Anche Freire fa il numero - A Caen lo spagnolo brucia Boonen
Per una volta il Tour 2006 non perde per strada un personaggio (sarebbe l'ennesimo), ma ne conquista uno: Oscar Freire.
Lo spagnolo di Torrelavega ha vinto oggi a Caen la quinta tappa, con una volata di rara bellezza: un'affermazione di individualismo che non ci si aspetterebbe in uno sprint di gruppo, ma Freire ha la classe (altrimenti non avrebbe potuto vincere tre Mondiali) che gli permette di lasciare sempre dei segni distintivi.
Non vince tanto quanto altri colleghi, da Boonen in giù; ma le sue pennellate sono d'autore, e riscattano del tutto la scarsa quantità (dovuta anche a una serie di cronici guai fisici che da sempre bersagliano Oscarito) con un coefficiente di qualità elevatissimo.
A Caen, dicevamo: un traguardo che aspettava la lotta a tre tra McEwen, in un momento di forma eccezionale e già due volte vincitore in questo Tour; Boonen, maglia gialla ma ancora a secco, ed evidentemente parente sbiadito dell'uomo che in primavera fece mirabilie (tra le varie chicche, una volata vinta alla Parigi-Nizza partendo da fermo ai 50 metri, una cosa incredibile); e Hushovd, un successo all'attivo (nel prologo), ma ancora non brillantissimo negli sprint.
Freire, che sempre bisogna metterlo tra i papabili (non foss'altro che per la già citata grande classe), era però considerato un passetto indietro rispetto agli altri tre. E invece, sull'infinito rettilineo d'arrivo, mentre la lotta col coltello fra i denti si sviluppava sul lato sinistro della strada, dalla parte opposta, sbucando fuori quasi dal nulla, ecco lì Oscar, una sparata impressionante, da solo, anticipando tutti. Boonen l'ha guardato, e ha capito subito che anche per stavolta gli stavano sfilando la vittoria da sotto al naso. È partito in un impeto disperato, il belga, e avrebbe azzannato coi denti la ruota impudente di Freire.
Che magari era partito un po' lungo (a poco meno di 200 metri dall'arrivo), ma ha tenuto fino al traguardo, beffando Boonen (che resta in giallo) e gli altri in maniera sopraffina. Niente paura, comunque, domani c'è già pronta una possibilità di rivincita, nella Lisieux-Vitré, 189 km ancora per velocisti; poi sabato un fugace cambio di registro con la crono di Rennes, che darà il primo scrollone serio alla classifica; ma le montagne sono talmente lontane (e ora ci paiono pure abbastanza irrilevanti nell'economia di questo Tour) che la crisi d'astinenza ci spinge ad andare a riguardare alcune altimetrie del Giro per combattere un po' il magone.
Altri spunti di riflessione, che non siano il giusto ma ormai risaputo elogio per una corsa che offre ai bordi delle strade un continuo tutto esaurito, possono venire dalle fughe di giornata (oggi bravi Schröder e Dumoulin, ripresi ad appena 3 chilometri, forse meno, dal traguardo, dopo aver sognato con oltre 10' di vantaggio sul gruppo); o dalle cadute, che si moltiplicano e coinvolgono parecchi corridori, e ogni volta è il panico perché sarebbe il colmo perdere altri protagonisti in maniera insensata; o dall'attesa che - chi l'avrebbe mai detto - coinvolge anche i corridori in attesa della finale dei Mondiali di calcio tra Italia e Francia. Cercare nell'odiato calcio il riscatto per le offese sportive che da oltralpe sono piovute su uno dei nostri più amati campioni (Ivan Basso, c'est lui)? Sarebbe il massimo dei paradossi, eppure prepariamoci a vivere anche questo, in quest'era troppo ridicola per poter essere presa sul serio.