Bordonali borderline - Il tm Tenax e Miozzo si sfogano
Versione stampabileSembra quasi ci stesse aspettando dalla voglia che ha di aprirsi, di parlare, di confrontarsi. Sistema con cura il triciclo del suo bimbo nel portabagagli della macchina, parla in bresciano stretto con due dei suoi meccanici salendo sul camper parcheggiato nel piazzale del Camping Sant'Anastasia, poi ci sediamo intorno ad un tavolo e partono i complimenti per i calendari che gli abbiamo portato in omaggio. Il tavolo rotondo stimola il convivio, probabilmente, perché Bordonali sulla destra e Miozzo sulla sinistra sono fiumi in piena. Iniziamo a chiacchierare con Fabio Bordonali.
Proviamo a tirare le somme sulla sua squadra a ridosso della stagione che sta per iniziare. Come vede il Team Tenax-Menikini?
«Sono soddisfatto sia del gruppo sia della condizione che i ragazzi hanno dimostrato durante i vari ritiri. Il clima ci ha permesso di agire sulla preparazione fisica in maniera ottimale, così come i corridori che già facevano parte del nostro gruppo negli anni passati hanno dimostrato apertura verso i nuovi arrivati. Per l'aspetto tecnico attenderei le prime corse, visto che altre squadre hanno già corso e sono molto più rodate di noi, mentre noi faremo il nostro esordio a Donoratico [ci sarà l'11esimo posto di Cucinotta ed il 12esimo di Ferrari allo sprint, ndr]. La base è comunque molto buona, questo posso dirlo senza paura di venire smentito».
Quali le sono sembrati i corridori più in palla?
«Forse per caratteristiche tecniche, ma direi che Bosisio e Cucinotta hanno già un colpo di pedale invidiabile, e lo si capisce soprattutto da come affrontano certe salitelle e gli strappi più duri. Un altro corridore che sta bene è Ermeti, anche perché ha già corso la Vuelta San Luis in Argentina con la selezione italiana della pista. Però come già ho detto la base è molto buona: a parte un paio di raffreddori, difatti, non abbiamo avuto grossi problemi, anche se ora qualche gesto scaramantico è d'obbligo (ride)».
Dal 2006 al 2007 c'è stato un netto cambiamento di rotta: da Petito, Baldato e Codol a tanti neopro'.
«Trovare i Petito e i Baldato, tanto per dirne due, non è facile in tutta una carriera da ds, figuriamoci quanto è difficile trovarli ogni anno. I quattro ex Fassa, a cui aggiungo volentieri anche Bossoni, dunque, hanno lasciato in dodici mesi un bagaglio di esperienza e di consigli che sono comunque importantissimi. Me ne accorgo parlando con i Bosisio, con i Murro, i ventinovenni-trentenni della squadra. In fondo nove corridori dell'attuale organico hanno vissuto anche la stagione scorsa in Tenax, e sono sicuro che i consigli, sia in allenamento sia durante le corse, dei quattro "vecchi" saranno utilizzati al meglio».
Come ha scelto i suoi neoprofessionisti del 2007?
«Abbiamo cercato in primis di puntare sul ciclismo italiano, sui giovani italiani. In fondo la Tenax è una squadra per 13/16 italiana e dall'anima italianissima, anche se la società di gestione è irlandese e non intendo trasferirla».
Presentiamoli iniziando da Laganà, per cui si è mossa una regione intera al momento della presentazione.
«La regione Calabria si è dimostrata veramente molto calorosa nei confronti del ragazzo, anche perché probabilmente tra tutti i ragazzi calabresi che approdano al ciclismo ne passano già pochi nel dilettantismo, figuriamoci nel professionismo. Lucio Cariati, che è un po' il factotum del ciclismo per quanto riguarda la Sicilia e la Calabria ha pescato dal serbatoio questo ragazzo che va discretamente in salita ed è molto bravo sul passo. Personalmente feci già passare un calabrese professionista, si trattava di Sgambelluri, ma speriamo di ricevere qualcosina in più dal Laganà professionista».
