«Pro Tour deleterio per tutti» - Intervista a Bordonali, tm Tenax
Versione stampabileDopo un'annata sfortunata, conclusa con un magro bottino di piazzamenti e nessuna vittoria, la Tenax-Salmilano si appresta ad affrontare la stagione 2006 con nuove forze, ben 10 acquisti su 16 atleti che comporranno la nuova formazione. Il Team Manager Fabio Bordonali ci traccia i progetti della sua nuova squadra.
Come avete archiviato il 2005?
«La stagione scorsa abbiamo avuto qualche difficoltà nei primi 2-3 mesi, perché a parte alcuni corridori già in Tenax, gli altri provenivano tutti da squadre diverse. La difficoltà è stata farli amalgamare tra di loro, capire bene chi lavora in una certa maniera e chi in un'altra, perciò la prima parte di stagione è stata spesa tra malanni fisici e tempo per inquadrare i vari corridori, in modo da gestirli ognuno nel modo più adeguato. Dall'estate in poi siamo stati più competitivi, come dimostra il secondo posto di Pidgornyy al GP Nobili dietro a Damiano Cunego e un buon Campionato Italiano. Poi è stato il primo anno del Pro Tour, si entrava in un tunnel, soprattutto per noi squadre Professional, in cui non si vedeva tanta luce - tuttora lo spiraglio non si vede ancora - però sono abbastanza ottimista che ci sia un po' più spazio, anche per le squadre come la mia, per andare in scena su un palcoscenico più dignitoso».
A proposito di Pro Tour, non sembra molto entusiasta di questa innovazione.
«Direi di no, non solo per le Professional, ma nemmeno i team Pro Tour hanno i valori tecnici e sportivi per poter essere presenti ad alto livello in tutte le corse del calendario. Nel 2005, se andiamo a vedere gli appuntamenti che contano, l'unico in cui erano presenti tutti ad alto livello è stato il Tour. Poi per quanto riguarda il Giro e la Vuelta non è cambiato niente rispetto agli anni scorsi, perché al Giro d'Italia la corsa l'hanno sempre fatta gli italiani e i colombiani, vedi Savoldelli, Basso, Di Luca, Simoni e i corridori della Selle Italia, per il resto le grosse squadre che dovevano venire sono state sempre molto latitanti e stessa cosa è avvenuta alla Vuelta, anzi, in Spagna addirittura ci sono state squadre che hanno ritirato le ammiraglie prima di arrivare a Madrid».
Che modifiche apporterebbe per migliorare il Pro Tour?
«Quando è partito io avevo qualche dubbio e non ero il solo, ora bisognerebbe avere il buon senso di fare un passo indietro e sistemare le cose che non vanno in questo progetto. Purtroppo questo non è facile perché nessuno vuole ammettere l'errore. Fortunatamente gli organizzatori dei grandi giri sono sempre stati alla finestra, provando questa esperienza, anche perché poi a stagione iniziata era difficile adottare delle soluzioni in corso d'opera, mentre ora sembrano avere delle idee molto vicine e molto unite tra di loro, mi auguro quindi che ci sia spazio un po' per tutti. Sono convinto che le squadre stesse del Pro Tour non ce la facciano a fare un calendario così denso di appuntamenti, non hanno la qualità dei corridori per essere competitivi in tutte quelle corse e poi c'è un dispendio economico che sicuramente non vale la pena sostenere, visto che anche prima avevano palcoscenici adeguati e gli investimenti erano più ridotti».
Ma di sostanziale cosa modificherebbe?
«Io diminuirei il numero di team Pro Tour, aumentando di conseguenza gli inviti alle squadre di seconda fascia, perché le 20 squadre che ci sono ora non hanno tutte la stessa qualità, sia come sponsor che come organizzazione. Sarò campanilista, ma è meglio invitare al Giro una Tenax-Salmilano che ci va con l'obbiettivo di dare il massimo, perché è il massimo palcoscenico per questa squadra, piuttosto che una squadra Pro Tour, mi viene in mente una Bouygues Telecom, o una squadra spagnola, che sembra siano andate solo alla partenza a Reggio Calabria e poi siano tornate a casa perché durante il Giro non si sono mai viste. Lasciando perdere il discorso sportivo e passando a quello economico, ci sono sponsor italiani che investono se hanno la certezza di partecipare al Giro d'Italia e in questo bisognerebbe essere più nazionalisti come lo sono i francesi, bisogna pensare anche a noi italiani e a dare spazio a quelle squadre con sponsor italiani, che magari vanno anche ad investire sull'evento. Credo che la Discovery Channel non spenderà mai un euro sul Giro d'Italia, mentre un team con sponsor italiano, se gli si dà la possibilità di partecipare, ottiene un buon ritorno economico, cresce e anno per anno aumenterà il numero e la qualità delle sponsorizzazioni, perché ha una visibilità garantita. Ma queste non sono cose che devo dire a Zomegnan, perché è una persona intelligente, a cui non devo insegnare niente in quanto sa benissimo come funziona questo mondo».
