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Il Pagellone del Giro 2006 - Ecco i nostri promossi e bocciati

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Basso - 9,5

Sua Serenità Ivan riesce finalmente a scrollarsi di dosso l'etichetta di non-vincente e, come sempre succede, dopo tanto digiuno rischia di strozzarsi con un'abbuffata. Due tappe vinte con assoluto carisma, un'altra lasciata ad un validissimo - ma lontano anni luce - avversario di montagna, e poi l'ultima, misteriosa, tappa in rosa, per Santiago, che resterà impressa lì, tra il serio ed il faceto, come un punto interrogativo su un momento - eventuale - di mancanza di lucidità.


Simoni - 7,5

Gibo non le manda a dire, o forse sì. Nessuno mette in dubbio le sue parole, ma il modo e il tempo - ma qui c'è concorso di colpa - con cui sono fuoriuscite. Ma il Giro di Gibo non è iniziato sull'Aprica, e dapprima era stato l'unico contendente a voler mettere in difficoltà - seppur senza riuscirci, o comunque non per molto - il leader della corsa rosa. Porta a casa l'ennesimo podio, ma evidentemente gli anni pari non gli portano bene: nel 2004 Cunego, nel 2006 Basso; chissà, forse farà fare amicizia a quei due...


Cunego - 6,5

Dovessimo giudicare solo questo Giro, il voto sarebbe forse più basso (e giochi di parole maliziosi non sono ammessi). Ma non si può. E allora guardiamo alla crescita in corsa, ad una serenità - seppur raggiunta dopo le batoste - che lo rende tranquillo in vista del futuro, con la tappa del Mortirolo che ci ha dimostrato che Damiano può, davvero, tornare a vincere corse importanti. Dovrà crescere, perché di avvoltoi che svolazzano attendendo la sua carcassa ce ne sono già molti.


Di Luca - 3

Dietro la lavagna, con coscienza. Chiedeste a Danilo un voto sul suo Giro, il giudizio non si allontanerebbe molto da quello che vi proponiamo. L'anno scorso era arrivato come co-capitano (per le tappe) insieme a Garzelli, con una corazza di tappe, brevi corse a tappe e classiche all'attivo che lo rendevano pressoché impenetrabile psicologicamente. Gli va dato il merito di averci provato, gli va attribuito il demerito di aver fallito. Danilo, girati, le corse in linea continuano a chiamarti.


Savoldelli - 5,5

Troppo veloce il Falco di Seraing per essere vero; troppo agile il Falco di Saltara per non pensare ad una condizione portata troppo in avanti, troppo presto. E infatti paga regolarmente su tutte le salite, e riesce a salvare il 5° posto solo grazie ai preziosi aiuti di una squadra che - finalmente - è a sua dispozione: Beltrán, Danielson e Rubiera lo scortano bene, ma lui non riesce a salvarsi neanche dall'attacco in modalità "sci nautico" di Cunego sull'Aprica. Piccolo aneddoto: nel 2002 nell'Alexia e nel 2005 in Discovery ha vinto un Giro d'Italia senza gregari. Sente il peso delle responsabilità?


Schumacher - 8

E dire che è strano che uno col cognome così non faccia le volate, e magari non abbia una bici rossa e Alvaro Vitali, ops, Jean Todt in ammiraglia. A parte i nomen omen, il Giro dello Schumi a pedali è stato veramente ottimo; due tappe come quella di Namur e quella di Gemona sono due perle da comprare una teca tutta d'oro ed infilarla nel pertugio dei ricordi da rispolverare in caso di racconto ai nipotini. Qualora la memoria - per qualche caso astrale - gli venisse a mancare, si scriva pure da qualche parte i numeri di Rubiera e Bruseghin, potrebbero aiutarlo.


Petacchi - n.g.

Evidentemente non deve avergli pagato qualche premio dopo una vittoria, a Cioni, visto che quello gli si scaglia contro come una palla da bowling su birilli ignari. Ovviamente non c'è il dolo da parte dell'ex-compagno anglo-toscano, ma soltanto una sfortuna nera e sfacciata. Così sfacciata che ci regala un Petacchi da leggenda pedalare per 50 km con una rotula, quella sinistra, fratturata. E per un ipocondriaco come AleJet è quantomeno un contrappasso che, fregandoci le mani, applaudiamo con vigore ed ammiriamo.


McEwen - 9

Tre su quattro, e due per manifesta superiorità. Questo il bottino del Giro 2006 di Robbie, che inizia anche ad imparare l'italiano visto che l'incontro con Fabretti - o chi per lui - diventa sempre più frequente. La tappa di Marcinelle è un capolavoro, le altre - come già detto - sono quasi troppo facili per essere reali, mentre a Termoli paga il ritmo imposto dalla Quick Step, su tutte, sui saliscendi abruzzesi. Si ritira prima di Domodossola, e magari avrebbe potuto continuare sino a Brescia. Ma ci siamo abituati, ormai.


