Bernucci il nordico - «Mi piacerebbe vincere il Fiandre»
Versione stampabileC'è un italiano dietro lo scatenato Vinokourov che non vuole rassegnarsi ad uno scontato epilogo in volata che caratterizza le prime tappe della corsa a tappe più importante del mondo, il Tour de France. Quell'italiano che vede premiato il coraggio con cui affronta le ultime tortuose curve della tappa di Nancy riuscendo nell'impresa di restare in piedi laddove gli altri si vedono cadere, proprio lui che proprio da una brutta caduta si è appena rialzato, sapendo tornare il promettente talento che aveva convinto Ferretti a puntare su di lui.
E da allora Lorenzo Bernucci non si è più fermato.
Quali sono le prime impressioni di questi mesi in T-Mobile e più in generale delle tre realtà ben distinte in cui ti sei confrontato in quest'ultimo anno e mezzo?
«Diciamo che da una Cinquecento come la Landbouwkrediet si è passati ad un Porche chiamata Fassa ed ora sono in Formula Uno. E questo anche se la Fassa faceva già parte di un circuito da Formula Uno, il Pro Tour, però l'organizzazione che ho trovato qui è davvero il top».
Cosa ti ha lasciato l'esperienza con Ferretti?
«Quella scorsa è stata sicuramente un'annata davvero soddisfacente, e questo nonostante fossi partito con l'handicap dell'infortunio. Ma soprattutto in quei mesi ho sentito forte la fiducia nei miei confronti, e questa componente è stata alla base degli ottimi risultati ottenuti nella seconda metà di stagione, con la ciliegina dell'affermazione al Tour de France. Ed il primo che devo ringraziare è proprio Ferretti che mi ha scelto, e mi dispiace che sia finita l'avventura in Fassa perché sarei rimasto con lui molto volentieri ma sono stato costretto a fare una scelta, molto dolorosa, ed ho accettato l'offerta della T-Mobile».
Tra gli altri anche noi di Cicloweb, tramite il nostro forum, abbiamo seguito da vicino la tua vicenda, ricordi?
«Sì e mi ha fatto molto piacere, manifestazioni d'affetto da parte della gente non possono che far piacere e darti stimoli ulteriori per far bene».
Sei rimasto quindi nel circuito che conta; a tal proposito qual è il tuo giudizio sulla prima stagione del Pro Tour?
«È evidente che per certe cose è stato un bene mentre per altre è stato invece negativo, per esempio laddove ha accentuato la differenza tra le squadre che investono tanti soldi dalle altre. La cosa che più mi dispiace è vedere in crisi molte corse "minori" che non vedono più al via certi squadroni internazionali come accadeva invece in passato; ma d'altronde gli impegni del Pro Tour sono davvero tanti e diventa un problema anche per organici completi come quelli dei team più importanti riuscire anche solo ad onorare al meglio tutti questi appuntamenti».
Le tue caratteristiche potrebbero fare di te un protagonista della classifica Pro Tour, e questo grazie al particolare sistema di punteggi adottato. Lo consideri uno specchio fedele della realtà agonistica?
«Io sono un esempio di quanto si possa ancora migliorare questa classifica: ho vinto una tappa al Tour ed ho preso tre soli punti, niente se paragonati ai 17 ottenuti col terzo posto al Giro di Zurigo, e questo nonostante credo sia evidente di quanto sia più difficile e prestigioso vincere una tappa al Tour rispetto ad un comunque onorevole piazzamento in una classica di spessore come quella elvetica. Questi però sono i regolamenti e bisogna adeguarsi a quelli».
Vieni dalla Tirreno e sabato si corre la Sanremo, che sempre più viene preparata passando appunto per la corsa dei due mari; qual è il motivo di questa scelta?
«Credo sia soprattutto per il fatto che il clima, ancora molto variabile in questo periodo, è sicuramente più mite nel centro Italia che nella Parigi-Nizza (anche se quest'anno abbiamo incontrato parecchio maltempo), ed infatti questa scelta è adottata da un numero sempre crescente di team che hanno come principale obiettivo quello di far bene alla Sanremo».
Con quale tattica cercherete di raggiungere il risultato nelle classiche di primavera: un capitano designato ad ogni corsa o si lascerà spazio e modo per far bene ad ognuno di voi?
«Non avendo più il velocista ci saranno sicuramente più capitani, tra cui anch'io, con la possibilità di giocarsi le proprie carte liberamente senza ovviamente danneggiarsi a vicenda. Penso per esempio alla Sanremo, dove credo si potrà far qualcosa già dalla Cipressa, ma anche al Nord, dove saremo in molti a poter far bene, con me e Klier più concentrati verso il Fiandre e Wesemann sulla Roubaix. Correrò poi l'Amstel, prima di tirare il fiato e prepararmi al meglio per il Tour».
Un Tour da correre tutti al fianco ed al servizio di Ullrich?
«Sicuramente sì, l'obiettivo unico sarà quello di vincere la corsa francese e quindi si correrà tutti in funzione di questo grande progetto».
E dopo il Tour, ci sarà nei tuoi programmi anche l'obiettivo Mondiale di Salisburgo, sicuramente adatto alle tue caratteristiche?
«Non saprei, anche perché è ancora troppo presto, per adesso sono concentrato su questi due obiettivi mentre questo discorso lo riprenderò soltanto a fine Tour, in base alle condizioni in cui uscirò dalla corsa francese».
In futuro pensi comunque di tornare al Giro?
«Credo di sì, anche se è un po' un problema, visto che essendo un corridore da classiche c'è il rischio di arrivare al Giro con una forma in calando e con i percorsi di queste ultime edizioni non sarebbe una bella immagine sia per me che per la squadra partecipare in condizioni non ottimali».
Qual è la corsa che più sogni di poter vincere?
«Probabilmente il Fiandre è la corsa più completa di tutte ma anche la sensazione di entrare per primo nel velodromo di Roubaix penso possa essere indescrivibile».