Torniamo a valutare il lato sportivo del vostro 2005; grosse rivoluzioni per il 2006 nel vostro organico?
«L'anno scorso avevo 16 corridori, ne ho tenuto 6, quindi è ovvio che la maggior parte mi ha deluso».
Chi invece si è distinto positivamente nella scorsa stagione?
«Pidgornyy su tutti. È un corridore di ottime qualità ancora un po' grezzo a livello tecnico ma con dei margini di miglioramento notevoli. Poi ci sono altri che hanno delle buone qualità: Bosisio, Murro, Pietropolli stesso che ho riconfermato dopo 3 anni perché ha avuto un'annata veramente sfortunata e gli ho voluto dare un'altra possibilità. Anche Ginestri ha avuto una stagione rovinata da una fastidiosa bronchite che gli ha fatto perdere parecchi mesi alla ricerca di una buona condizione, però in qualche occasione si è visto, soprattutto in estate, speriamo che anche per lui venga un'annata veramente buona a livello di salute e che possa dare il meglio di se stesso. È un gruppo di corridori, quelli che ho tenuto e quelli che ho preso, che hanno tanta umiltà, spirito di sacrificio, che è un po' quello che rispecchia la mia mentalità. Sono convinto che poi il lavoro alla lunga paghi e mi auguro che questo sia l'anno buono per ottenere qualche successo».
Come è andato il vostro ciclomercato?
«La campagna acquisti partita in agosto ha cercato di puntare soprattutto sulla qualità dei giovani e poi è terminata ultimamente con l'inserimento di 2-3 professionisti, magari maturi ma di grossa esperienza (Baldato, Bossoni, Petito), che oltre ad avere ancora un discreto rendimento in corsa e qualche cartuccia buona da sparare, possono anche aiutarmi ad insegnare il mestiere a quei 3-4 neoprofessionisti che avremo in squadra, in cui vedo delle qualità buone alla base, ma che logicamente vanno fatti crescere lasciando loro il tempo di maturare».
Come mai Timothy Jones non ha reso al meglio nel 2005? Ha avuto qualche problema?
«Timothy Jones non ha avuto niente di particolare. È diventato padre e questa è una cosa molto bella e positiva e io mi auguravo che fosse da sprone. Era venuto da noi con tanti bei propositi e anche io speravo che potesse fare qualcosa di buono nelle corse più impegnative, invece per l'intera stagione è sempre stato poco concentrato, infatti da agosto in poi non l'ho più fatto correre. Quando metti sotto contratto un corridore pretendi anche l'impegno e da parte sua posso dire che non c'è stato. Bado molto al rispetto delle persone e siccome ho rispettato Timothy Jones, mi aspettavo altrettanto, non è stato così e me ne prendo le mie responsabilità visto che il contratto gliel'avevo proposto io».
Ci può descrivere brevemente i nuovi giovani acquisti?
«DeMatteis mi è apparso subito come una persona convinta dei suoi mezzi e molto seria, come lo stesso Cucinotta; non dimenticherei nemmeno Salerno, di cui si dice un gran bene. Poi abbiamo preso 2 sudamericani, Machado che ha fatto la scorsa stagione in Italia fra i dilettanti, denotando buone caratteristiche da velocista ma anche di resistenza; e Uran, sconosciuto in Italia, che ha compiuto i 19 anni il 26 di gennaio: tutti ne parlano bene in Sudamerica, dicono che sia una giovanissima promessa dalle ottime qualità, bisognerà dargli il tempo per crescere, come caratteristiche è un colombiano un po' anomalo, perché si difende bene anche in volata e in pista, speriamo che mantenga le promesse. Non dimenticherei nemmeno Bertuola, che pur non essendo un neoprofessionista, è un ottimo corridore e ha fatto delle belle cose lo scorso anno».
Ambizioni per questa stagione da poco iniziata?
«Logicamente direi una cosa retorica che dicono tutti, ma a noi piacerebbe molto essere invitati al Giro d'Italia. Sono 13 anni che ho una squadra mia, dal lontano '93 ormai ho fatto per una decina di volte il Giro d'Italia e ho sempre svolto un'attività notevole sul territorio nazionale; e anche a livello internazionale, quando avevo squadre più importanti. Mi auguro che si ritorni un pochino indietro e che si abbia la possibilità anche per le squadre come la nostra di partecipare alle corse che contano, non dico solo al Giro d'Italia. Spero inoltre che i miei ragazzi possano centrare qualche vittoria per mettersi in luce e darci grosse soddisfazioni».
Qual è la sua opinione sul percorso rosa del 2006?
«Veramente duro e selettivo, mi auguro che nell'ultima settimana non ci sia brutto tempo. È impegnativo dal punto di vista del percorso ma anche dei trasferimenti. Ma io dico sempre una cosa, che questo è il nostro lavoro e la mattina si parte tutti alla pari, sia con una tappa dura alle spalle, che con un trasferimento, sia che ci sia stato il sole o la pioggia. Per cui la corsa alla fine la fanno sempre i corridori, che fanno diventare dura anche una gara in pianura, come vediamo ad esempio dalle corse in Belgio, dove grosse montagne non ce ne sono, ma il pavè e il vento fanno la selezione lo stesso. Perciò non c'è nulla di cui spaventarsi, indubbiamente le pendenze fanno paura, però ci sono per tutti e vanno affrontate».
