Si riparte da Hushovd - Aria pesante, il prologo va a Thor
Dopo lo sfogo, dopo lo smarrimento, dopo il flusso di coscienza, bisogna tornare necessariamente al ciclismo pedalato, e raccontato. Il ciclismo di un Tour de France che è iniziato malgrado tutto, fedele allo stantio luogo comune che recita che il Tour è superiore anche ai suoi protagonisti; e come tale, può passare su tutto e tutti. Può spedire a casa dei corridori (anche se non direttamente, ma per interposta persona: leggi, i team manager) basandosi su chiacchiericcio, in assenza (o in attesa) di qualche prova certa a loro carico; può perpetrare delle ingiustizie (quella ai danni di Vinokourov è spaventosa: il kazako escluso perché 5 suoi compagni di squadra lo sono stati a loro volta, e in 4 la Astana-Würth non poteva nemmeno partire, stando ai regolamenti, regolamenti che però altre volte vengono piegati alla bisogna), e poi dare il via alla kermesse come se niente fosse.
Il Tour è un carrozzone che col suo stesso peso non può fare altro che schiacciare chi gli si para davanti, e si trova a volte nella condizione di dover buttare via il bambino con l'acqua sporca, alla faccia del garantismo (se proprio non vogliamo parlare di "umanità", brr, che parolone).
E allora, il Tour è partito, nel giorno in cui un visibilmente scosso Ivan Basso (malgrado ripeta come un karma, più a se stesso che agli altri, "Sono tranquillo, sono sereno, dimostrerò di non c'entrare niente con questa vicenda") è tornato mesto in Italia, a vivere una quotidianità coatta cui non avrebbe mai pensato di essere ridotto in queste tre settimane che per tutti (lui per primo) avrebbero dovuto coincidere con la sua affermazione più importante, dopo il già eccezionale Giro d'Italia.
Il Tour è partito senza Basso, il cui grado di coinvolgimento nell'inchiesta antidoping spagnola è tutto da chiarire, dimostrare, verificare, anche se la Csc e Riis ci hanno messo un secondo a scaricarlo, sospendendolo in attesa che si faccia luce sulla sua posizione; bella soprattutto la faccia tosta di Riis, che fino all'altro giorno si comportava da padre putativo di Ivan, ed ora prende le distanze.
Ed è partito, il Tour, senza Ullrich, senza Mancebo, senza nove corridori a vario titolo invischiati nell'Operación Puerto, e senza altri 4 che invece non c'entravano nulla (i superstiti della Astana, per l'appunto).
È partito, come di consueto, con un cronoprologo. A Strasburgo, 7 chilometri su cui costruire le prime architetture della corsa, e al termine dei quali assegnare la prima maglia gialla del 2006. Manca Armstrong, che si è ritirato l'anno scorso un attimo prima che la baracca crollasse (solo sesto senso?); manca Basso, manca Ullrich, manca Mancebo, manca Vinokourov: per la prima volta nella storia mancano tutti i primi cinque dell'edizione precedente, un vero e proprio terremoto.
E in una corsa come questa, del tutto priva di padroni, ci si può aspettare di tutto. A cominciare, per esempio, dal veder vincere il prologo a Thor Hushovd, il più potente dei velocisti, che la fa in barba agli specialisti del cronometro e a tutti gli uomini di classifica e va a issarsi per primo sulla vetta del Tour.
Il norvegese l'anno scorso aveva conquistato la maglia verde della classifica a punti senza vincere una tappa, ed evidentemente aveva proprio un'impellente urgenza di colmare quella che riteneva una lacuna. L'inseguimento alla verde 2006 può ripartire, e stavolta comincia proprio col piede giusto.
L'avversario più quotato di Hushovd è quel Tom Boonen che per ora paga 11", e che con Thor darà vita nelle prossime tappe (ce ne sono una marea per i velocisti, a partire dalla Strasburgo-Strasburgo di domani, 184 km molto facili) ad una lotta senza quartiere per gli abbuoni (che valgono il primato in classifica) e per i traguardi parziali, in attesa che la corsa entri realmente nel vivo (il che avverrà solo sabato prossimo, con la cronometro di Rennes).
Da domani gli uomini da classifica si faranno quindi da parte, dopo essersi scaldati nel prologo. George Hincapie si ricorderà per molto tempo di quei 73 centesimi di secondo che si sono frapposti tra lui e la maglia gialla: secondo in classifica con lo stesso tempo di Hushovd, l'americano si vede sfuggire un'occasione d'oro. Terzo è lo specialista Zabriskie, che in un Tour non esageratamente inerpicato sulle salite come questo potrà giostrare bene.
Quarto è Lang, comprimario che ha guidato a lungo la prova, quinto Valverde, che per molti è ora il principale favorito della Boucle, e che precede di 4" Savoldelli (ottavo e migliore dei nostri), di 5" Landis, di 6" il suo compagno Karpets, di 9" Evans, di 10" il redivivo Millar (rientrato dopo 2 anni di squalifica), di 13" Klöden, di 16" Popovych, di 17" Leipheimer; altri italiani: Quinziato 13esimo a 12" da Hushovd, Bennati 22esimo a 16", Mazzoleni 30esimo a 19", e poi Ballan e Bruseghin a 23", Simoni a 25", Garzelli a 31", Cunego a 41", Caucchioli a 46".
Questi i piccoli distacchi relativi alla prima giornata di gara. Ma il Tour è tutto da scrivere, anche se molti pensano che il capitolo più importante sia andato in stampa ancora prima dell'inizio.