Rujano - 4/8

A contare le mani degli interventisti e dei pacifisti, nel caso Rujano, ci si dovrebbe sdoppiare gli occhi. Chi pensa sia colpevole? Chi pensa sia vittima? In ogni caso, è un talento che stiamo perdendo, in seconda battuta, è un ragazzo con un carisma fuori dal comune, che fa pentole e coperchi, primi, secondi e condimenti. A volte se li rovescia sul grembiule, altre volte riesce a servire piatti squisiti. Ecco, a volte un menu da trattoria, a noi comuni mortali, ci farebbe capire più cose.


Gutiérrez Cataluña - 8,5

Scoppia oggi, salta domani, il colosso spagnolo è arrivato ad occupare la destra (sì, lo sappiamo che a Milano era a sinistra, ma d'altronde voler un cerimoniere per una manifestazione minuta come il Giro d'Italia sembrerebbe chiedere troppo, no?) di Basso, seppur a 9 minuti e passa. Però, ovviamente, gli altri gli sono tutti dietro, e per di più "el bufalo" è all'ultimo anno di contratto. No, ci spiace, le quotazioni sul rinnovo annuale non sono consentite.


Casar - 7,5

Zitto zitto, quatto quatto, il francesino che si rivelò al mondo a pedali in un Giro di Svizzera di qualche tempo fa si è infilato nella fuga di Domodossola e se ne è andato a nanna con un guadagno di 7 minuti. Sornione, stanco, ma indomito. Si stacca sempre, non molla mai. Il piazzamento è un giusto premio a quel talento che spesso non paga.


Pellizotti - 7

Peschici è stato bello, bello davvero. Una sparata ed uno sprint che non hanno lasciato dubbi: era in formissima. Però il delfino friulano certe pendenze, e le tre settimane, le digerisce molto poco, e solo la grande condizione gli ha permesso di salvare capra e cavoli e portare un minimo di ritorno - in qualsiasi senso voleste leggerlo - alla Liquigas.


Gárate - 8,5

Quando ti parla usa toni dimessi che neanche Naibo, in questo Giro, utilizzerebbe per parlare di se. Però sui pedali questo picchia, vince poco ma vince bene, e quando lo fa è tutto un ringraziare: amici, compagni, famiglia, avversari. I comportamenti, insomma, di chi fa tanti sacrifici per lottare con i più forti. Premio regolarità del Giro per Juan Manuel Gárate, maglia verde, vincitore della tappa del San Pellegrino e 7° in classifica generale. Ah, per inciso, è il campione nazionale spagnolo...


Zomegnan - 6,5

Il voto positivo è per averci provato, l'amaro in bocca è per tante questioni logistiche che hanno costretto tutto il seguito del Giro a trasferimenti massacranti, per il fisico e per la mente. C'è la bellezza dei percorsi, la popolarità del Giro, la gente sulle strade, i risultati d'ascolto in tv, ma il naso un po' ci si storce pensando a Tajani, alla De Stefano, a Vegni e all'ovovia del Plan de Corones. Ci siamo accorti che ama il ciclismo, però, forse, ogni tanto sarebbe da rendersi conto che è, appunto, ciclismo.


Piepoli - 8

Due tappe, e per uno che in Italia non vinceva dalle guerre puniche è già una grandissima prestazione. Due tappe davanti a Basso, e in un Giro dove arrivare davanti a Basso vale almeno - quotazioni SimonRace - 20.000 euro è già una grandissima prestazione. 11° in classifica, e in un Giro dove paga qualcosa come 8'30" nell'unica cronometro è già una grandissima prestazione. Prova a trainare in su Gibo, e in un Giro dove Simoni non riesce a far la differenza è già una grandissima prestazione. Perché 8 e non 10, allora? Beh, perché quella tappa a Gemona, e la mancata lotta per la maglia verde, da queste diottrie, non equivalgono ad una grandissima prestazione.


Martinelli - 4

Cunego 4° e Vila 10°, e se andiamo un po' più giù troviamo anche Tiralongo, Szmyd ed anche Bruseghin e Valjavec, se proprio vogliamo. Ecco, che Martinelli guardi dove sono i gregari di Basso, e Basso. E magari dia anche un'occhiata al lavoro che hanno fatto, alla quadratura intorno al proprio leader, ai tentativi di fuga, agli applausi dopo una prestazione. Ecco, magari Martinelli pensi a quanto - in questo Giro - si è fidato di Cunego. Bastone e carota va bene, ma invertirle può essere controproducente.


Riis - 5,5

Il giudizio su Martino indurrebbe a pensare ad un voto altissimo per il tm della Csc. Ma una pulce che ci si è appena saltata nell'orecchio ci fa pensare che lo sfogo di Bjarne dopo l'atto di generosità di Voigt sul San Pellegrino, beh, quella ripresa e quell'invito a vincere sempre, quando possibile, beh, siccome conosciamo un po' Ivan, beh, siccome gli auricolari son collegati 8 ore su 7, in corsa, beh, siccome dueppiùdue da queste parti fa ancora - spesso e volentieri - quattro, sicuri che sia solo Basso a dover rispondere alle accuse di Gibo?