Ferrari ci sembra una ruota veloce parecchio vincente.
«Sono felicissimo di aver preso Ferrari innanzitutto perché è bresciano come me; era tanto che non avevo un bresciano in squadra, ma il dilettantismo delle mie parti non è che abbia offerto poi molto, ultimamente, quindi ho preferito aspettare. Ferrari si è guadagnato il passaggio al professionismo sul campo, vincendo molto e vincendo bene. Il salto tra i pro' sarà sicuramente difficile, ma penso che abbia tutte le carte in regola per crescere e poter battagliare coi velocisti migliori già dal prossimo futuro».
Poi ci sono Piemontesi e Sabatino.
«Due ragazzi molto seri che non hanno ottenuto grossi risultati tra i dilettanti, lo dico senza problema. Ma penso che questo non sia un handicap, per loro, ma un loro punto di forza. Hanno corso in squadre che non hanno mai fatto dell'esasperazione il loro credo verso i giovani, e la serietà di questi due ragazzi mi lascia immaginare sviluppi rosei per il futuro. Hanno questa occasione e penso la vorranno sfruttare al meglio, sicuramente iniziando a darsi da fare per la squadra; poi chissà...».
Un altro acquisto, stavolta di un corridore già maturo, è quello di Golcer.
«Golcer è un corridore di ottime qualità, soprattutto in salita. Lo abbiamo preso per far coppia con Pidgornyy nelle brevi corse a tappe che disputeremo e perché anche singolarmente lo sloveno è stato in grado di fornire delle ottime prestazioni, come ad esempio il 2° posto al Giro del Trentino 2004 vinto da Cunego, con Simoni al terzo posto. Miozzo lo ha già avuto all'Acqua&Sapone e me lo ha descritto come un corridore di grosso potenziale, anche se nelle ultime stagioni ha avuto dei problemini che non gli hanno permesso di esprimersi al meglio. Essendo del '77, come Pidgornyy tra l'altro, pensiamo che questa possa essere la stagione della completa maturità per Golcer, anche perché la non eccessiva attività svolta finora gli ha lasciato un fisico molto integro e magari una crescita un pochino più rallentata rispetto ai suoi coetanei».
Possiamo identificare Pidgornyy da un lato e l'altro nuovo acquisto Santambrogio dall'altro come i capitani del Team Tenax-Menikini?
«Pidgornyy e Golcer saranno sicuramente le punte Tenax nelle corse più dure, come ad esempio un Brixia Tour, un Memorial Pantani, un Trofeo Matteotti o un Giro d'Austria, ma anche il Giro del Trentino e tutte queste corse dove i due atleti si sono già messi in mostra. Dall'altra parte abbiamo una batteria di ragazzi veloci che sanno tenere anche su percorsi un poco più impegnativi come Bosisio, Pietropolli ed Ermeti, ma anche lo stesso Cucinotta e Murro, che potranno essere giocabili, a seconda dello stato di forma, come capitani nelle varie corse. Stesso discorso per Santambrogio, dunque, che è un giovane di assoluta qualità, ma che ha ancora 22 anni ed è stato già etichettato da alcuni come "bollito". Aspettiamolo un attimo e diamogli tranquillità: per me è in grado di riprendersi e fare bene».
Quanto è difficile, nella situazione attuale del ciclismo, fare ancora ciclismo di "seconda fascia", chiamiamola così?
«Molto. È difficile perché trovare dei ragazzi intelligenti per fare un certo tipo di lavoro non è affatto una cosa così scontata e semplice. L'esasperazione delle attività giovanili è ormai nota, anche perché in fondo ci sono degli sponsor che investono tanto ed ormai il dilettantismo è diventata più una "serie B" del ciclismo piuttosto che un "campionato primavera". Si cerca il risultato e la vittoria importante da giovane, ormai importa poco dello sviluppo e della crescita del ragazzo a potenziale buon professionista, o campione. Si salvano i fuoriclasse perché si notano sin da bambini: i Cunego, i Pozzato, tanto per dirne due. Ma ne nascono pochi di quel genere. Spesso un buon corridore si forma o matura diversamente. Spesso un campione, vedi Bettini, è stato un gregario e un buon dilettante, non da subito un cannibale».
