Il vero treno è Cancellara - Roubaix a Fabian, grande Ballan
Fabian Cancellara e il treno; Fabian Cancellara è il treno. Questo 9 di aprile 2006 ci lascia in eredità un vero e proprio tormentone: nel giorno in cui la Roubaix ha rischiato di essere falsata dal passaggio di un treno merci in mezzo alla corsa, un altro treno, molto più bello, più armonico, più musicale, lo abbiamo visto in azione sul pavè e sull'asfalto, a governare una bici lanciata verso un successo che era troppo grande perché potesse incappare nella beffa di un passaggio a livello chiuso.
Fabian ha evitato di un niente le sbarre abbassate, e non poteva minimamente immaginare quello che aveva rischiato, quando, nel velodromo della felicità, si abbandonava all'esultanza sempre sognata. In quel momento lo svizzero figlio di italiani raccoglieva il frutto della sua fatica, ma anche l'effetto della sua predestinazione: se un sarto avesse dovuto cucirgli addosso, a lui e alle sue caratteristiche, una corsa, l'avrebbe tagliata su misura esattamente come la Parigi-Roubaix: un motore di geometrica potenza che sembra essere stato inventato per sgrossare e levigare con le sottili ruote della bici i sassi del pavè, esattamente come il sottile scalpello sgrossa e leviga il marmo: e il risultato è lo stesso, un capolavoro.
Cancellara non è certo l'ultimo arrivato. Nelle griglie della vigilia, era posizionato bello comodo tra i favoriti. Uno oscurava con la sua mole sportiva tutti gli altri: quel Boonen chiamato all'impresa delle imprese, una doppietta in fila all'altra, Fiandre-Roubaix-Fiandre-Roubaix. Un solo blocchetto (di porfido) mancava alla costruzione impossibile. Ma alle sue spalle, Hincapie e Cancellara erano considerati i più pronti a cogliere l'occasione di un'eventuale passaggio a vuoto del Mostro di Mol. I presupposti, insomma, non mancavano.
I primi cento chilometri di gara, con le solite fughe del mattino (tra gli altri, presente all'attacco Dimitri Konyshev, 40 anni e una voglia infinita), erano passati veloci; poi i settori di pavè hanno iniziato a sommarsi l'uno all'altro, e a lasciare traccia di sé nelle scatole nere dei corridori; dopo 160 chilometri, ecco lo spartiacque tra una qualsiasi corsa normale e la Parigi-Roubaix: la Foresta di Arenberg, di cui eravamo stati orfani inconsolabili un anno fa, risistemata nel fondo (meno sconnesso che in passato) e nello scenario (tagliati i rami più pericolosi sugli alberi a bordo strada), ma sempre momento decisivo della corsa.
E quest'anno è stata sì decisiva, la Foresta, se è vero che proprio nel suo attraversamento hanno preso il largo gli uomini che poi sono andati a giocarsi il successo finale. Come ogni novellino che seguisse le vicende ciclistiche da due giorni poteva immaginare, è stato proprio Boonen a mettersi a tirare il collo al gruppo. Un'azione da paura, che in pochi metri ha subito messo in fila indiana il plotone. La Quick Step fino a quel punto aveva controllato con la solita professionalità, lasciando intendere che, una volta di più, non ci sarebbe stato spazio per visioni alternative della corsa.
Però qualcosa si è incrinato ad Arenberg. I passistoni di Lefevere, proprio mentre Boonen faceva il suo show, andavano in apnea, uno dopo l'altro. Nessuno di loro riusciva a tenere il ritmo dei primissimi; lo stesso Pozzato, molto atteso e considerato il secondo uomo del team belga, è scomparso nei meandri del plotone. "Mi sono agganciato con un Csc e ho perso terreno prezioso", ha rivelato poi Filippo dopo la fine. Il fatto è che comunque la squadra è clamorosamente mancata a Boonen, stavolta: Tom, come un generale senza esercito, si è ritrovato a dover gestire una situazione difficilissima in mezzo a un nugolo di colonnelli che, scoprendo il re nudo, avevano deciso di imporre loro la legge.
Già in Arenberg Hincapie e poi - in maniera impressionante - Cancellara avevano raccolto il testimone dal Campione del Mondo in testa al gruppo. All'uscita dalla Foresta, la situazione era eccellente per l'appassionato a casa, molto meno per Boonen. Lui da solo, e poi Van Petegem con Steegmans, Cancellara con Michaelsen, Ballan con Franzoi, Flecha con Posthuma (reduce dalla fuga del mattino), Wesemann con Schreck (altro reduce), Eisel con Guesdon, addirittura Hincapie con Hoste e Gusev (e, a chiudere la fila, un tenacissimo Portal, terzo superstite della fuga primigenia e capace di resistere coi primi, caracollando e smadonnando e stringendo i denti, staccandosi e rientrando, per altri 50 chilometri).
