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«Paolo e Tom, coppia d'oro» - Intervista a Guercilena, ds Quick Step

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Omloop Het Volk, GP E3-Harelbeke, Giro delle Fiandre, Parigi-Roubaix, HEW Cyclassics di Amburgo, Giro del Lazio, GP Vallone, Campionato del Mondo a cronometro, Campionato del Mondo su strada, GP Zurigo e Giro di Lombardia; tappe al Giro d'Italia, al Tour de France ed alla Vuelta a España; altre vittorie parziali conseguite nelle varie brevi corse a tappe del mondo. In poche parole: Quick Step-Innergetic, la squadra del campione olimpico in carica, Paolo Bettini, del campione mondiale in carica, Tom Boonen. Ne parliamo con Luca Guercilena, ds del team di Lefevere.
Visto il 2005, e gli anni passati, sarà difficile non considerarvi il faro nelle corse di un giorno.
«La stagione 2005 è stata molto, molto buona per tutta la squadra, anche perché ha seguito le orme delle stagioni 2003 e 2004 che sono state senza dubbio bellissime. La squadra è chiaramente impostata sulle classiche ed anche i nostri sforzi sono dunque concentrati perlopiù su questo tipo di competizioni. E si vede».
Se dovesse scegliere un momento particolare del 2005, da fotografare, quale sceglierebbe?
«Il finale di stagione è stato memorabile, con il Mondiale su strada, il GP di Zurigo ed il Giro di Lombardia. Boonen e Bettini hanno concluso un'annata splendida che non poteva terminare in modo migliore».
A proposito di Boonen e Bettini, le mezze incomprensioni tra Sanremo e Vuelta a España sono state in qualche modo affrontate e discusse?
«Qualche incomprensione tecnica ci può stare, al di là del fatto che gli atleti si chiamino Bettini e Boonen: mi viene in mente ad esempio la tappa della Vuelta poi vinta da Hushovd. Lì fu una situazione by-passata da noi direttori sportivi in modo molto veloce vista anche l'altimetria e le caratteristiche della tappa che non permetteva un dialogo finale improvviso con gli atleti. Ma quella è una situazione che è stata poi risolta in serata per volere degli stessi due corridori e che non ha lasciato alcun tipo di strascico, né allora ed a maggior ragione adesso. All'interno del team, poi, la loro sinergia è ottima, e la squadra mantiene la ferma convinzione che in certi tipi di corse convenga più avere più frecce al proprio arco piuttosto che avere un unico capitano e rischiare di restare scoperti».
Il lavoro dei direttori sportivi, con due campioni simili, è comunque importante o si preferisce lasciare una sorta di autogestione sportiva ai due atleti?
«Indubbiamente le indicazioni tecnico-tattiche sono fornite dai direttori sportivi, anche se il livello dei corridori è talmente elevato che quasi non serve. Loro si attengono a quello che è il lavoro di squadra stabilito, ma senz'altro nelle riunioni pre-gara gli atleti si parlano, ci parlano, e si cerca di impostare poi la gara secondo quelle che sono le nostre considerazioni in simbiosi con le loro: ma questo non vale solo per Bettini e Boonen, ma per tutti».
Oltre ai due leader indiscussi, l'ambiente Quick Step è stato un vero e proprio toccasana per il vicentino Filippo Pozzato. Qual è la reale dimensione, anche in prospettiva, di un corridore che ha già dimostrato di saper vincere, e bene?
«Pozzato, per l'età che ha, ha già dimostrato ampiamente di saper vincere. Sicuramente l'aver fatto parte già del gruppo Mapei Giovani gli ha fatto bene, l'esser passato professionista presto gli ha fatto altrettanto bene, ma ricordiamoci che Pozzato l'anno prossimo compirà 25 anni e le sue potenzialità sono ancora da limare».
Il correre con un coetaneo forte come Boonen può far bene al processo di maturazione di Pozzato o i pochi spazi individuali che potrebbe trovare possono rappresentare una sorta di handicap per il vicentino?
«Sono convinto che sia un grosso vantaggio per Pozzato, perché per me avere più corridori in grado di far bene non può essere che un vantaggio per la squadra. Il fatto di essere compagni di squadra non è affatto una limitazione per il vicentino, visto che la Quick Step ha dimostrato anche nel 2005 ad Amburgo, ad esempio, di poter piazzare più di un corridore nei primissimi posti dell'ordine d'arrivo».