E l'assenza dal Giro d'Italia?
«Pesa tanto, soprattutto per il ciclismo italiano, secondo me. Fabio Bordonali ci perde molto a non correre il Giro d'Italia, questo è ovvio. Ma secondo me ci perde tutto il ciclismo italiano se al Giro ci sono soltanto 40 corridori italiani. Come li creiamo i personaggi che portano gli sponsor? Senza il Giro è difficile continuare. Cosa racconto agli sponsor per tenerli legati a me? Bugie? Come facciamo crescere le squadre e i corridori? Se Bosisio, ne cito uno a caso, vince 8 corse di secondo piano, io ho un riscontro minimo sulla gente e sui media. Se invece Bosisio mi vince una tappa al Giro d'Italia, magari in una giornata di grazia, cambia tanto, cambia tutto. Per non parlare del caso in cui ne vincesse due...».
Quindi?
«L'assenza di regole, anzi le "non-regole" dell'Uci creano confusione. Non c'è la parvenza di un merito sportivo, tutto si basa su piani economici. Ma l'Uci non può non conoscere la situazione industriale italiana, fatta di tante medie-grandi aziende e da quasi nessuna multinazionale. Non si può non pensare al ciclismo italiano come grande serbatoio di campioni e relegare a due e mezza le squadre italiane nel Pro Tour. Io non ho mai creduto nel Pro Tour, e lo dissi alla Liquigas, con la quale sono rimasto in contatto e con la cui dirigenza sono in ottimi rapporti, che mi cercò al momento del rientro nel ciclismo professionistico che conta. Poi è entrata ugualmente, ma le differenze si sentono. La Liquigas di qualche anno fa riceveva un premio economico che dipendeva da chi si portava alle corse e dalla bontà delle prestazioni dell'annata precedente o della stessa annata fino ad una determinata data. Ora la partecipazione è un dono "divino", che poi è sempre economico, ma le squadre prendono un premio di partecipazione fisso e deciso spesso e volentieri in maniera univoca dagli organizzatori, indipendentemente da chi il team manager schiera al via. Bordonali col Pro Tour è più povero, ma anche Liquigas col Pro Tour è più povera, secondo me».
Ballan, tanto per fare un esempio, si lamentava del poco potere contrattuale dei corridori. Ci sembra di capire che vale anche per le squadre.
«Certo che sì. Se qualche anno fa un nuovo sponsor avesse voluto entrare nel ciclismo costruendo una squadra di alto livello, sarebbe bastato un investimento economico volto ad acquistare, seguendo la vecchia classificazione Uci per i corridori, quegli atleti che avevano un "tot" punteggio e che, avendoli in squadra, avrebbero consentito agli sponsor ed ai manager di essere i destinatari degli inviti delle corse più importanti. Comprare un Ballan per il 2007, o perderlo, poteva voler significare molto. Invece così se lo compro io non mi invitano lo stesso, se non in quelle corse dove Ballan si è già messo in luce, mentre se la Lampre lo perde quelle corse le disputa uguale, perché la partecipazione se l'è comprata con i soldi dati all'Uci per la licenza. Secondo voi questo è sport? C'è una meritocrazia sportiva in questo modo?».
Ballan che è il primo italiano nella classifica Pro Tour 2006, in sesta posizione.
