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E alla fine sbuca Casper - Sorpresa Jimmy, Hincapie in giallo

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Quando si parla di un Tour senza padroni, evidentemente l'assunto va inteso orizzontalmente, in tutti i settori. L'anarchia è l'unica legge possibile in questa Grande Boucle, e il variegato e movimentato mondo delle volate non fa eccezione: non c'è Alessandro Petacchi, che al Giro d'Italia si è malauguratamente sfranto un ginocchio in una caduta in Belgio, ed è ancora alle prese con la riabilitazione. E in assenza dello spezzino, e soprattutto del suo organizzatissimo (per quanto non sempre perfettamente in orario) treno, anche gli sprint si sviluppano un po' come viene, e offrono soluzioni inattese.
Inattesa come può essere il successo di Jimmy Casper a Strasburgo. 28 anni, un passato da grande promessa del ciclismo francese, un soprannome che deriva dritto dritto dal cinema per bambini (il "Fantasmino"), e che lo circonda di un'aura di simpatia, il corridore della Cofidis non era certo considerato all'altezza degli altri sprinter che popolano il gruppo del Tour. È vero che manca Petacchi, come detto, ma a battagliare ci sono uomini del calibro di Tom Boonen, campione del mondo e corridore sopraffino; Robbie McEwen, universalmente noto come il più scaltro velocista in attività; Thor Hushovd, sprinter talmente completo da aver conquistato la maglia gialla in capo al cronoprologo di ieri; e poi, ancora, ruote calde come quelle di Bennati, di Gálvez, di O'Grady, di Eisel, di Freire (che se non avesse a che fare sempre con mille guai fisici vincerebbe il quadruplo del tanto che già porta a casa).
In questo scenario, Casper partiva come un perfetto outsider, uno di quelli a cui va già bene se riescono a spuntare un piazzamento di tanto in tanto, alle spalle di tale nobiltà dello sprint. Non un velocista puro, ma un adattato, uno che sa andare in fuga, che a volte vince le volate ristrette, con pochi avversari, ma che in consessi importanti come il Tour non si azzarda nemmeno a fare uno sprint di gruppo (tanto è vero che fino a ieri non assommava nemmeno un successo alla Grande Boucle).
Ma questo è un anno spurio per il Tour, lo abbiamo detto e ridetto. E allora succede che a Strasburgo, al termine di una frazione in cui la più classica delle fughe (7 corridori, Portal, Bénéteau, Auge, Sprick, Vaugrenard, Unai Etxebarria e Wegmann) monopolizza l'attenzione per chilometri e chilometri (nell'occasione, 170), ma poi si esaurisce in tempo per lasciar spazio al circo della volata, ebbene a Strasburgo, nell'epilogo della tappa, succede che la confusione la faccia da padrona.
Boonen, il più atteso e pronosticato, viene tradito da uno sciagurato lancio anticipato da parte del compagno De Jongh, che si sposta quando allo striscione mancano 450 metri e quando il vento in faccia è tale da sospingere indietro l'iridato. Hushovd, il principale dei contendenti, non riesce a emergere, e addirittura si fa male, in maniera inconsueta: ai 50 metri, quando vola accanto alla transenna, urta contro un oggetto tenuto in mano da uno spettatore, e si ferisce profondamente al braccio, tanto da accasciarsi al suolo subito dopo il traguardo; gli altri, da Freire a Zabel a McEwen a Bennati, beffati dalla mancata esplosione di potenza di Boonen, rimontano tardivamente. E allora Casper, partendo in progressione, ma in una maniera che 99 altre volte su 100 sarebbe frustrata da un avversario più forte, stavolta imbrocca l'attimo giusto, la giornata della vita, e vince la tappa ubriacandosi di felicità.
Non è l'unico a festeggiare: c'è George Hincapie, quell'Hincapie che ieri aveva masticato amaro per appena 73 centesimi di secondo (quanti l'hanno separato da Hushovd e dalla maglia gialla), e che evidentemente era rimasto proprio col dente avvelenato. E infatti l'americano è andato a prendersi 2" di abbuono all'ultimo sprint intermedio della giornata, a 9 km dal traguardo, e approfittando del mancato piazzamento di Hushovd, ha sfilato al norvegese il simbolo del primato. Poi magari domani lo cederà a qualcun altro, ma anche lui ha provato l'ebbrezza di vestirsi di giallo, per una volta: non è affatto un evento di poco conto.

Marco Grassi

 

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