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Cunego, torna la primavera - Damiano stacca e scavalca Nibali | Cicloweb

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Cunego, torna la primavera - Damiano stacca e scavalca Nibali

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Potrebbe essere, insieme alla Sanremo di Pozzato, l'evento di questo marzo 2006: Damiano Cunego è tornato a fare la voce grossa. Finalmente sulla Coppi e Bartali (l'anno prossimo la vogliamo 2.HC, questa corsa!) ha smesso di piovere, ed era anche ora; e - vedi tu le onde del destino - il sole è tornato proprio nel giorno in cui è tornato Cunego; oppure, ribaltiamo pure: Cunego è tornato nel giorno in cui è tornato il sole. Cambiando l'ordine degli addendi, eccetera, eccetera, eccetera.
Il punto non è che il Principino veronese abbia di nuovo alzato le braccia sotto uno striscione (anche perché, impegnato nella volata, il capitano della Lampre non ha nemmeno esultato. E per volata non intendiamo quella del gruppetto, che ha vinto molto agevolmente, ma quella a distanza con Nibali, che, staccato, doveva essere distanziato il più possibile, e quindi non ci si poteva attardare in festeggiamenti. La tattica ha pagato, se è vero che alla fine Cunego per soli 2" ha strappato a Vincenzino la maglia di leader della classifica).
No, il punto non è la vittoria in sé. Il punto è che abbiamo rivisto il Cunego che l'anno scorso era stato completamente assente, anche quando, sul finir dell'estate, si era rivisto davanti a tutti in qualche occasione. Quel Cunego sicuro di sé, quasi strafottente, e poi spensierato, lui e la sua gamba, sì, una gamba spensierata, che gira e gira e pazienza se gira, pare dire Damiano, pazienza se a furia di girare mi costringe ad attaccare, e mentre lo dice ride sotto i baffi.
Il Cunego dimesso, ombroso, sottotono e sottotraccia che ci eravamo abituati a vedere nel 2005, quel Cunego triste e spossato (anche dalla mononucleosi, certo) che aveva scacciato in troppe menti immemori il ricordo del baldanzoso ragazzino che con una mano si prendeva il Giro 2004 e con l'altra il Lombardia, ecco, quel Cunego lì quest'anno non lo vedremo. Questo qui è il Damiano prima maniera, che non ha nessuna difficoltà a correre bene, e che da sé si fortifica dei suoi stessi risultati, dei suoi stessi traguardi, riproponendosi poi ancora più forte il giorno dopo.
Occhio, non stiamo dicendo che Cunego da domani andrà in giro a dare sberle a tutti, a destra e a manca, e non è detto che possa pagare qualche spicciolo, qua e là (in fondo per ora è ancora ufficialmente "in preparazione per il Giro"). Però scommettiamo metà della prima pensione (che verrà, se verrà) che il Damiano di Zoldo Alto, quello che perde male e quasi con sollievo, resterà un pallido ricordo, destinato via via a sbiadire sempre di più.
Sulla piccola impresa di oggi, non è che si possa dire chissacché. Lo stesso Cunego non la sa catalogare bene, se è vero che afferma di non essere partito per vincere, ma di essersi accorto strada facendo di star bene, di poter stare davanti. «E poi, quando ho visto Nibali in difficoltà sull'ultima salita, mi son detto: "Quasi quasi qui mi conviene attaccare", e ho forzato», e giù sorrisoni soddisfatti. Il gusto dell'improvvisazione, di tagliare un traguardo forse imprevisto già in marzo, di mettersi al comando di una corsa a tappe, per quanto breve, di predisporsi all'idea di difendere quella maglia di leader, anche se non è rosa, o gialla: tutte sensazioni che Damiano sta ritrovando, e che fanno sperare benissimo per la sua stagione.
Ci si chiede se questa vittoria non sia venuta troppo presto, se Cunego non sia già troppo avanti di condizione. Il che è da escludere, sia perché il veronese arriverà al Giro con meno giorni di gara nelle gambe rispetto al 2005 (21 contro 27, stando ai programmi); e sia perché i corridori di classe sanno vincere anche quando non sono al meglio. Lo scorso anno Gibo Simoni andò a prendersi di forza il traguardo del Mont-Faron, a inizio marzo, alla Parigi-Nizza; e ciò non gli impedì di correre un buon Giro, chiudendolo al secondo posto.
No no, quel ciclismo asfittico dei campioni per un mese, di quelli che vincono (se vincono) solo nell'imminenza del grande appuntamento Tour, che non danno nient'altro agli appassionati, ce lo stiamo un po' lasciando alle spalle: McEwen, Boonen, Richeze, Napolitano, Gutiérrez Palacios, Leipheimer, Hincapie, Landis, Haussler, Chicchi, Julich, Bettini, Freire, Reus, Davis, Petacchi, Rigotto, Ballan, Bertagnolli, Gilbert, Bennati, Nuyens, Valverde, Astarloa, Rodríguez Oliver, Kashechkin, Hushovd, Cancellara, Dekker, Pozzato, Popovych, Nibali, Cunego, e mettiamoci pure Vinokourov che è primo nella Vuelta a Castilla y León (e chiediamo scusa per qualche omissis e qualche dimenticanza): questi, tra gli altri, sono tutti personaggi che quest'anno hanno già saputo vincere, e sono giovani attesi al gran salto, ma anche corridori più scafati, che hanno più avanti nella stagione i loro obiettivi centrali.

Tornando alla Coppi e Bartali, bisogna pur dire che oggi un paio di azioni scriteriate le abbiamo viste: la prima, quella di un Nocentini che non sa più che pesci pigliare per vincere una corsa. È dall'inizio dell'anno che Rinaldo sta bene, e da settimane evidenzia una buona, buonissima condizione; ma il successo tarda ad arrivare, e allora oggi il toscano ci ha provato da lontano, andando in fuga prima con una decina di uomini e poi tentando la carta solitaria, sciroppandosi 50 km da solo a metà gara, in un momento francamente sbagliato, troppo lontano dal traguardo. Risultato: è stato ripreso e staccato.
L'altro errore è della Liquigas, ed è strano in una formazione tanto esperta: perché sfiancarsi per tanti chilometri per inseguire i fuggitivi (i cui nomi certo non facevano tremare i polsi, in ottica di classifica)? Nel finale, nel momento cruciale, erano rimasti con Nibali soltanto Pellizotti e Miholjevic; e Vincenzo, forse anche patendo la corsa che si era fatta dura (il ritmo dei suoi stessi compagni di squadra era molto elevato), è andato in difficoltà sull'ultima salita. È stato pure bravo, a difendersi: alla fine non ha pagato che 42", ma tra quelli e i 10" d'abbuono, Cunego gli ha educatamente sfilato la maglia da leader.
E dire che lo stesso Nibali, in prima persona, aveva accennato un attacco (insieme ad altri, tra cui Bettini) in avvio di frazione. Poi, o che l'abbiano fermato dall'ammiraglia via radio, o che ci abbia pensato da sé, non cambia il quadro che ormai è chiaro riguardo al ragazzino di Messina: è un pazzo scatenato, e ci farà divertire spesso.

Marco Grassi

 

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