«Pensate un po', io che vivo nel ciclismo non lo sapevo. Pensavo a Basso o a Bettini, in fondo Ballan non ha vinto granché. Non è questo il punto, però. Prima tutte le squadre partecipavano alla classifica Uci. A fine stagione si poteva coinvolgere anche uno sponsor facendogli vedere le classifiche e facendo due conti fino alla fine dell'anno: "Ci manca qualche punto e riusciamo a fare il salto, dài", ci diceva magari uno sponsor. Invece così c'è la classifica del Pro Tour che non ci dà punti, come ad esempio per il 10° posto di Petito al Giro delle Fiandre, mentre la classifica continentale europea non porta né a promozioni né a retrocessioni. Come fa uno sponsor ad appassionarsi all'andamento di una squadra, se l'unica cosa che conta sono i soldi? Per carità, a me va bene anche guadagnare col ciclismo, sono il primo a dire che faccio questo mestiere perché mi permette di guadagnare bene e, soltanto poi, fare il lavoro che più mi piace e mi appassiona. Però un manager deve sapere fare i conti, io resto sempre un po' alla larga da chi mi dice: "Faccio questo lavoro per passione", perché alla fine sono i più pericolosi. Però non si può accantonare lo sport. È lo sport che ci deve far guadagnare».
La dirigenza Uci fa questo lavoro per guadagno o per passione?
«Per guadagno, ma ripeto che non è un male. Ovviamente se si lavora bene. Ed è questo il problema. A me può stare anche bene che il signor Verbruggen abbia pensato che il Pro Tour fosse il paradiso del ciclismo e che potesse portare soldi a tutti, ma la realtà è che il progetto originario è fallito. Che il Pro Tour fosse una mezza bufala fu chiaro sin dalle licenze addirittura annuali date a determinate squadre, seppure il progetto fosse stato presentato sin da subito come quadriennale. Mi sta anche bene che non l'ammettano e continuino a perseverare, purché tutto questo finisca presto».
Nella chiacchierata interviene anche Flavio Miozzo, ds Tenax con un passato alla Saeco e all'Acqua&Sapone, che ha negli occhi più amarezza ed incredulità piuttosto che arrabbiatura: «Siamo costretti a dire ai ragazzi di tenersi sempre pronti per un invito ad una corsa che può arrivare come può non arrivare. Ad esempio poco fa abbiamo ricevuto la conferma dai Gp di Chiasso e di Lugano. Non è facile programmare una stagione in questo modo, ruotare i corridori in questo modo, assecondare i loro picchi di forma e rimediare a qualche infortunio. Anche per i corridori così non è facile mettersi in mostra. Rischiano sempre di restare nel limbo di una costanza di rendimento medio-alta che non li fa né eccellere né brillare».
«E di questo – aggiunge Bordonali – sono responsabili in parte anche la federazione italiana e le altre federazioni che consentono le iscrizioni a determinate squadre molto dopo i limiti preposti concedendo deroghe e allungando sempre un po' il limite di scadenza. Poi sono io però a dovermi confrontare coi miei sponsor, e se a dicembre posso dire che siamo in 8 in ballo per l'invito al Giro d'Italia a febbraio mi ritrovo nel dirgli che da 8 siamo passati a 12 squadre, perché nel frattempo i Marino Basso - cito lui perché è storia recente, non che abbia niente contro Marino Basso come persona - hanno avuto la possibilità di registrare il proprio team all'inizio di febbraio. In quale altro sport succede che delle squadre entrino in gioco a campionati in corso? Ci vorrebbero più professionisti, più manager. Far diventare il ciclismo un'azienda in cui chi decide le sorti di questo sport ne debba rispondere personalmente, sia in caso positivo sia in caso negativo. Sia a livello internazione sia a livello nazionale. Sennò così è troppo facile. Se Colombo non fa bene il suo lavoro all'Accpi, ha sempre la Shimano che lo paga; se Cerato non fa bene il suo lavoro al Cpa, ha sempre la propria azienda che gli dà da mangiare. E, se il ciclismo va male, ci rimette solo la base...».
Probabilmente le squadre che nascono vengono formate anche per una sorta di diritto al lavoro di staff, manager e atleti, ma Bordonali e Miozzo tendono a non crederci: «Le cose fatte di fretta portano più illusioni che realtà. Auguro a queste squadre ogni bene, ma spesso poi a metà stagione o a fine anno si trovano a corto di budget e di uomini e sono costrette ad interrompere le attività. Illudono i corridori, non gli danno lavoro. Un corridore deve capire che se a febbraio nessuna squadra si è interessata a lui, è perché probabilmente deve fare un altro mestiere. Inutile allungargli di un anno l'attività. O forse è utile soltanto ad un corridore su trenta».
