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Hai voluto la bicicletta? - Scopriamo il mondo di Claudio Cucinotta

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Alla Uc Basso Piave TMS si son ritrovati di colpo con due campioni friulani: uno, già professionista con la maglia Liquigas-Bianchi (nel 2005 l'azienda di Treviglio era co-sponsor), che risponde al nome di Enrico Gasparotto; l'altro, correndo tra gli élite senza contratto per via del millesimo d'età, che risponde al nome e cognome di Claudio Cucinotta. Una rarità in bicicletta, e non tanto per il tipo di corridore, né per le caratteristiche di pedalata. No, la "stranezza" (che speriamo diventi sempre meno strana) di Cucinotta è che è laureato: sì, avete capito bene. Laureato in Scienze Motorie e neoprofessionista. E campione italiano.
Come è andato il primo ritiro con la Tenax-Salmilano in quel di Terracina?
«È andato tutto bene, abbiamo lavorato - e quindi pedalato - abbastanza ed ho avvertito buone sensazioni. Comunque sono ancora vivo e certamente questo è l'importante (ride)».
Come hai trovato il gruppo?
«Mi son trovato molto bene. Sono tutti bravissimi ragazzi e c'è molta armonia. Poi ho avuto ed avrò la fortuna di imparare molto da due corridori come Baldato e Petito, e già sin dal primo ritiro noi giovani avevamo sempre le orecchie spalancate cercando di ascoltare ogni cosa che dicevano: cercheremo di carpire il più possibile e di crescere».
L'anno scorso il tuo nome è risuonato soprattutto per la vittoria nel Campionato Italiano degli Élite e per la curiosità poi suscitata dal successivo trionfo, tra i professionisti, del tuo amico e corregionale Gasparotto. Che tipo di corridore sei?
«Sono un passista veloce che si difende sugli strappetti brevi. Sulle salite lunghe faccio fatica, ma su quelle brevi tengo duro ed in volata posso dire la mia soprattutto all'interno di un gruppo ristretto».
Più Baldato che Petito, insomma.
«Sì, direi di sì. In allenamento ho cercato sempre di stargli accanto, e si vede che è un professionista vero: ha la gamba veramente asciutta ed anche se non è uno scalatore, in salita va molto regolare con un'andatura ottima per un corridore con le sue, e le mie, caratteristiche».
Sei passato pro' a fine marzo. Ti è dispiaciuto non fare il salto sin da gennaio?
«No, no, è stato un accordo tra il mio ds tra i dilettanti e Bordonali, una richiesta di correre il primo mese e mezzo del calendario élite-under23 con la maglia tricolore, in pratica. La mia squadra non è una tra le più conosciute e tra le più facoltose e non mi ha disturbato portare un po' più di visibilità a chi mi ha fatto crescere correndo con la maglia di campione italiano. Aver già firmato il contratto mi ha fatto stare assolutamente tranquillo, ed anche le mie presenze nei vari ritiri effettuati a inizio stagione hanno contribuito alla serenità. Certo, esordire in aprile quando pro' già navigati erano molto rodati è una bella gatta da pelare».
Ti sei definito un passista veloce che tiene sugli strappetti. Queste caratteristiche quali corse ti permettono di sognare?
«Come già saprete in ogni ritiro i neoprofessionisti vengono "iniziati" da una sorta di rito catecumenale dagli altri componenti del team, e nel mio discorso ho indicato il Giro delle Fiandre come la corsa preferita».
Hai mai partecipato a qualche gara in Belgio durante la trafila delle giovanili?
«No, non sono mai andato con nessuna squadra. Le mie impressioni scaturivano soltanto da ciò che ho visto in tv. Poi con due come Petito e Baldato spero di imparare qualche trucchetto e certo che partecipare alla spedizione al Nord del team, pur non avendo disputato il Fiandre, mi ha reso davvero contento».
Come procede l'amicizia con il "collega tricolore" Gasparotto?
«Bene, bene, tutto bene. Quest'anno non ci siamo ancora mai allenati assieme visto che entrambi siamo in ritiro con le nostre squadre e vederci diventa un'impresa titanica. L'anno scorso ci si incontrava solo ogni tanto, ma fino al 2004 eravamo compagni di squadra (lo siamo stati per ben quattro anni) ed era la consuetudine allenarci assieme. Siamo abbastanza amici e ognuno conosce i punti di forza e i punti deboli dell'altro: ora che potremo essere avversari sarà divertente incontrarlo, speriamo, in qualche sprint».
