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Il più sveglio è MagicEwen - Petacchi dorme, Robbie colpisce

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Se Robbie McEwen fosse vissuto ai tempi di Casanova, nessuno avrebbe sentito parlare del celeberrimo amatore veneziano: e sì, perché questo gli avrebbe fregato tutte le fidanzate. Non è plausibile abbassare la guardia, distrarsi un attimo, volgere lo sguardo altrove anche per una frazione di secondo, quando nei dintorni c'è MagicEwen. Perché come lo fai, lui ti bastona. Ti ruba le amanti. Ti vince le tappe del Giro d'Italia. La seconda, per la precisione, a Charleroi.
Anzi, a Marcinelle. E non per essere pignoli: perché Marcinelle è un nome che tutti ricordano, qui si consumò la terribile tragedia di 262 minatori l'8 agosto del 1956, scavavano nel carbone, rimasero sottoterra. 136 erano italiani. Viva il ciclismo che ricorda, celebra, onora questi momenti di storia patria. Il ciclismo resta il più potente elisir della memoria di cui possiamo disporre.
A Marcinelle, periferia di Charleroi, era fissato l'epilogo della seconda tappa del Giro. Ancora in Belgio, e ci resteremo per altri due giorni. Dopo il fantasmagorico prologo (anzi, prima tappa) di Savoldelli, toccava ai velocisti. E anche ai primi fuggitivi: due francesi, Delage (il più giovane del Giro, 20 anni) e Labbe, e il basco Albizuri, e poi l'esperto Missaglia. Scappati al km 32, ripresi (Missaglia e Albizuri, gli ultimi a mollare) al 179, a 18 dal traguardo.
Squadre dei velocisti padrone assolute della situazione. Quick Step, per Bettini che vuole guadagnare abbuoni, per avvicinare la maglia rosa che vorrà conquistare domani a Namur; e soprattutto Milram, per Petacchi, lui, la Stella Polare della categoria, l'uomo che va forte come un treno, il nostro sprinter dei sogni; ma c'è un'altra stella, una stella solitaria come certi sceriffi del vecchio West, e vedremo quanto saprà far piangere il bell'AleJet.
La Quick Step lavora fino ai 6 km dal traguardo. Tiene allungato il gruppo, tiene Bettini nelle posizioni di vertice, impedisce che qualche avventuriero scatti a sorpresa per anticipare lo sprint. Poi cede il testimone alla Milram, spettacolo di treno dagli automatismi sempre più affinati. Il capitano Petacchi, che fin lì è stato a ruota di McEwen, può mettersi al proprio posto, nel vagone reale, in attesa di fare la sua sparata sul rettilineo finale. E allora Robbie, australiano fino e furbo, capisce che i ruoli si invertono, prende lui la ruota dello spezzino, come del resto ha fatto in altre mille occasioni.
A velocità sostenuta, tra le tante spallate che caratterizzano questo finale infuocato (è un miracolo che vada per terra il solo Kolobnev, stretto tra Flickinger e Rigotto), si arriva al rettilineo conclusivo. La strada è in leggera, leggerissima ascesa. La Milram è perfetta. Sacchi si sposta, si mette a tirare Rigotto. Velo non c'è, si è infortunato, l'ultimo uomo di Petacchi allora è Ongarato, e non si può dire che anche lui non faccia il suo dovere come da copione: niente scuse, la squadra lancia AleJet in maniera ottimale.
Ma succede l'imprevisto. Il problema è che però in una volata tale imprevisto è sempre dietro l'angolo, e non bisogna stupirsene; bisogna tenere gli occhi aperti. Petacchi no, invece, Petacchi dorme, sonnecchia, e quando parte Pollack, tedesco abbonato ai secondi posti (una sorta di Zabel in sedicesimo), non lo vede, o non lo sente, o non se ne cura più di tanto.
McEwen invece, che la sa lunga, non perde tempo. Non appena Pollack si mette in movimento, Robbie gli è già sulla ruota, lo tampina, non gli lascia nemmeno un metro. In una frazione di secondo l'australiano (capito perché continuiamo a considerarlo il corridore più scaltro di tutto il gruppo?) ha capito che Petacchi è un cavallo perdente, e che deve subito mollarlo se vuole seguire l'onda della vittoria.
Pollack è un velocista discreto, non certo eccelso. Per McEwen è uno scherzo affiancarlo, superarlo, staccarlo quasi e vincere a braccia alzate e con ampio margine. Bettini, in forte rimonta, ottiene l'abbuono che voleva: se avesse avuto un altro metro a disposizione, avrebbe pure superato il tedesco e si sarebbe piazzato secondo. Ma va bene lo stesso.
Petacchi, nel momento in cui Ongarato si è spostato, ai 200 metri, ha visto che i buoi erano già scappati dalla stalla: Pollack era lanciato, McEwen lo marcava stretto, e AleJet è rimasto interdetto, ingolfato, frenato. Non è riuscito a dispiegare nulla del suo proverbiale spunto, si è solo lasciato alle spalle quelli che già ci stavano, e che non hanno in due gambe la velocità che lui ha in una. Quarto: un bottino miserrimo per questa tappa in cui tutti lo aspettavamo ad un'affermazione.
Naturalmente non crolla il mondo, ma qualche problemino c'è: il nuovo corso di RcsSport, dall'avvento di Zomegnan alla direzione, ha dimostrato che i velocisti non godranno più delle attenzioni di un tempo. E la scarsità di arrivi ad essi dedicati rende fondamentale capitalizzare al massimo le poche occasioni disponibili. Non ci sono 10 tappe di pianura, per cui ne sbagli una e pensi "pazienza, domani mi rifaccio". Bisogna raccogliere l'acqua quando piove, ed il periodo, per Petacchi e soci, è di siccità.
Paradossalmente, però, il fatto che ci siano pochi percorsi riservati agli sprinter facilita il compito ad AleJet: infatti proprio le poche chance di vincere hanno tenuto ben alla larga molti rivali che potevano risultare insidiosi per le ambizioni dello spezzino. Fondamentalmente l'avversario è uno, Robbie McEwen. E a Marcinelle ne abbiamo avuto una plateale conferma. Petacchi, come già fatto in passato, saprà metabolizzare la delusione per la sconfitta e capirà che deve correre principalmente sull'australiano, visto che tra lui, Robbie e tutti gli altri c'è qualcosa di simile ad un abisso.


Marco Grassi

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