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«Puntiamo forte sul Giro» - Intervista a Reverberi, ds Panaria

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Tra le Professional, solo la Comunidad Valenciana può vantare così tanti piazzamenti, posti d'onore e vittorie nelle corse Pro Tour. Ma non solo con il Pro Tour si misurano le squadre, ed allora la Ceramica Panaria-Navigare di Bruno e Roberto Reverberi, coadiuvati dal 2005 da un personaggio come Fabiano Fontanelli, si è messa d'impegno per confermare la propria indole di scheggia impazzita in mezzo al gruppo, puntando tanto sui giovani, di grandissima qualità, affiancati da corridori di classe e di esperienza che portano risultati, oltre che tranquillità.
Il 2005 ha regalato alla Panaria una maglia rosa, due tappe al Giro d'Italia, tanti piazzamenti tra Tirreno-Adriatico e lo stesso Giro, con una serie di prestazioni maiuscole durante tutto l'arco del calendario continentale europeo, e non. Quest'anno un po' di esperienza in più di alcuni giovani potrebbe davvero consentire agli arancioni di fare un ulteriore salto di qualità. Ne parliamo con Roberto Reverberi.
Quali sono le speranze e le prospettive della Ceramica Panaria-Navigare per il 2006?
«Le prospettive principali sono legate alla stagione 2005: cercheremo di ripetere gli straordinari risultati dell'anno appena passato, anche se sarà obiettivamente molto difficile. La speranza maggiore è comunque puntata al Giro d'Italia, come succede al nostro team da più di dieci anni».
L'anno scorso iniziaste a vincere in febbraio con Brown, in Malesia, e finiste in ottobre con Matveyev, nella Firenze-Pistoia, con una continuità nel corso della stagione segno, in una Professional, di una grossa capacità gestionale.
«Si cerca di gestire gli uomini al meglio, e si cerca nello stesso tempo di dare il giusto spazio a tutti. Le squadre che hanno un paio di capitani sono costretti a far concentrare i loro uomini migliori per determinate corse e/o periodi, ed in parte questo succede anche da noi. Fortunatamente anche nelle corse in cui i nostri uomini di maggior spessore non c'erano, ci siamo comportati sempre molto bene, anche se magari in qualche occasione è mancata la vittoria. Penso alle prestazioni di Aldape, di Pozzovivo, ma anche a quelle di uomini d'esperienza come un Fortunato Baliani. Proprio Baliani, tra giugno e luglio, con 5-6 secondi posti ci ha coperti alla grande in un periodo non facile per noi che venivamo dal Giro d'Italia».
Immaginiamo che il momento più emozionante della stagione 2005 sia stato il prologo di Reggio Calabria e la maglia rosa di Lancaster. È così?
«È stata una doppia soddisfazione: portare Lancaster è stata una mezza scommessa, perché pensavamo potesse far bene per una prova che si adattava particolarmente ad un inseguitore su pista, cioè un passista che non è né un cronoman, né un velocista. Con la gente che era presente al via del Giro non era comunque facile, ma si è preparato benissimo anche grazie ai consigli del CT australiano su pista. È stata anche una fortuna, perché poi il prologo si è deciso per via dei centesimi, ma a quei livelli la fortuna devi anche cercartela, e siamo stati premiati».
È vero che Lancaster pre-Giro è stato "oggetto" di una disputa, naturalmente amichevole, tra lei e suo padre Bruno?
«C'era stata una chiacchierata un po' di mesi prima del Giro d'Italia in cui io esposi a mio padre l'idea di portare Lancaster al Giro e di farlo preparare spiccatamente per il prologo. Ne ero convinto, e anche mio padre dopo aver parlato col CT australiano è stato d'accordo. Gli abbiamo lasciato un mese di tempo per prepararsi nel modo più idoneo, svolgendo continue ripetute sui rulli, proprio come fosse una prova di inseguimento su pista. Se poi si considera che l'australiano il Giro l'ha anche finito, direi che di più non gli si poteva chiedere».
Se la vittoria di Lancaster è stata la più importante, la vittoria più bella, quella più "targata Panaria", è stata forse quella di Mazzanti nel GP Industria&Artigianato di Larciano.
«A Larciano c'è stato un dominio totale della squadra, ed è stata senz'altro una prova di forza. La squadra lavorò in un modo eccezionale, la tattica era stata studiata a tavolino, anche se francamente pensavamo di trascinarci qualche corridore in più invece del solo, bravissimo, Nando Casagrande. Tiralongo, Sella e Laverde lavorarono molto bene per Mazzanti, che poi pose la ciliegina sulla torta dando la stoccata decisiva a Casagrande e andando a vincere da solo una gara sicuramente prestigiosa e corsa molto, molto bene».