In pratica tutti i favoriti della vigilia erano lì, accompagnati da fior di luogotenenti. All'appello, oltre a Pozzato, mancavano solo Zabel e Klier, ma onestamente bisognava essere veramente incontentabili per contestare la composizione del gruppo all'attacco. E lì Boonen si sarà fatto un esame di coscienza, caro Tom, qua si prevedono tempi grami, lo scenario era già scritto: attacchi a turno, prima uno, poi l'altro, poi l'altro, tutti i suoi rivali potevano fare corsa parallela, e non è che si poteva lasciar andare a cuor leggero qualcuno dei corridori presenti nel drappello.
E anzi, gli è andata anche bene, al belga, visto che poi alla prova dei fatti il turbinio di attacchi ai suoi danni non si è verificato nell'entità prevedibile. Ha prevalso un minimo di attendismo, forse anche di timore reverenziale, perché quella faccia da schiaffi non tradiva la minima paura, e aveva l'andatura di chi dice "attaccatemi pure, tanto oggi vi riprendo tutti con una gamba".
E così esibendo, l'iridato si è disposto a non tirare un metro, ben coperto nel mezzo del gruppetto, anzi preferibilmente nelle prime posizioni (hai visto mai qualche caduta), ma non esposto in prima persona. Se proprio ci tenevano, lo dovevano portare al traguardo, dovevano pensarci gli altri; lui garantiva di non staccarsi e poi di battere tutti in volata; se proprio ci tenevano, e sì che ci tenevano, perché l'alternativa era far rientrare l'orda dei Quick Step (che tiravano il secondo gruppo), e dover rifare tutto da capo: in fondo Van Petegem, Hincapie, Cancellara erano in una situazione per la quale quasi certamente avrebbero firmato alla vigilia.
Ci è voluto però un magnifico Flecha per iniziare a picconare il granito iridato. Uno scatto, un cambio di ritmo, una progressione; uno scatto, un cambio di ritmo, una progressione; uno scatto, un cambio di ritmo, una progressione, ma dove le prenderà tutte queste energie lo spagnolo? E Boonen, giù pancia a terra, a chiudere quando c'era da chiudere, e ad accelerare quando c'era da anticipare qualche idea malsana dei rivali; lo fai una volta, lo fai due, alla terza già inizi a chiederti se non ti stia spremendo troppo e prima del tempo, alla quarta capisci che le sensazioni negative non erano infondate, anche Maradona non vinceva le partite da solo, dopo tutto.
Importante, però, era la regola della sfinge: non far trasparire nulla, magari il bluff riesce.
Ma i giocatori seduti al tavolo della Roubaix erano stati pescati tra i più scafati del gruppo, difficile immaginare un corridore con più arguzia, con più acume, con più mestiere di un Van Petegem, tanto per fare un nome; fiammingo pure lui, per di più, e quindi naturalmente rivale; il presunto bluff, con simili veltri alle calcagna, non era per niente facile.
Intanto, tra un attacco e l'altro di Flecha, la situazione si evolveva, il gruppo si scremava, le energie si consumavano. Noi avevamo perso molto presto Franzoi, ci restava un Ballan più battagliero che mai, determinatissimo a non cedere un metro. Hincapie, un pezzo da 90, un vero maitre del pavè. E Cancellara, ecco l'altro, sempre lì in seconda-terza ruota, occhio spalancato sulla corsa, pronto ad azzannarne ogni possibile sviluppo, o a dare la trenata quando il caso l'avrebbe richiesto. Come a Mons-en-Pévèle, per esempio: Fabian avanti a tirare, Flecha pronto a partire in contropiede, e la sfortuna più nera che decideva di dedicare un po' di pomeriggio al ciclismo, diamo un'occhiata a questi pazzi su queste mulattiere, chi prendiamo di mira, questo no, questo no, questo no... Ecco, questo. Quello, quello alto ed elegante, quello americano, quello che vive nel mito della Roubaix.