Tra Gand-Wevelgem e Parigi-Roubaix abbiamo visto un Pozzato davvero molto propositivo. Gli è piaciuta la campagna del Nord? Ha possibilità di far bene in certi tipi di corse?
«Pozzato è un ragazzo cresciuto nel mito di Michele Bartoli, e vede le classiche come il proprio obbiettivo maggiore. La voglia di essere maggiormente competitivo anche nelle classiche del pavè esiste, ed a noi non può che far piacere. Anche perché alla Gand è stato sfortunato, altrimenti avrebbe potuto raccogliere già un bel risultato».
Rispetto al 2005, la squadra ha tagliato qualche corridore da grande o breve corsa a tappe come Mercado, Pecharroman e soprattutto Sinkewitz e Rogers. Scelte tecniche o puramente contrattuali?
«Gli atleti che abbiamo perso per le gare a tappe sono stati sostituiti da un atleta come Garate che nei grandi giri ha sempre dimostrato una certa costanza e continuità. Non dimentichiamoci poi che, a fine Giro d'Italia, lo spagnolo sarà raggiunto dal venezuelano Rujano, ed il suo acquisto ci farà fare un grosso salto di qualità anche in quel tipo particolare di gara. Ripeto che l'impostazione della Quick Step-Innergetic è maggiormente votata alle gare di un giorno, ma con questi due uomini possiamo far bene anche perché le squadre a loro disposizione saranno ben preparate e pronte al sacrificio per aiutare colui che sarà il loro capitano».
Se nelle classiche il gruppo dovrà fare i conti con la Quick Step-Innergetic, durante le corse a tappe saranno i vostri atleti a dover fare i conti col gruppo.
«Senz'altro, anche se sulle salite vere e proprie ci si arriva in pochi e credo che la nostra squadra abbia mediamente gli uomini in grado di poter scortare il capitano fino alle fasi decisive della corsa. Penso che anche sulle gare a tappe potremo dire la nostra, anche se il nostro modo di affrontare la corsa di tre settimane, o più breve, sarà sicuramente differente dal modo in cui abbiamo sempre affrontato, e continueremo a farlo, le corse in linea».
Diciamo insomma che non sarebbe affatto conveniente prendere la maglia di leader della Classifica Generale nei primi giorni di corsa.
«Prendere la maglia di leader della Generale nei primi giorni non è mai conveniente, visto che questo significa dover far lavorare la squadra anche nelle tappe più semplici ed in quelle interlocutorie. Non si potrebbe fare a meno di lavorare, e quindi la maglia di leader è sempre meglio conquistarla poche ore prima della fine del giro in questione (ride). Tornando seri, anche se conquistassimo una maglia di leader durante i primi giorni sono convinto che il giusto mix tra uomini esperti che sanno controllare la corsa e giovani con tanta voglia di fare ci garantirebbe comunque il giusto equilibrio tra doveri, sforzi, oneri ed onori».
Nel reparto "corse di un giorno", le cessioni di corridori come Moreni ed il danese Mads Christensen. Le analizziamo?
«Christensen ha patito la lontananza da casa, perché si è stabilito in Toscana per l'allenamento ed il clima e questo ha contribuito al fatto che non riuscisse a rendere al meglio; per un ragazzo di 22 anni cambiare casa, nazione, dimensioni e quant'altro può essere un pochino debilitante. Io penso che possa fare molto, molto bene nel ciclismo che conta e credo che in una squadra un pochino più esigua nel numero di corridori e in corse non particolarmente dure, almeno per ora, possa già togliersi parecchie soddisfazioni: la scelta della Barloworld è stata fatta insieme dopo una sua richiesta, visto che desidera crescere con un poco più di tranquillità. Un accordo tra le parti, insomma. Per quanto riguarda Moreni, la decisione è stata presa consensualmente dopo una richiesta di maggiori spazi individuali dell'ex campione italiano su strada. Richiesta comprensibile, e che comunque non ci limita nel ringraziare il ragazzo per la grossa mole di lavoro svolta per la Quick Step l'anno passato quando si è addirittura inventato gregario in salita, al Giro di Svizzera sul San Gottardo, per aiutare il proprio capitano Rogers che era primo in Classifica Generale. Lascia un ottimo ricordo, ma essendo un atleta che ha nelle sue caratteristiche quelle dell'essere un vincente, ha pensato bene di cercare maggiori spazi in una squadra che gli potesse garantire il ruolo del leader piuttosto che quello del gregario, seppur di lusso».