Un Mazzanti che vi ha portato anche la seconda vittoria, seppur a tavolino, nel Giro d'Italia 2005.
«La grande capacità di Mazzanti è quella di riuscire a tenere un livello medio di condizione altissimo. Anche quando è in preparazione, lui è già competitivo; quando è stanco, è ugualmente competitivo. Riesce a piazzarsi sempre, ma questo è dovuto ad una serietà ed una professionalità uniche o comunque rare all'interno del gruppo. È il regista in corsa, è un po' il burbero che richiama soprattutto i più giovani all'ordine, perché tiene che i ragazzi che hanno qualità si impegnino affinché quelle qualità fuoriescano grazie allo spirito di sacrificio, soprattutto negli allenamenti. Lo "spot" migliore per la Ceramica Panaria-Navigare».
Durante lo scorso Giro è stato compagno di stanza di un certo Pozzovivo.
«Quando un giovane si sente aiutato è più tranquillo, e gli aiuti che possono venire da un corridore d'esperienza, e bravo, come Mazzanti sono stati per lui importantissimi».
Sotto questo punto di vista la partenza di Tiralongo come può essere catalogata?
«Tiralongo ha fatto, secondo me, la scelta più giusta. Con noi si è sempre comportato bene, e noi dobbiamo veramente soltanto ringraziare il corridore siciliano. È sempre stato professionale al massimo, ma pur avendo corso tanti anni con noi non è riuscito mai a vincere. È sempre davanti, ma non ha alcune qualità che gli permettono di essere un vincente; io credo che la sua dimensione possa essere quella di appoggio per un capitano nei grandi giri. Lui ha il grande merito di averlo capito prima della fine della carriera, e questo è un plauso che faccio a Tiralongo. Invece di continuare a cercare il piazzamentino più o meno prestigioso, il mettere la propria esperienza al servizio di un giovane scalatore forte, e vincente, come Cunego potrà dargli le soddisfazioni che merita. Tiralongo è un ottimo corridore, in salita quando ne rimangono 15/20 lui è sempre lì davanti, e per questo può risultare determinante per un capitano con le sue stesse caratteristiche».
Nel capitolo cessioni ci sono anche i nomi di Brown, Borrajo e Freddy González, anche se il colombiano passò alla Relax già a metà stagione.
«Con Brown non ci siamo lasciati bene, perché a fine 2005 ha detto qualche parolina di troppo, secondo il mio modesto parere. Si era lamentato degli scarsi spazi, ed abbiamo preferito puntare tutto su un giovane italiano come Paride Grillo. Brown è un forte corridore, ha dei numeri, se sta bene è un ottimo atleta; il problema è che negli appuntamenti importanti mancava spesso e volentieri. Nel 2006 in Rabobank ha iniziato bene, e spero per lui continui così: diciamo che noi non siamo riusciti a metterlo in riga. Un po' lo stesso discorso fatto per Borrajo: puntando su Grillo rischiavamo di avere troppi uomini per gli stessi obiettivi, e abbiamo creduto che fosse opportuno non rischiare e lasciare la totale fiducia al velocista italiano. Freddy González è un capitolo a parte, ma non voglio entrare in polemica con nessuno: diciamo che ci sono stati dei disguidi che ci hanno consigliato di lasciarlo libero dal contratto il prima possibile».
Tra i sudamericani c'è anche Pérez Cuapio, corridore che alterna momenti di ottime prestazioni a periodi di paurosi appannamenti.
«Sì, diciamo che i periodi no sono grandemente superiori ai periodi sì, anche se comunque qualche vittoria, come lo scorso Giro del Trentino, continua a dare prestigio al corridore, che per qualità senz'altro merita. Il problema è nella mentalità, aveva perso la voglia di far fatica in allenamento e non era molto concentrato. Se dimostrerà di aver recuperato sarà un uomo molto importante per la stagione che ci aspetta».
Torniamo in Italia, puntiamo il Giro, e parliamo di Sella. Lo scorso anno colpì la sua voglia di buttarsi nelle volate, ovviamente di gruppi ristretti, ed una certa smania di voler attaccare ovunque, anche in pianura. Sa dirci il perché?