Miozzo ci riparla anche della riunione Adis-Pro di novembre, dove i ds si erano dati una sorta di "vademecum" sul loro futuro: «A parole son tutti bravi, ma quando poi i Corti, i Ferretti o i Reverberi si trovano nelle riunioni dell'Uci, sono lì che alzano la mano come tutti. Ma io dico: come si fa a votare per un argomento che non li, e ci, riguarda come il Pro Tour? Perché non rappresentare veramente coloro che si devono rappresentare? Poi dopo adducono scuse più o meno plausibili sul fatto che si è portati, una volta lì, a dire la propria opinione, ma è anche vero che poi tanti guardano al loro orticello senza pensare troppo al futuro».
Annuiamo, anche perché abbiamo vivo il ricordo dei team manager che escludono le "streghe" dell'Operación Puerto più per avere degli avversari in meno piuttosto che per altro. Che la lungimiranza di molti attori del ciclismo sia lontana poco più di un palmo dai loro nasi ci pare evidente.
«Prendete Oleg Tinkov – ribatte Bordonali - gli hanno fatto fare la "serie A" del ciclismo soltanto perché è entrato con denari sonanti, anche se con i vecchi criteri avrebbe né più né meno di una squadra di seconda fascia. E invece da terzo sponsor di Tozzi è diventato il primo di Piscina, ha allestito una squadra ed uno staff di medio-alto livello, ha inaugurato la squadra in un posto esclusivo della capitale, ha invitato tanti personaggi del jet-set e praticamente adesso ha un articolo al giorno sulla Gazzetta dello Sport, mentre noi l'anno scorso per la vittoria di Petito alla 4 Giorni di Dunkerque, una corsa Hors Catégorie a cui partecipano tantissime squadre Pro Tour, abbiamo avuto lo stesso trafiletto dedicato alla Granfondo Felice Gimondi. Poi, lo ricordo, a dover spiegare le cose allo sponsor sono io...».
Ci sembra chiaro l'intento di Bordonali. Fa nomi e cognomi non per accanirsi su un personaggio piuttosto che su un altro, ma semplicemente per farci capire con esempi reali ciò che accade nel ciclismo, dove la precarietà, le strizzatine d'occhio e il dilettantismo di certi dirigenti recitano un ruolo, purtroppo, ancora da protagonisti assoluti: «Sono 14 anni che faccio ciclismo da "fermo", ormai – continua il team manager - e non ho mai rubato uno sponsor ad un altro manager. Sulla mia macchina ci sono sempre stati, di anno in anno, nomi di aziende che non avevano mai fatto ciclismo oppure che avevano lasciato da tempo ed hanno deciso di rientrare. Io so prostituirmi soltanto col mio didietro, scusate la volgarità ma è l'espressione che meglio fa capire il contesto. Invece nel ciclismo ci sono tante persone che si prostituiscono col didietro degli altri, svendendosi a costi più bassi e facendo un gioco al massacro che non fa il bene di nessuno. Purtroppo, però, sembra che tante persone senza un'ammiraglia non ci sappiano stare».
«Mi sto sfogando, mi sto sfogando», ha continuato a ripetere ogni tanto, per tutto il tempo della chiacchierata, Fabio Bordonali.
«In fondo – ci dice con la solita voce calma e quasi impercettibile Flavio Miozzo – pensiamo a quanto sarebbe bello poter stare un'oretta, come adesso, a parlare soltanto di ciclismo pedalato e di quanto forte spingeva Boonen sul Koppenberg (e guarda la foto di aprile sul calendario che sfoglia ammirato), invece che stare qui a lamentarci per il Pro Tour, per gli sponsor e per il doping, che adesso non abbiamo affrontato ma che nel ciclismo lo si nomina ogni due per tre...». Eh già, sarebbe bello. Veramente bello.