magari ci fosse! Tornando seri, i Grandi Giri sono già durissimi con tre settimane, quattro sarebbero davvero troppe».