Parra Pinto, Ardila - 4

Sulla Motocronaca2, dopo Roata e Martinello, si è già prenotata Donatella Raffai: una bella puntata di "Chi l'ha visto?", in diretta dal Giro, non sarebbe stata poi fuori luogo. Parra si fa spingere sul Sempione, e dire che l'anno scorso spianava lo Stelvio pur di mostrare la foto del bimbo, mentre Ardila - dopo l'orribile tragedia che gli capitò lo scorso anno - era atteso ad una prova di ben altro spessore. Evidentemente la testa era altrove.


Sella, Mori - 7

Saranno ricordati come le mascotte di questo Giro d'Italia, con quella discesa del Bracco che hanno percorso quasi più con costole e mento che sulle bici. Entrambi ci hanno riprovato, senza successo, il vicentino si è anche dovuto accontentare delle briciole in classifica generale visto il dolore patito nell'impatto col guard-rail. Ecco, a voler fare una foto del Giro 2006, senza voler scegliere i più "chiacchierati", suoneremmo al capezzale di Emanuele e Manuele.


Bettini - 7,5

L'anno scorso aveva fatto scintille, quest'anno il suo profilo è stato meno spettacolare ma altrettanto producente: una tappa vinta (anche se l'anno scorso una gli fu tolta post-esultanza) e la maglia ciclamino portata a casa. Va detto che nelle tappe a lui più congeniali manca, e molto, mentre è sempre molto presente - anche per carenza di avversari di rilievo - negli sprint compatti.


Vaitkus, Förster - 7,5

Il lituano centra un successo che lo lascia senza parole, tenerissimo ai microfoni Rai, e gli cambierà la carriera; il tedesco era un po' più abituato a belle vittorie, ma Milano è sempre Milano, ed il Giro è il Giro. Sfruttano la poca concentrazione di ruote veloci in Italia, ma mettere la propria ruota davanti alle altre non è mai facile. Bravi.


Sastre - 9

Taciturno, schivo ed anche un poco timido, sembra. Spietato, cinico ed anche un poco automa, quando serve. È un gregario che fa 2° alla Vuelta, roba mica da ridere. È uno scalatore che batte Cunego in volata, roba da classiche. E invece è lì, accanto - o meglio davanti - a Basso, per scandirgli il ritmo e per scremargli il gruppo. A noi ci sorride sempre un po' il cuore, poi, a leggere i distacchi parziali patiti da questo tipo di corridori; quelli della categoria "se non ci fossero, bisognerebbe inventarli".


Pollack - 5,5

Ha senz'altro un'ottima scuola, soprattutto in T-Mobile, se è vero che Zabel mieteva - nell'ultimo periodo - piazzamenti anche nei tornei di scala quaranta e Hondo, nel periodo trascorso in casa Godefroot, faceva spesso rima con secondo. Eccone un altro, uno che parte ai 350 metri ed arriva ad un centimetro da Bettini, uno che parte ai 150 e prende McEwen cinquanta metri dopo l'arrivo. Insomma, uno da T-Mobile.


Ullrich - 7

"Ho visto che al primo intertempo il mio parziale era vicino a quello dei primi, ed allora ho iniziato a far sul serio". Ecco, potremmo fermarci qua, e invece vogliamo sottolineare quanto, anche un corridore della portata - ormai quasi più teorica che pratica - di Ullrich possa correre una corsa che non si chiami Tour de France e togliersi - e far togliere - delle soddisfazioni. Insomma, una vittoria al Giro non gli cambierà la vita, né la carriera, né gli consentirà di batter cassa ai piani alti dello squadrone teutonico, però per chi guarda il ciclismo quel successo di Pontedera è stata una carezza sul viso, una di quelle che ti scaldano e ti lasciano mille dubbi sui tanti "se" e i troppi "ma" dell'indiscusso talento germanico.


Caruso, Pérez Cuapio, Mazzanti - 6,5

Uno stuolo di outsider, in un Giro che davvero, per come era disegnato, lasciava pochissimo spazio a sprazzi di luce derivanti da corridori abitualmente un po' in disparte, o comunque non in trincea quando si tratta di illuminare una platea piena di raffinati buongustai. E invece lo strano trio composto da un siciliano, un messicano ed un bolognese si è saputo ritagliare, ognuno nel proprio ambito, il proprio spazio per far rendere conto - anche ai distratti - della loro importantissima presenza. In crescita Caruso, ritrovato Pérez Cuapio, entusiasmante - a tratti - Mazzanti. Il Giro è anche loro, ci mancherebbe.

 

Mario Casaldi

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