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Occhio Ivan, Jan picchia - Ullrich conquista il Giro di Svizzera

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Jan Ullrich sta tornando Jan Ullrich. Ovvero un corridore che è stato se stesso solo in poche, circoscritte, memorabili occasioni. All'inizio della sua carriera, per esempio, quando vinse un Tour e non due solo perché nel 1996 venne frenato dalla sua squadra, che puntava tutto sul capitano Riis. O nel 2003, quando, approdato per una sola stagione al Team Bianchi, mise seriamente in difficoltà Armstrong al Tour.
Jan Ullrich sta tornando in sé, il che non vuol dire che ci tornerà compiutamente: gli anni passano, e ogni anno è un acciacco in più, e in questo senso, tra ginocchia e schiena, il tedesco non si fa mancare nulla. Costretto a centellinarsi, a differire in avanti l'inizio di una stagione troppo importante per lui, Ullrich ha conosciuto il fattore salvifico venendo a correre il Giro d'Italia, per la seconda volta nella sua carriera di dissipazione.
Jan al Giro ha faticato, ma correre per lui è il miglior allenamento, e corri oggi, corri domani, a Pontedera ha pure lasciato un bel segno, vincendo una crono che dice in controluce: se un Ullrich dimezzato batte lo stesso Basso a cronometro, al Tour potremmo davvero assistere a una lotta tra titani.
Poi, le ultime corse pre-Boucle. Basso in una sorta di ritiro, prepara e prova tutte le tappe importanti del Tour. I suoi prossimi avversari, si testano invece nel Delfinato e nel Giro di Svizzera. E qui, approfittando certo anche del fatto che non c'era un parterre de roi, ma una pletora di buoni corridori che - allo stato delle cose - non possono certo competere con lui, Ullrich ha vinto. Ha vinto perché non poteva fare altrimenti, il più atteso e pronosticato non poteva farsi sfuggire una corsa che in passato aveva già fatto sua.
Per di più, se a una scarsità di rivali all'altezza aggiungiamo un percorso che era disegnato proprio sulle sue caratteristiche, con quella crono finale a mo' di match point a disposizione del tedesco, piazzata al termine di 9 giorni in cui le poche salite vere erano messe lontano dal traguardo (a parte la frazione di La Punt, con l'Albula), e non si registrava un vero e proprio arrivo in quota.
Detto e spiegato tutto ciò, resta l'inequivocabile vittoria di Ullrich. Una vittoria che certo - per quanto attesa e presumibile - nessuno aveva già ascritto al palmares di Jan alla partenza. Se l'è dovuta sudare, ha dovuto controllare la corsa con la sua squadra (ottimo test per i T-Mobile, che si allenano ad essere i fari della corsa in Francia), e poi ha attaccato in prima persona, a più riprese, per provarsi a fondo, certo, ma anche per il gusto di farlo, anche in tratti in cui non si sarebbe dovuto muovere.
Paradossalmente, Ullrich ha movimentato la corsa nelle frazioni interlocutorie, e l'ha anestetizzata in quelle di montagna. Eppure sull'Albula, lungi dall'essere in difficoltà, Jan ha pure piazzato il suo bell'allungo, prima di cedere il proscenio a Koldo Gil. Sul San Gottardo, alla penultima frazione, ha corso invece un po' alla carlona, lasciando troppo spazio a un gruppo di fuggitivi di valore (gruppo da cui è poi scattato in maniera decisiva un Alberto Contador scintillante almeno per un giorno), e poi sfiancando la squadra in un vano inseguimento nel finale. Ma pazienza, non aspettavamo certo un Ullrich perfetto, e gli errori fanno parte del gioco (e lo rendono più appassionante).
Poi, gran finale, la crono di Berna. Uomini da superare in classifia: Jaksche, connazionale ormai stagionatino che sa sempre come andare forte; e Koldo Gil, una netta crescita negli ultimi tempi che al Tour lo porrà come principale luogotenente di Gómez Marchante, che qui in Svizzera partiva invece per fare la gamba e nulla più. Ullrich, sotto la pioggia che ha flagellato la capitale elvetica e i suoi dintorni, ha vinto la tappa, come tutti si aspettavano; e ha posto fra sé e gli altri lo spazio necessario ad un successo generale limpido. Non come l'altro, ottenuto nel 2004 con un solo secondo di margine su uno Jeker che venne schiantato dalla delusione di vedersi soffiare così, all'ultimo chilometro, una vittoria che sentiva già in tasca.
Ora per Ullrich verrà qualche giorno di mantenimento, per tenere una condizione già a buoni livelli. Se da qui al 1° luglio il tedesco non fa passi falsi, possiamo davvero attenderci un suo ritorno in grande stile al Tour. Dipende da lui. Ma pare aver capito che è alle ultime cartucce di una carriera straordinaria sì, ma in cui ha raccolto molto meno di quanto avrebbe potuto. Forse vuol rimediare, almeno parzialmente. Fossimo in Basso, avremmo il massimo rispetto per questo corridore: non paura, naturalmente. Ma rispetto, quello che si deve a un competitor realmente in grado di fare del male, sì.

Marco Grassi

 

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