George Hincapie, lui. L'avrà squadernata lui la bici, le avrà chiesto troppo? Oppure quell'infame manubrio era fissato male? O doveva rompersi, e si è rotto? Si è rotto. È rimasto tra le mani di George, un lampo di terrore negli occhi, la funambolica capacità di dare uno scarto indietro per non cadere di faccia sulle pietre, ma siamo uomini e non trapezisti, e cadere si cade lo stesso, non di faccia, ma di cuore. Il cuore frantumato lì, in mezzo alla campagna, e come raccoglierne i pezzi, come solo immaginare di poter ripartire, con gli scatenati compagni di giochi che non ti aspettano (come potrebbero?) e la Roubaix, amata, amara, desiderata, matrigna, se ne va con loro e con un altro anno che si aggiunge ai precedenti; iniziano a restarne sempre meno per ritentare l'assalto; e il peso di una carriera incompiuta ti schiaccia, in quei momenti non ti lascia respirare, non ti fa vedere un colore diverso dal nero, non ti lascia alternative. In quei momenti puoi solo sederti sul ciglio di una strada maledetta; puoi solo metterti la testa tra le mani; puoi solo piangere. Perché io, perché proprio io? Accidenti George, accidenti. Qualcuno dice che la fortuna è cieca ma la sfiga ci vede benissimo; falso, perché se ci vedesse, non avrebbe colpito proprio te, avrebbe avuto un sussulto di dignità e si sarebbe rivolta altrove.
Tutti si sono girati, al rumore sinistro della bici di Hincapie sfranta su Mons-en-Pévèle. Hanno capito che tutto cambiava, in quel momento, gli equilibri andavano reimpostati. E più di tutti, l'ha capito Boonen. Cinico, forse, ma à la guerre comme à la guerre, se non ne puoi più di difenderti conviene attaccare, e se proprio devi attaccare, conviene farlo quando c'è un attimo di disorientamento. Il tratto di pavè era ancora lungo, c'era spazio per fare qualcosa, e Tom fa, fa e disfa. Porta via un quartetto, con lui c'è Cancellara, questo Cancellara è uno squalo oggi; e c'è Van Petegem, figurarsi se il vecchio Peter si lasciava sfuggire il pulmino della festa; e, mirabilie!, Ballan!
Più adatto al Fiandre, forse, perlomeno per i risultati già ottenuti e cassati; ma Alessandro ha dimostrato di esserci per intero, di non essere una meteora, di sapersi destreggiare alla grande anche qui, sulla strada che porta a Roubaix. Dietro, non troppo lontani, Hoste e Gusev, ed Eisel, e soprattutto San Flecha, che si reinventa Discovery e guida l'inseguimento, spronando al ricongiungimento Hoste e Gusev che ancora erano disorientati dall'incidente occorso a capitan Hincapie.
Gusev ha fatto un sacco di cose. Ha tirato per Hoste, e ha chiuso lui il buco. E poi più avanti, a Cysoing, ha preso male una curva ed è andato giù, e andando giù ha coinvolto nel capitombolo anche Ballan, pensa che danno ci stavi per fare, ma invece Alessandro non vuol saperne di arrendersi, scatta in piedi come una molla, recupera al volo la bici (che era rimbalzata sulla schiena di Flecha), e prima ancora di dare il tempo al dolore di reificarsi sul fianco battuto sul pavè, è lì che spinge e pesta, riprendendo il ritmo e riportandosi rapidamente in scia dei primi; il dolore sarà un affare di cui curarsi stasera, per ora conta solo pedalare.
Rientra pure Gusev, ed è lui che dà il la all'azione che porta in Svizzera il blocco celebrativo. Succede a Camphin-en-Pévèle, come al solito Flecha è in testa a folleggiare, ma l'accelerazione del russo è un pungolo per Cancellara, che intravede il momento della vita, si mette a ruota di Vladimir e poi decide di fare da sé, parte come un forsennato, Gusev lo tiene e non lo tiene, non riesce a dare un cambio e poi alla fine, al Carrefour de l'Arbre, lo manda al diavolo e resta a galla col suo passo, mettendosi l'anima in pace. È lui, Gusev, il primo a capire che Cancellara sta facendo il colpo, che non lo prende più nessuno, che sta volando dritto dritto nell'albo d'oro.