«Sicuramente la tappa di Cesena del Giro 2004, con quella stupenda cavalcata solitaria, lo aveva portato alla ribalta, e lui teneva sin dalle prime corse, sin dal GP Lugano, dove si piazzò 3°, che nella Milano-Torino dove arrivò 4°, a far bene e farsi vedere sempre davanti e sempre attivo. Proseguì con lo stesso atteggiamento anche nella Tirreno-Adriatico e nella Milano-Sanremo. Forse ha cercato un po' troppo ossessivamente il colpo a sensazione, la "grande impresa", e questo gli avrà portato sicuramente qualche problema, soprattutto a livello di mentalità e di pressione verso gli appuntamenti più importanti. La vittoria al Brixia Tour, per questo, gli è stata sicuramente d'aiuto e gli ha permesso di capire che se si lavora bene poi le cose vengono anche con più calma».
Immaginiamo che ai Reverberi, e a Sella, il Giro 2006 piaccia.
«Sella punta decisamente al Giro d'Italia, e noi crediamo abbia maturato un'esperienza tale da poter competere con i migliori in tutte le tappe. Nel 2005 è stato discontinuo anche per via di una malattia, ma nella tappa di Livigno - anche sbagliando tatticamente qualcosa - abbiamo visto di cosa è capace quando ha voglia e gambe. Quest'anno è partito un po' più tranquillo, nella Vuelta a Murcia avrà il primo test per verificare la condizione, ma quest'anno è concentratissimo sul Giro ed a livello mentale è già focalizzato verso quell'appuntamento. Se poi viene qualcosa prima e qualcosa dopo, tanto meglio, però l'obiettivo primario è il Giro».
L'anno scorso Sella è stato anche vittima di un incidente stradale. Crede che nel processo di maturazione un po' quell'evento lo abbia segnato?
«Prima del Giro dell'Appennino uscì di strada con la macchina nuova. Era insieme a Palumbo, la macchina si distrusse, furono sballottati da una parte e dall'altra, ma loro fortunatamente non si fecero niente. Non so però se questo evento abbia potuto portare qualche cambiamento mentale».
La stagione di Pozzovivo, visto un Giro che si confà perfettamente - nella seconda parte - alle sue caratteristiche, sarà un po' la fotocopia di quella di Sella?
«Pozzovivo è un ragazzo molto intelligente, ed anche lui vuol far bene al Giro d'Italia. L'anno scorso, anche nelle corse in linea adatte agli scalatori, è andato più che bene. Nelle tappe dure del Giro d'Italia è stato sempre ben piazzato, al Giro dell'Appennino ed al Trofeo Melinda ha corso benissimo. Durante il Giro dell'Emilia si staccò in discesa, altrimenti sarebbe stato davanti anche sul San Luca. Il suo pane è la salita, e puntiamo a farlo osare un po' di più e a fargli cercare di mettere un po' più spesso fuori il naso anche quando le corse non sono adatte per lui. Stare fuori al vento può portargli benefici».
L'anno scorso Pozzovivo lamentava, nelle tappe di pianura del Giro, la scarsa attitudine a pedalare a centro-gruppo e la fatica che faceva per non staccarsi pur correndo nelle retrovie del plotone. In quest'aspetto è migliorato?
«Era abituato a correre sempre in fondo al gruppo, è vero, ma a forza di insistere questa mentalità è leggermente cambiata. In pianura lui fatica comunque perché non s'è ancora abituato ai ritmi che i professionisti tengono sul piano, però inizia a migliorare. Se quest'anno si salvasse in Classifica Generale nei primi 10 giorni, senza prendere troppe sventole a cronometro, potrebbe anche riuscire a far bene: anche se ci tengo a precisare che il suo obiettivo forte non è la Classifica finale, ma sulle grandi montagne potrebbe far valere le sue indubbie qualità di scalatore».
Come vede la cronosquadre, lei che ha una squadra imbottita di scalatori?
«Sono 38 km, non è eccessivamente lunga, e sarà importante limitare i danni e non prendere 10' dai primi. Sarà difficile per tutti scegliere i 9 per il Giro: un po' condiziona, senz'altro, ma è anche impensabile portare 5 o 6 corridori per far bene in quella prova, perché poi gli ultimi giorni di corsa son durissimi e serviranno aiuti in salita. Sarà un bel dilemma».
Il fascino di questa cronosquadre sarà anche vedere le strategie adottate da squadre diverse come la Csc, la Lampre, la Liquigas, ma anche la Panaria.
«Ognuno sceglierà gli uomini secondo le caratteristiche dei propri corridori e secondo gli obiettivi che si vogliono conseguire. Ripeto però che, secondo me, portare troppi uomini per la cronosquadre, che non è lunghissima, potrebbe rivelarsi controproducente a lungo andare, e quindi nell'ultima settimana, in cui le qualità da scalatore di qualche gregario in più potranno veramente far pendere l'ago della bilancia a favore di una o di un'altra squadra».
