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È un ciclismo di campioni - Valverde e Cunego, nuove vittorie

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Ecco qua un'altra di quelle giornate-spettacolo che quest'anno si stanno moltiplicando (abbiamo perso il conto): in Romandia vince Valverde, sempre più leader del Pro Tour; in Italia si impone Cunego, sempre più in forma smagliante per il Giro che inizia sabato. Le mezze figure continuano a non trovare troppo spazio, né nelle corse importanti, né in quelle di secondo piano: bene così!
Nella corsa a tappe svizzera, che si chiude domani con la crono di Losanna (20,4 km molto complicati, di difficile interpretazione per chi li dovrà percorrere), si disputava la Sion-Sion, tappa dei tre colli (Ovronnaz, Veysonnaz e Crans-Montana, sembra di parlare di sci e non di bici...), nel corso della quale Contador, leader della classifica, doveva provare a distanziare Valverde, che lo tallona e domani dovrebbe riuscire a superarlo.
Contador ha dimostrato a Leysin di averne di più del rivale in salita, ma a cronometro, storicamente, si è sempre sgonfiato sul più bello, al momento di raccogliere le reti precedentemente gettate. Valverde invece, forte di un momento di assoluta grazia, aspetta la crono conclusiva con la fiducia dei forti. Quindi la Liberty doveva inventarsi qualcosa oggi per porre qualche freno alla rimonta del murciano.
E non si può dire che gli uomini di Saiz non ci abbiano provato, a mandare all'aria i piani della Caisse d'Epargne: il ds della ex-Once ha estratto il più classico coniglio dal cilindro, inventandosi stoccatore di giornata Andrey Kashechkin, subito ribattezzato "terzo uomo" (essendo il primo Contador e il secondo Jaksche). Il kazako è volato sulla salita di Crans, tanto da guadagnare sul gruppo dei migliori, in cui i suoi due compagni tamponavano le iniziative di Valverde rimasto solo (completavano il sestetto Evans, altro uomo interessato al ricongiungimento per motivi di classifica, e i più passivi Szmyd - Cunego e Martinelli continuano a gongolare per questo gregarione in grande spolvero - e Ghisalberti, ancora una volta splendido protagonista all'altezza del leader Pro Tour e di tutti i più forti).
La possente entrata in scena del kazako avrebbe spostato l'asse, domani, dalla sfida Valverde-Contador a quella Valverde-Kashechkin: il nipotino di Vinokourov non è infatti per niente fermo contro il tempo, e se oggi avesse condotto in porto la fuga (in cui era stato a lungo maglia gialla virtuale) e avesse confermato al traguardo un vantaggio non irrilevante, questo Romandia se lo sarebbe giocato, eccome. Invece il vento ci ha messo la coda, e spirando fortissimamente contro nel tratto finale della discesa da Crans e in quello iniziale del piano che portava a Sion, ha prosciugato nel tempo di un battito d'ali di farfalla due terzi del vantaggio di Kashechkin sul gruppo e nove decimi delle sue residue energie. Il restante decimo non è bastato a sostenere il restante terzo, purtroppo per Andrey, per Saiz, per Contador e per i motivi di incertezza che sarebbero sussistiti nel caso che la Liberty fosse effettivamente andata a dama.
Però, riavvolgiamo il nastro e ritorniamo negli ultimi tratti di ascesa a Crans, quando Kashechkin, evidentemente insoddisfatto dell'andatura di Parra, Moreau, Garate, che aveva raccattato strada salendo, li ha mollati sul posto ed è andato via da solo. Ahi paccio Orlando, la tua furia non ti è stata buona consigliera, visto che quando si prevede un viaggio sulla Luna, bisognerebbe provvedere carburante anche per tornare a terra, altrimenti è tutto inutile.
Sarà l'inesperienza di Kashechkin a certi livelli, sarà la poca accortezza di Saiz che ha fatto le pentole ma non i coperchi, fatto sta che se il kazako, anziché forzare, fosse rimasto per qualche centinaio di metri a ruota, e avesse poi scollinato coi compagni di fuga, quelli non si sarebbero certo rifiutati di dare una mano, tantopiù che erano all'attacco dal km 5, e l'alternativa sarebbe stata che tutto gli andasse in fumo. In quattro (o anche in tre, vista la scarsa tenuta di Parra in discesa), si sarebbe contrastato con maggior efficacia il ritorno di un gruppo che si stava via via rinfoltendo di diversi corridori che si erano staccati in salita, e che hanno dato un forte impulso all'inseguimento.
Di più, lo stesso Moreau ha aiutato Valverde ed Evans, il che è tutto dire: tra l'altro, se Kashechkin avesse rinunciato all'azione solitaria, gli sarebbero rimaste le energie per forzare nel finale, e magari vinceva pure la tappa, visto che gli altri erano molto stanchi. Invece Andrey ha fatto il mulo, ha tirato dritto, e lo scacco matto ai danni di Valverde non è arrivato. Una situazione che ci ha ricordato l'episodio del Colle delle Finestre all'ultimo Giro, con Di Luca a forzare con Simoni e Rujano, restando senza compagni di avventura che sarebbero stati preziosi in discesa e sul Sestriere (e, quando dici il caso, anche all'epoca c'era Garate tra gli staccati che poi aiutarono gli inseguitori). In politica come in guerra come nel ciclismo, bisogna capire quando un alleato occasionale può aiutarti a vincere una battaglia, ed essere con lui un po' diplomatico.
Sennò rischi che quell'alleato ti si rivolti contro, e hai voglia poi di rimbrottarlo (cfr. Kashechkin vs. Moreau a 2 km da Sion, nel momento del ricongiungimento), non ne cavi più niente.
Sia come sia, a Valverde è riuscito invece tutto nel migliore dei modi: sì che ha dovuto spremere all'inverosimile Joaquín Rodríguez (Echavarri, questo mese a Gioacchino stipendio doppio: tra Liegi e Romandia non si capisce cosa avrebbe dovuto fare di più per meritarlo...), sì che ha dovuto tirare lui in prima persona come un disperato per diversi chilometri; ma poi, quando la sagoma kazaka si faceva sempre più grossa all'orizzonte, l'acquolina in bocca ha devastato le papille gustative di Ale, e il ricongiungimento gli è suonato come la campanella pavloviana: non ce n'era più per nessuno, né per Contador che ha provato un contropiede velleitario (ma in quel momento ammettiamo di essere balzati sulla sedia; peccato sia durata 8 decimi di secondo), né per Jaksche e Cioni che ci hanno provato anche loro nell'ultimo chilometro, né per Moos che ha impostato una volata lunghissima nella speranza di vincere in casa sua, e invece si è dovuto accontentare del secondo posto.
E sì, perché primo era lui, Valverde, leader del Pro Tour e vicerè di Romandia, in attesa che domani il reuccio Contador trovi il modo di abdicare (come già fece qui un anno fa, e nei Paesi Baschi a inizio aprile). Certo, se Alberto riuscisse invece a reagire a se stesso e a indovinare una bella crono (cosa che pure è nelle sue corde), staremo a festeggiare la prima affermazione importante di un corridore molto bravo e molto giovane. Capiremo se è più bravo o più giovane.