Su di lui, sul russo, arrivano poi Van Petegem e Hoste. Quasi quasi ci riesce anche Ballan, che però ha perso l'attimo giusto. Sì, ma Boonen? Boonen è lì, naviga a vista, vede i colleghi sfrecciargli accanto e non può fare molto di più che non perdere la testa, amministrarsi, evitare il naufragio. Il ciclismo non è matematica, non vinci sempre, e, anche, non fai sempre la corsa che vorresti. Ci sono le giornate che si mettono storte, anche per colpe non proprie, e sono forse quelle giornate in cui capisci che l'invulnerabilità è una favola, e che non esiste un atleta talmente forte da vincere contro tutti. Boonen resta lì, insieme a Flecha, il suo carnefice, quello che l'ha sfiancato. Riprendono Ballan, ma la corsa è ormai fuggita via, non ci sono appelli.
Poi il passaggio a livello, di cui parliamo a parte, e a cui scampa Cancellara ma non Van Petegem e Hoste e Gusev, che lo superano quando non potrebbero e saranno squalificati; Boonen e Ballan e Flecha si fermano sbigottiti di fronte al merci. Nessuno di loro avrebbe comunque ripreso Cancellara e gli altri. La giuria regala a Tom e Ale il podio, togliendolo a Hoste e Van Petegem; cambia il contorno, non il senso della questione: la superiorità di Cancellara, oggi, era indiscutibile; o almeno lo è diventata chilometro dopo chilometro. Per le rivincite, ripassare tra dodici mesi.
Le pagelle della Roubaix
Cancellara - 10
È stato perfetto sin dalle prime battute di gara, prendendo nelle posizioni d'avanguardia la Foresta d'Arenberg e mantenendo costante il suo ritmo - anche grazie alla presenza di Michaelsen, suo compagno di squadra, appena dietro di lui - fino all'uscita, riprendendo mano a mano tutti i fuggitivi della prima ora. A Camphin-en Pévèle ha deciso di innestare il turbo ed il solo Gusev ha saputo accodarsi. Fino al Carrefour de l'Arbre, però, perché lì Fabian al turbo ha aggiunto la turbina, e s'è involato verso un meritatissimo successo. L'avremmo definito "un treno", ma più giù vi spieghiamo perché abbiamo evitato.
Hincapie - 9,5
Non ci interessa il risultato. Ma Mons-en-Pévèle rimarrà un ricordo indelebile, come mille altri alla Roubaix, per il newyorkese di Bruyneel. Non gli bastava la cunetta del 2002, neanche le tante volte in cui si è giocato più o meno fino all'ultimo le proprie carte al velodromo: no, non gli bastava, e stavolta è stato il proprio manubrio a tirargli uno scherzetto assolutamente non divertente e fuori luogo. Gli si è staccato. No, non rileggete la frase per cercare l'errore. Gli si è letteralmente smontato il manubrio tramite le sollecitazioni del pavè!!! Avremmo pagato di tasca nostra per rialzarlo o quantomeno per asciugargli le lacrime che, copiosamente, stavano scendendo (e stanno continuando a scendere, ci scommettiamo) sul volto dell'ex luogotenente di Armstrong ed alfiere degli americani al Nord. Ci venne la pelle d'oca quando vinse la tappa pirenaica di Saint-Lary-Soulan, e un po' ancora ci vengono strani pensieri se proviamo a vederlo battersi coi migliori in salita alla prossima Grande Boucle. Ma non vogliamo essere ingenerosi, non possiamo e non dobbiamo. Profonda solidarietà, George.
Ballan - 9
Pimpante, bello, slanciato, potente, agile, poderoso, leggiadro, stanco, affaticato, dolorante, diffidente, attardato, coraggioso, temerario, impolverato, affranto, sfrontato, pallido, determinato, veloce, concentrato. Abbiam finito gli aggettivi. Sesto o terzo non conta: anzi, conta solo per i punti Pro Tour e per il podio di una corsa stupenda come la Roubaix. Quella progressione post-caduta è stata stupenda, sceglie Boonen come ruota al Carrefour de l'Arbre e non Van Petegem (Cancellara era imprendibile), che pure era stato il suo faro fino alla scivolata di Gusev: inesperienza. "Signor Corridore", confermiamo con gioia tale appellativo.
Boonen - 8,5
È umano. Non fosse per Cancellara, sarebbe la vera notizia del giorno. Tom s'è stancato, oggi. S'è stancato tanto, e Flecha e lo stesso svizzero della Csc hanno contribuito molto a tale stanchezza. Lasciato solo dalla squadra, è parso in grado di amministrare facilmente la corsa fino ad una ventina di chilometri dall'arrivo. Poi Fabian gli si è affiancato, lo ha visto con la bocca aperta in ipoventilazione a cercare più aria possibile da incamerare. In affanno, in pratica. Era in verità apparso un pochino meno altezzoso alla vigilia, un po' meno spavaldo, forse sentendo un po' la pressione. Tiriamo un sospiro di sollievo, però. Van bene i Fenomeni, van bene i Mostri, per carità: ma gli automi fan paura. Tom è un Fenomeno, un Mostro. E un uomo.