Quindi la Panaria dovrebbe puntare, per forza di cose, a far bene in salita.
«Vogliamo correre un po' più all'attacco, visto che l'anno scorso siamo stati troppo attendisti; con Tiralongo, Laverde, Pozzovivo, Sella, all'inizio c'era anche Freddy González, si poteva rischiare un po' di più. Invece alla fine ci siamo ritrovati un po' svuotati quando sono usciti i buoni ed in altre condizioni avremmo potuto star davanti con loro. E allora se si hanno 4 o 5 uomini in buone condizioni bisognerà osare di più ed essere un po' spregiudicati. Visto come ha corso Savio lo scorso anno? Hanno raccolto tanto perché hanno rischiato: ovvio che poi ci vuole anche la gamba, ma la combinazione tra gamba e voglia è migliore di un'ottima condizione con la mente fossilizzata all'attesa e/o al risultato. Sono dell'avviso che se Savio avesse tenuto coperto Rujano, certe azioni al venezuelano non sarebbero riuscite, poi magari si sarebbe piazzato uguale perché stava bene, ma magari 7° o 8°, un po' come è successo a noi con Sella 10° come miglior uomo in classifica. I minuti guadagnati con le fughe sono importanti, ovviamente non sarà più possibile prenderli con un Rujano o un Sella che ormai sono conosciuti, ma l'atteggiamento di una squadra è importante anche per i propri capitani».
Parlando di neoprofessionisti, per l'argentino Richeze la prima corsa - in Malesia - è coincisa con la prima vittoria. Complimenti.
«Richeze è un bravissimo ragazzo che si è calato subito nella realtà Ceramica Panaria-Navigare con il giusto spirito e la giusta voglia di imparare. In Malesia ci siamo ritrovati spezzati a metà col gruppo, e davanti avevamo lui e si è deciso di accordargli totale fiducia e lanciarlo in volata: magari gli altri non lo conoscevano, oppure l'hanno sottovalutato, ma ha fatto davvero un numero portentoso nella volata. Ancora meglio ha fatto il giorno dopo, quando ha vinto Bongiorno e lui ha fatto 2°: ha lanciato la volata al compagno partendo ai 400 metri, e nonostante questo è riuscito a farsi passare solo da chi aveva lanciato. Direi che questi due esempi denotano già grossissime qualità».
Dopo le cessioni di Brown e Borrajo, altra incompatibilità con Grillo?
«Direi che Paride ha meritato con le prove fornite lo scorso anno di essere annoverato come una delle sorprese di stagione e tra i giovani più promettenti per gli sprint. In parte l'argentino Richeze somiglia a Grillo, mentre Bongiorno è più velocista puro e non andrà a toccare il raggio d'azione degli altri due. Per corse come la Milano-Sanremo, le qualità di due ruote veloci che tengono in salita e che riescono a preservare energie e lucidità per affrontare una volata di gruppo essendo competitivi ci potranno tornare molto utili. L'incognita per entrambi - visto che Grillo saltò la Sanremo 2005 per malattia - è legata al chilometraggio, anche se Paride in questo è avvantaggiato dall'esperienza in molte corse, tra cui il Giro, maturata lo scorso anno, mentre Richeze è un neopro' che ha già vinto, vero, ma si trattava pur sempre di un circuito di 80 km. Questo è bene precisarlo».
Ha iniziato col botto - anche se purtroppo questa non è un'allegoria - anche Dall'Antonia: dopo il 10° posto a Doha, subito la frattura alla clavicola nel Tour du Qatar.
«Peccato, non ci voleva, perché Dall'Antonia era partito forte e puntava molto alle classiche di inizio stagione. Riprenderà ad allenarsi intorno al 10 marzo e cercherà di tornare utile e competitivo più avanti. Devo dire che mi ha fatto anche lui un'ottima impressione: è un ragazzo molto determinato, molto intelligente e molto misurato. E poi non dimentichiamoci che ha grandissime qualità».
Per finire l'elenco dei neopro', che poi sono anche gli unici acquisti della Ceramica Panaria-Navigare, ci sono Pagato, Priamo e Rubiano Chávez, uno scalatore che per conformazione fisica ricorda molto Rujano.