Di sicuro più bravo che giovane è Damiano Cunego, che non ha più i 22 anni della sua esplosione del 2004, ma sta ripercorrendo metro per metro il tragitto che lo portò a trionfare in quel Giro. Dopo il Giro del Trentino, altra convincente affermazione a Larciano. Ad essere pignoli, due anni fa annesse anche l'Appennino, che quest'anno non ha corso perché era impegnato ad arrivare terzo alla Liegi (e poi in questo 2006 il Principino può assommare anche il Giro d'Oro e una tappa alla Coppi&Bartali).
Certo, stiamo parlando di corse certo belle ma non sensazionali, a maggior ragione se consideriamo quanto il Pro Tour le abbia impoverite di contenuti tecnici (sequestrando di fatto quasi tutti i corridori più forti per le sue troppe competizioni): il che significa che il Larciano del 2004 vinto su Astarloa pesa probabilmente di più di quello del 2006 conquistato battendo Pietropolli (con tutto il rispetto, s'intende).
Ma non siamo qui per fare una questione di lana caprina. In fondo queste vittorie riempiono il palmares di un corridore, hanno un loro prestigio, ma - specie queste qui, a una settimana dal Giro - servono soprattutto a livello mentale, per confermare, in chi le ottiene, l'idea di stare bene. E Cunego sta bene, benissimo. Ha ritrovato la sfrontatezza che ce lo fece amare due anni fa, ma ora è anche più maturo rispetto ad allora (si sa, i rovesci hanno almeno questo risvolto positivo; e anche la vita privata ha inciso in questo percorso di Damiano).
Martinelli si è reso conto che Csc e Discovery scenderanno in campo in formazione fortissima, e sta mettendo pure troppe mani avanti, dando per scontato che la prima parte di Giro, tra crono a squadre e individuale, sarà tutta per Basso (e magari Savoldelli, che dovrebbe fare tranquillamente in tempo a superare il problema gastrointestinale che lo ha appiedato al Romandia). Ma anche se il ds della Lampre schermisce se stesso e soprattutto il suo campioncino, gli si legge nella voce la convinzione di chi sa che da questa campagna sarà difficile uscire proprio a mani vuote.
La nostra preoccupazione principale, allo stato attuale delle cose, esula però dal ciclismo pedalato. Da qualche settimana si parla di un'indagine dei Nas che ha coinvolto anche diversi professionisti, tra cui Riccò e Scotto d'Abusco; ieri i Nuclei AntiSofisticazioni erano a Larciano, a controllare alcune squadre. Tira aria di blitz-show, tra qualche giorno, magari al rientro del gruppo rosa in Italia (come avvenne nel 2002, per dire). Sembrava troppo bello, in effetti, che il ciclismo quest'anno stesse veleggiando col vento in poppa, tanti bei risultati, tanti bei personaggi, tante belle storie, tante belle corse. Quel vento in poppa che spinge il ciclismo, non potrebbe soffiare su quei nuvoloni neri all'orizzonte e spazzarli via? No? Porca miseria.

Marco Grassi



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