Française des Jeux - 8
Per una squadra francese, piazzare due (o tre ?) uomini tra i primi 10 è un fatto assolutamente storico e meritorio. Bravissimo Eisel, bravo Guesdon, applausi anche a Mengin. Non erano certo loro a dover attaccare i migliori: dovevano salvarsi e puntare alla sorpresa, e possiamo dire che la sorpresa è assolutamente arrivata. Molte volte abbiam puntato il dito contro le squadre transalpine, e certo una rondine non fa primavera. Oggi, però, son stati bravi.
Flecha - 6,5
Costantemente coi primi alla Roubaix, ama questa corsa e si vede: forse la ama troppo, però, visto che il prezioso punto d'appoggio offertogli da Posthuma è stato pressoché ignorato dallo spagnolo, che pure in più tratti di pavè ha provato ad assestare il colpo decisivo. Troppo generoso, troppo solo ed avversari abbottonati (ci riferiamo soprattutto ai Discovery e ai Davitamon, e ci avremmo aggiunto Michaelsen, ma con un Cancellara del genere abbiamo capito il perché). Quando doserà un po' meglio le (tantissime) energie, vincerà la Roubaix.
Franzoi - 6,5
Esce in quinta posizione, o giù di lì, dalla Foresta di Arenberg, e con l'amico-teammate Ballan son gli unici due italiani in testa alla corsa, quando questa si accende. Molto pimpante, ma ha patito la distanza quando i battistrada hanno affrontato Tilloy - Sars-et-Rosières. Bravissimo Enrico, comunque!
Portal - 6
L'anno scorso ci riuscirono Brard e Coyot, quest'anno ci ha provato con ogni mezzo lecito Nicolas Portal a restare attaccato coi denti alla scia dei più forti del plotone. Ci è riuscito anch'egli fino a Rosières, quando con Franzoi son stati scacciati all'indietro. Menzione speciale anche per Schreck, Pronk, Hoj, Flores, Posthuma, Righetto e Bergès. E menzione specialissima per Dimitri Konishev: 40 anni e la voglia di giustificare l'invito dell'Aso al Team L.P.R. dopo il ritiro di Pieri. Monumentale.
Hushovd - 5,5
Inizia a forare al ritrovo di partenza. E poi prosegue, imperterrito, per tutto il percorso. Appena passata Arenberg, si ferma per la terza volta. Roba da pianto e da crisi di nervi. Ci riproverà.
Pozzato - 5
Vederlo pedalare, anche sul pavè, è uno spettacolo puro. Elegantissimo e potente. Però esce da Arenberg già con un minuto abbondante di ritardo da Cancellara. Temeva quell'ingresso, ed evidentemente la paura ha prevalso sulla classe. Ha lamentato un contatto con un Csc che gli ha fatto perdere posizioni, ma il succo non sarebbe cambiato. Però, pedalando in quel modo, quando la classe sarà accompagnata da un po' più d'esperienza lo vedremo lottare davanti.
Discovery Channel - 4,5
«A piedi, fino a Lourdes!». Fossimo in Bruyneel, ci autoinfliggeremmo questa punizione, e ci faremmo seguire a braccetto da Hincapie, Gusev ed Hoste. Il manubrio che si stacca e ammacca il newyorkese, la sbarra che si abbassa e colpisce le teste del belga e del russo. Una situazione tattica favorevole (dopo Arenberg c'erano 3 Discovery, 2 Csc, 2 Davitamon, 2 Française, 2 Lampre, poi un Rabobank, un Quick Step ed un Caisse d'Epargne), una condotta di gara troppo parsimoniosa (Gusev avrebbe dovuto attaccare da più lontano, sull'asfalto, e non seguire Cancellara sul pavè), e poi le tre docce fredde. Hincapie caduto e a casa in lacrime. Hoste 2° e Gusev 4°: prima della squalifica, però. Dopo, a casa in lacrime, ci son andati tutti gli "esploratori".
