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Valverde già spodestato - Tappa e maglia a Samuel Sánchez | Cicloweb

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Valverde già spodestato - Tappa e maglia a Samuel Sánchez

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Non è stato un governo lungo, quello di Alejandro Valverde al Giro dei Paesi Baschi: è caduto subito, a causa della mozione di sfiducia votata e approvata da Samuel Sánchez e Alberto Contador. Ma nel ciclismo per fortuna non si rischiano elezioni anticipate, e anzi, il murciano già domani potrebbe ottenere un reincarico per guidare la coalizione dei 15 uomini che sono lì in classifica a giocarsi il successo finale.
Se ne avete abbastanza di questa metafora politica che, per quanto in linea coi tempi, non può spiegare il ciclismo nelle sue pieghe, passiamo oltre e parliamo di questa seconda tappa in cui Valverde ha subito perso la maglia di leader della corsa basca. Di terreno buono per trabocchetti e trappoloni, da Irún a Segura ce n'era a iosa: basti pensare che gli organizzatori si sono presi la briga e di certo il gusto di piazzare uno striscione del Gpm su ogni strappetto, per arrivare alla fine a un totale di 12: ben dodici traguardi su colli e collinette, roba che non si vede in nessun'altra corsa del calendario; ma per intuire i motivi di tale messe di salitelle, basta fare una piccola traslazione linguistica, e chiamare questi Gpm "côtes": ecco che il giochetto viene smascherato, e si capisce in pieno perché tutti quelli che vogliono vincere la Liegi (o la Freccia, o l'Amstel) passino da questa regione di confine a battagliare in luoghi dai nomi arcani e ancestrali.
Per Valverde oggi le cose si erano messe bene, con 6 incursori di piccolo cabotaggio partiti a fare la fuga e rimasti allo scoperto, né troppo lontani né troppo a vista, fino alla salita ritenuta decisiva (perché più dura delle altre), l'Alto de Aztiria, con vetta al km 124 (su 155) di gara. Il buon lavoro dei suoi Caisse d'Epargne proprio quando veniva approcciata la salita lasciava presagire addirittura un possibile desiderio di azione dello stesso Alejandro. E invece sono stati i Saunier Duval a darci dentro, soprattutto con Piepoli e Gómez Marchante, e quest'ultimo ha fatto un numerino divertente, andando a conquistare oltre 20" di vantaggio lungo la scalata e conservandoli per buona parte della discesa.
Purtroppo per lui, finita la picchiata, un falsopiano digradante ne ha minato la convinzione di poter resistere tutto solo fino a Segura; o forse a fiaccarlo è stata la riorganizzazione degli inseguitori, che in discesa si sono ricompattati e hanno fatto capire che non c'era spazio per simili imprese, oggi.
Sull'ultima salita di giornata, quell'Alto de Minas che iniziava a 10 km dalla fine, abbiamo però visto i veri pretendenti muoversi e darsi battaglia: Bertagnolli è stato il primo a far brillare qualche mina, scattando deciso e innescando ancora una volta il moto d'orgoglio che ci prende quando un italiano umile va all'estero a fare quello che sa e lo fa bene. Forse Leonardo non sapeva che la miniscossa (ma proprio mini mini) alla classifica sarebbe stata figlia di quella sua azione, o magari lo sperava, ma vedendo se stesso nel ruolo del protagonista.
Invece su di lui si sono portati due Liberty imbelviti, Aitor Osa e soprattutto Alberto Contador, quel giovanotto che ci deliziò al Giro di Romandia dell'anno scorso (quando lo mettemmo - guarda caso - proprio in contrapposizione con Valverde). I due spagnoli hanno messo alla frusta il trentino, che comunque ha resistito con dignità alle trenate degli uomini di Saiz; i tre hanno scollinato insieme, con 16" sul gruppo in cui Valverde stava perdendo qualche riferimento e qualche compagno.
In discesa, poi, ecco venir fuori la voglia matta di Samuel Sánchez, che ha da subito preso di petto i tornanti ed è riuscito in breve a riportarsi sui battistrada. Il problema, per tutti e 4, era che però il gruppo (o meglio: quella decina di superstiti) era lì, pronto ad agguantarli a ridosso del traguardo. E infatti subito dopo il rientro di Samuel sui primi, anche le bici degli altri sferragliavano molto vicine, alle spalle del drappello di testa.
E, come nei peggiori e più scontati finali, ecco il gruppo piombare sui fuggitivi, a 2 km dal traguardo. Ma non facevamo in tempo a predisporci al nuovo successo - il secondo consecutivo - di Valverde, rammaricandoci per la sfumata azione che un suo appeal pure ce l'aveva, che Sánchez ha deciso di ribellarsi all'ordine costituito, e, pescando nella gran riserva lungamente invecchiata di energie (potremmo chiamarla esperienza, magari), è ripartito nel momento esatto del ricongiungimento, cogliendo proprio quell'attimo di rilassatezza che sempre si verifica quando una fuga finisce male.
Ancora più bravo, però, è stato Contador: perché Sánchez, quando è partito, sapeva cosa voleva fare; invece il giovane Alberto ha dovuto leggere nel pensiero del collega, e ha saputo accodarglisi subito, in una fase di gara in cui perdere anche solo mezzo secondo poteva significare tutto.
Quasi non conta, poi, quella volata troppo lunga, che di fatto ha consegnato la vittoria di tappa e il provvisorio primato in classifica al rappresentante dell'Euskaltel (quanta felicità nei Paesi Baschi per questa affermazione della squadra di casa!); pesa di più la piccola scalfittura effettuata nelle certezze di Valverde, che si trova ad avere a che fare con un ragazzino che gli si è messo davanti in classifica e che promette di non mollare la presa nelle tappe mosse dei prossimi giorni, per poi giocarsi tutto nella crono finale.
Tra gli italiani, non arrivano buone notizie dai Liquigas: Di Luca e Garzelli sono rotolati abbastanza lontani. Troppo per Stefano, che in teoria la prossima settimana dovrebbe già essere al top della condizione, e al momento non ci sembra nemmeno vicino; ma troppo pure per Danilo, che a un mese dal Giro poteva anche perdere meno minuti in una tappa insidiosa sì, ma certo non tremenda.
Bene invece Rebellin, ammirevole nella sua costanza ad alti livelli, e per la sua capacità di arrivare puntuale agli appuntamenti che sente più suoi; bene ovviamente Bertagnolli, che attacca e fa classifica, e che riproporrà senz'altro qualche altro assalto nei prossimi giorni; bene Piepoli, che nella sua Spagna ci sta da pascià, e che a 34 anni ha ancora voglia di sbuffare e faticare, anche in una stagione (lui che è un "estivo" fino al midollo) che non sempre gli ha arriso.

Marco Grassi



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