Chi è più veloce?
«Sulla carta lui, per carità, ma le nostre caratteristiche sono molto simili. Lui ha già dimostrato tanto mentre io devo ancora iniziare. Lui nelle volate di gruppo è molto più scaltro del sottoscritto, mentre io ho un po' paura della ressa e della confusione e preferisco i finali di 30-40 corridori. Con queste condizioni di volata riuscivo a stare spesso e volentieri tra i primissimi, ma tra i professionisti credo che la musica cambierà».
Quanto è alto il gap tra un dilettante - o un élite - ed un professionista? Hai patito qualche scotto durante i primi tempi con la Tenax?
«Sin dal ritiro di Terracina ho notato che la differenza sta soprattutto nella distanza e nel chilometraggio, perché come intensità non siamo molto lontani dai ritmi che ho affrontato sinora. Senz'altro si va più forte in salita, questo è fuori discussione, perché io che non sono uno scalatore, in salita - tra i dilettanti - me la cavavo, mentre qui faccio più fatica. Comunque grazie alla mia laurea in Scienze Motorie e con un po' di nozioni sulla preparazione atletica riesco a prendere coscienza delle differenze e mi piace un po' studiare i tipi di allenamento che possono aiutarmi nel gestirmi e puntare a colmare le lacune che ho. A dire la verità, lo dico anche con un po' di timore, pensavo peggio; mi son reso conto di non essere messo proprio malissimo e pensavo di soffrire molto di più».
Come sei riuscito a conciliare lo studio con la bicicletta?
«Con molti sacrifici. In tanti, alla fine del quinto superiore, si trovano a dover fare la scelta: "O ciclismo o studio". Io non volevo scegliere, mi piacevano tutte e due e le cose; a scuola sono sempre andato bene e non mi è mai pesato studiare, ed in bici lo stesso. Anche la scelta della facoltà, attinente alla bici ed allo sport, mi ha aiutato a non farmi pesare psicologicamente la doppia "attività". Certo, in bici non sono mai riuscito ad allenarmi come gli altri che pedalavano e basta, ma io ritengo lo studio più importante e quindi non sono pentito. Difatti son convinto che lo sport, per quanto bello, da un momento all'altro possa toglierti tutto, ed anche se sei un grande campione, se patisci un brutto infortunio puoi rischiare di ritrovarti con niente in mano. E allora cosa fai? Io ho voluto crearmi un'alternativa e questo ha comportato che fino a febbraio 2005 io fossi un ciclista a metà».
Possiamo dire che per quanto riguarda i sacrifici, sei professionista da anni.
«Diciamo che mi so organizzare. Sicuramente non mi annoiavo mai durante la giornata (ride)».
Trovavi anche il tempo per divertirti?
«Eh, insomma. Ogni tanto sì, ma non era facile (ride). Da febbraio 2005 l'agenda è stata un po' più libera da impegni e son riuscito a fare il ciclista a tempo pieno ed anche distrarmi un po'».
Ti è mai capitato che qualche dottore ti abbia chiesto consulenze o consigli su argomenti che riguardino la tua sfera di competenza?
«Sì, molto spesso c'è uno scambio. Anche con il dottore della Tenax, che già conosco dai tempi dei dilettanti, ci si confronta. Scienze Motorie è nel ramo della Medicina e ci sono molte basi in comune; ovvio che un Medico dello Sport ha studiato per 6 anni Medicina, più la specializzazione, mentre io ho studiato solo 3 anni. Dai confronti io cerco sempre di imparare più che posso, e per esempio anche molti dei miei compagni mi chiedono un consiglio o un parere. Ho aiutato molti miei compagni della Basso Piave a stilare la preparazione invernale e lo stesso faccio con alcuni cicloamatori della mia zona; ma per adesso lo faccio solo per diletto, per fare un po' di esperienza e non per professione. Mi alleno per il futuro (sorride)».
Quindi hai intenzione, se abbiamo ben capito, di restare nell'ambito del ciclismo anche a fine carriera, che ovviamente ti auguriamo il più lunga e prolifica possibile.
«Speriamo che tra molti anni e qualche successo, dopo aver smesso, possa riuscire a rimanere in questo campo come preparatore atletico. Non solo nel ciclismo, ma allargando il tiro a tutti gli sport di resistenza».

Mario Casaldi

 

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