Se la Tenax-Salmilano fosse invitata al Giro, chi porterebbe?
«L'importante è essere alla partenza in Belgio, poi lo onoreremo al meglio, come è sempre successo per le mie squadre. Quando avevo i campioni abbiamo vinto qualche tappa, preso la maglia rosa, siamo arrivati quarti in classifica generale (2001) e ci siamo piazzati bene. Nel 2003-2004 siamo andati con squadre garibaldine, ma abbiamo sempre movimentato le tappe con la nostra presenza nelle fughe. Ora, con qualche qualità in più, strada facendo un occhio di riguardo lo potremo dare anche alla classifica, ma sempre cercando di fare del nostro meglio per onorare quella che per molti italiani è la corsa più bella del mondo».
Chi arriverà in rosa a Milano?
«Se Simoni viene con la condizione di fare il Giro per vincerlo penso che sia il favorito numero uno, considerando per lui l'anormalità della scorsa edizione. Poi bisogna vedere se viene Rujano, perché è in atto una piccola disputa con il suo attuale team, e siccome a giugno passerà alla Quick Step e dichiaratamente vorrà misurarsi al Tour, bisogna capire se viene con la condizione di fare bene o per prepararsi all'esordio alla Grande Boucle. Io comunque punto forte su Simoni, se devo essere sincero... Poi se c'è qualche nome nuovo, ben venga che fa sempre bene».
Per lei chi è stato il miglior ciclista del 2005?
«Un corridore in cui ho sempre creduto, ma che non pensavo potesse fare così bene nelle grandi corse a tappe è Di Luca. Ho sempre creduto in lui per le classiche e le corse di un giorno, ma non me l'aspettavo così competitivo nell'ultima settimana del Giro. Soprattutto sul Colle delle Finestre è stato superlativo, considerato anche la piccola crisi avuta due giorni prima sul Colle di Tenda. Se amministrava meglio la tappa poteva portare a casa anche un risultato migliore. Ma non spetta a me dirlo perchè Di Luca è sicuramente un corridore intelligente per capire se ha fatto degli errori, e in tal caso non ripeterli».
Miglior giovane del 2005?
«Il velocista della Panaria Paride Grillo, un giovane di ottime qualità che si è inserito subito anche con una forte personalità».
Chi sarà la sorpresa del 2006?
«Mi auguro uno dei nostri, uno di quei 4-5 giovani che secondo me non sono bravi solo fisicamente ma penso anche che abbiano una buona "testa". Spero che uno di loro si metta in mostra, non dico che debba vincere o inventarsi chissà che cosa, ma perlomeno porsi all'attenzione degli addetti ai lavori».
Come viene trattato in casa Tenax l'annoso problema del doping?
«Noi abbiamo all'interno della nostra squadra delle regole ben precise, perché non voglio aver problemi da questo punto di vista. Poi logicamente al mondo ci sono genitori che hanno un solo figlio che si droga e non lo riescono a seguire, io ho 16 corridori, chi gestisce una squadra Pro Tour ne ha 28, e mica può andare a dormire con loro per capire cosa fanno. Non è quindi facile controllare tutte le situazioni che si possono venire a creare. Però dico anche una cosa, nel ciclismo ci si è dati delle regole forti e c'è tanta disponibilità, perché vi garantisco che quando negli alberghi arrivano gli ispettori alle 5-6 di mattina e iniziano a fare i prelievi, non so chi altro in qualunque altro lavoro lo accetterebbe».
È soddisfatto della visibilità televisiva del ciclismo?
«Siamo fortunati perché la televisione ci riserva parecchie ore, nonostante tutto quello che è capitato al ciclismo negli ultimi anni. Io penso che un altro sport forse sarebbe anche scomparso, se fossero successi tutti i "casini" che ci hanno colpito nelle ultime stagioni, mentre noi abbiamo un zoccolo duro di appassionati che ci ha sempre seguito, il Giro d'Italia è sempre molto sentito, vediamo tanto pubblico lungo le strade e fortunatamente c'è ancora gente che ci ama e che ci segue. Stesso ragionamento anche a livello media, perché se la televisione ci dà questa disponibilità vuol dire che i risultati ci sono, perciò non farei a cambio con qualche altro sport e penso che non possiamo lamentarci».
Qual è il suo rapporto con internet?
«Io sono un po' all'antica anche se ho solo 42 anni, ho un rapporto di odio-amore col computer e lo uso per lo stretto necessario, poi ho la fortuna di essere circondato da persone molto capaci in questo campo e che mi aiutano, e non essendo una cosa che amo particolarmente, delego! Però penso sia una grande fortuna dei giorni nostri, perché velocizza tutto e aiuta tantissimo».