«Richeze e Dall'Antonia li conosco meglio perché ho avuto la possibilità di seguirli da vicino più volte, mentre gli altri tre ancora devo vederli bene in corsa. Priamo è stato con noi a Chiasso e Lugano, ma il percorso non si addiceva alle sue caratteristiche ed ovviamente non è giudicabile. Rubiano è uno scalatore di cui si dice un gran bene, somiglia davvero a Rujano anche se in realtà credo che sia anche un po' più minutino rispetto al venezuelano. Il ruolo dei nostri neopro' sarà comunque confacente alle loro possibilità, visto che qui non si chiede subito tutto il possibile, ma c'è tempo di crescere. Ovvio che se come Grillo e Pozzovivo dimostreranno, come già ha fatto vedere Richeze, di andar forte sin da subito i loro spazi aumenteranno a seconda delle loro capacità».
Capitolo Pro Tour: cosa ha fatto capire il 2005 e come si affronterà il 2006?
«L'anno scorso, sportivamente parlando, il Pro Tour ha portato benefici soprattutto alle grosse squadre, a quelle attrezzate per far bene in tutta la stagione, mentre le medio-piccole che fanno parte del circuito sono state penalizzate e non poco. Tanti all'inizio non avevano capito bene il modo di gestire le risorse umane all'interno del proprio team, e tante squadre hanno sbagliato impostazione, preparazione o comunque una serie di fattori che non ha permesso loro di esprimersi al meglio. Per fare un esempio, quest'anno in Malesia c'erano squadre già preparate, facenti parte del Pro Tour, come l'AG2R Prevoyance e la Crédit Agricole, mentre nel 2005 nessuno dei team Pro Tour era venuto a correre il Langkawi. Tanti hanno impostato, lo scorso anno, una preparazione troppo mirata su tutta la stagione, e difatti a metà anno le formazioni minori si sono concentrate maggiormente sul circuito continentale competendo con le Professional e riuscendo a vincere corse anche importanti. Difatti, se sei un team di fascia altissima puoi essere competitivo anche nelle corse più importanti, tutte, e far crescere i giovani all'interno delle altre gare, mentre ad una squadra medio-piccola conviene più fare qualche vittoria nel calendario continentale piuttosto che qualche piazzamento, magari neanche tanto di rilievo, nelle corse maggiori contro i "big"».
Spera che la diatriba tra il Pro Tour e gli organizzatori dei grandi giri possa risolversi a favore di questi ultimi?
«Io spero che entrambe le parti lottino e cooperino per il bene dello sport "ciclismo". Se questo vorrà dire dover scegliere, allora credo che la strada intrapresa dagli organizzatori dei grandi giri sia più che giusta e quella che volge più all'aspetto sportivo che non a quello economico. Nella scorsa riunione dei ds, svoltasi a Salsomaggiore Terme, anche le Professional sicure, o quasi, di partecipare al Giro d'Italia - la rassegna più importante - come può essere la nostra squadra, si sono battute affinché il movimento consenta a realtà importanti come la Naturino, la Tenax, ed altri team di partecipare alle corse più importanti in Italia, e quindi anche al Giro, al posto di quei team che vengono alla corsa rosa soltanto per onor di firma e per oneri di sponsorizzazioni e di licenze. Alcuni team avevano chiaramente voglia di essere altrove, ma questo vale anche per la Cronosquadre di Eindhoven, ad esempio, o per le prove della campagna del Nord, o per alcune corse a tappe di fine stagione. Le corse del Pro Tour sono molte, 25/30 corridori non sono tanti, e se si calcolano infortuni, cali di condizione, malattie ed intoppi vari si capisce che avere 16 corridori pronti da marzo ad ottobre, quando le squadre Pro Tour svolgono costantemente una doppia - se non tripla, ed allora ne servono 24 come minimo - attività, è praticamente difficilissimo. Per questo a fine stagione abbiamo visto molte squadre rimaneggiate, molti stagisti fatti correre nelle prove continentali ed energie ridotte al lumicino. Nella gestione qualcosa nel 2006 è cambiato, come già accennavo prima, ma per capire bene si dovrà aspettare il prossimo Giro di Lombardia e tirare lì le somme».
Nel 2006 la Ceramica Panaria-Navigare sarà affiliata alla Federazione Irlandese. Perché?
«Innanzitutto vorrei smitizzare il fatto che all'estero non si paghino le tasse, o che comunque sia questo il principale motivo per cui molte squadre si affiliano fuori dall'Italia: sportivamente non cambia nulla, siamo e resteremo una squadra italiana, gestita da italiani, con sponsor italiani e che punterà a far bene, anzi benissimo, nelle principali corse italiane, preferibilmente con corridori italiani. Dal punto di vista gestionale, invece, cambia qualcosa a livello di contratti lavorativi per gli stranieri tesserati, ed anche sotto il punto di vista dei contributi statali. La scelta dell'affiliazione secondo me non è un parametro determinante».

Mario Casaldi    



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