Quick Step-Innergetic - 4
«Quanno ce vo', ce vo'», impossibile non ammetterlo. Squadra che si sfalda molto presto, Pozzato un po' timoroso, Knaven assolutamente impalpabile, gli altri addirittura non pervenuti, a parte i soliti Hulsmans e Cretskens che si sono sfiancati nei primi chilometri. Lo stesso forcing di Boonen nella Foresta di Arenberg li ha tagliati fuori dai giochi. Poi la classe di Tom ha salvato la baracca, ma sicuramente la non-brillantezza finale del campione del Mondo è dovuta anche alla solitudine post-Arenberg patita dal ragazzone di Mol. Fortunatamente, Discovery e Davitamon non hanno infierito. Anzi.
Hoste, Van Petegem e Gusev - 3
Sono stati sfortunati. Non hanno avuto lucidità. Si son trovati in ballo, ed hanno ballato. Queste son solo tre (come il voto) delle probabili "giustificazioni" alla leggerezza che li ha portati alla squalifica. Inevitabile. Le colpe dell'organizzazione sono maggiori, per carità, ma dei corridori devono sapere il regolamento. Soprattutto Van Petegem, con l'esperienza che ha, non doveva passare con le sbarre del passaggio a livello abbassate. Peccato, perché se Hoste era stato un po' anonimo per tutto il giorno, Van Petegem è stato quello che, dopo Cancellara, ha pedalato meglio sul pavè e Gusev, nonostante la caduta, è stato l'unico a tenere (seppur per poco) il passo dell'indiavolato svizzero. Dietro la lavagna.
ASO - 2
Ad un tratto della Roubaix è apparso un cartello che recitava (più o meno) così: «Merci, Jean-Marie!». Quel grazie era riferito a Jean-Marie Leblanc, ex patron del Tour de France ed attuale presidente del comitato "Amici della Roubaix": gli sarà anche amico, non lo mettiamo in dubbio, ma evidentemente deve essersi inimicato qualche pezzo grosso delle ferrovie francesi. Cancellara precede anche il treno, e va bene, ma Gusev, Hoste e Van Petegem no. E neanche Ballan, Boonen e Flecha. Fortunatamente, qualche causa di forza maggiore (divinità? geometrie astrali? mah...), induce un motociclista al seguito a consigliare la giusta prudenza al terzetto comprendente l'iridato. Fortunati loro tre, fortunato Jean-Marie, fortunatissima l'Aso: il treno passa dopo 4 o 5 secondi dopo il loro stop. Un treno merci. Come? Merci? Cacchio, riprendete quello striscione: «Merci, Jean-Marie!»... lo stavano avvisando, altro che "grazie"!
La chiave tattica
Dal momento in cui Boonen è rimasto senza squadra all'uscita da Arenberg, il tema tattico è stato chiaro: tutti contro di lui, che alla lunga avrebbe pagato gli sforzi per chiudere su ripetuti attacchi. In quest'ottica va letto lo sforzo che hanno fatto i suoi compagni di fuga per portare avanti il tentativo, sacrificando magari le seconde punte (Michaelsen, e anche gli stremati Posthuma e Schreck); il rischio era quello di portare in carrozza la iena di Mol fino al traguardo, ma era il rischio minore, rispetto a far rientrare i suoi compagni, che dietro stavano tirando con convinzione. Un rischio che, alla luce dei fatti, ha pagato. Peccato che solo Flecha ha interpretato fino in fondo il ruolo di attaccante, pungendo a ripetizione Boonen. Dal canto suo Cancellara, per vincere, s'è affidato soprattutto alla propria forza, alla propria forma ed alle proprie sensazioni. Ha guardato in faccia Boonen ed è scattato deciso. Non si è curato di Gusev ed ha proseguito imperterrito per la propria strada. Sicuramente la presenza di Lars Michaelsen nel drappello dei battistrada post-Arenberg l'ha tenuto tranquillo fino alle fasi veramente decisive della corsa. Lampre-Fondital e Française des Jeux non potevano, francamente, correre diversamente.
L'errore
Discovery Channel e Davitamon-Lotto meritano il cappello d'asino con pieno merito: isolano Boonen ed è apprezzabile, tirando come forsennati il gruppo avvantaggiatosi nella Foresta di Arenberg. Ma Gusev e Steegmans dovevano sgravare il lavoro delle proprie squadre scattando, magari insieme, in qualche tratto di strada asfaltata e far lavorare la Csc di Cancellara (anche se Michaelsen avrebbe potuto accodarsi) e magari lo stesso Boonen. Invece si sono accontentati del piazzamento, e la classica legge del contrappasso ha voluto che anche i piazzamenti conquistati - col podio di Hoste e Van Petegem - fossero rimessi in discussione. Da un treno. Cancellara? Ehm...