Gli arrivi di Baguet, campione belga, De Jongh, Vasseur e Verheyen, aggiunti a quelli di Tosatto e Kevin Van Impe, dimostrano come la voglia di eccellere per quanto riguarda le corse in linea sia proprio un chiodo fisso.
«Gli atleti scelti sono stati selezionati grazie alle loro qualità che consentono loro di stare vicino a Tom Boonen durante le volate e che, al contempo, in qualche corsa minore possano dire la loro, come già dimostrato negli anni passati, e competere per la vittoria. De Jongh, Vasseur e Baguet su tutti hanno un passato molto buono e noi speriamo possano ripetersi anche qui da noi. Come in tutte le grosse squadre che si rispettino, i leader hanno l'appoggio incondizionato di tutto lo staff e di tutti i compagni, ma nulla toglie che i gregari e le seconde punte abbiano la totale libertà di puntare al risultato individuale quando la tattica di gara sarà libera e non ci sarà un vero e proprio capitano designato».
Che tipo di corridore è lo svizzero Schwab?
«Schwab è un giovane molto, molto interessante: viene dalla scuola svizzera, quindi da una scuola che ha deciso una politica verso i giovani di notevole tutela. Dopo esperienze molto positive tra gli Under 23 è passato in una squadra Continental svizzera, la Saeco-Romer's, dove ha potuto già affrontare qualche gara importante. Ha voglia di imparare ed è molto attento e discreto, e secondo me sarà un atleta che nel futuro potrà fare cose egregie. Ovviamente ha ancora molta strada da fare e questo suo primo anno con noi sarà proprio dedicato alla crescita sotto il profilo dell'esperienza».
Abbiamo detto di Bettini e Boonen, con Pozzato subito dietro. Dalla stagione di altri ragazzi come Nuyens, Chicchi e Viganò, su tutti, cosa si aspetta la Quick Step?
«Nuyens, tra i corridori citati, è quello che dà sicuramente le maggiori garanzie per l'immediato, viste anche alcune sue prestigiose vittorie come l'Het Volk del 2005; più o meno come Pozzato, deve trovare una dimensione nel gotha del ciclismo di primo livello. Per quanto riguarda gli altri, corridori di esperienza come Knaven, ad esempio, potranno essere sicuramente importanti per gli altri giovani che dovranno emergere. Chicchi è una nostra scommessa, viene da stagioni deludenti per un ex-campione del Mondo tra gli Under 23, e sicuramente anche lui si aspettava di più: noi ci crediamo e puntiamo a farlo crescere fino ad un ottimo livello. Viganò, sin dall'agosto scorso, ha saputo far vedere prestazioni di altissimo livello: piazzandosi nelle volate, ma anche svolgendo prezioso lavoro per il team in altre occasioni. È un altro giovane su cui facciamo molto affidamento. Questa, lo preciso, è una valutazione generale degli atleti, perché ricordiamoci che sono ancora ragazzi giovani e stabilire con certezza quali siano le loro possibilità nell'immediato è piuttosto difficile, anche se ipotizzabile».
La politica della Quick Step, comunque, ci pare molto incentrata sui giovani.
«Noi cerchiamo di ponderare il più possibile la scelta dei giovani. Le valutazioni sono determinate dall'impatto al professionismo, poi da lì si può lavorare sulla crescita dell'atleta e dagli eventuali risultati da raggiungere in futuro. Al momento possiamo dire che alcuni giovani in particolare hanno già delle ottime prospettive, poi - ripeto - sarà la strada a dar conferme o smentite su ciò che pensiamo».
Dopo l'Het Volk del 2005 Nuyens si lanciò in una dichiarazione che, più o meno testualmente, recitava: "Ora la Quick Step può chiedermi di tutto"; ipotizzando, supponiamo, un eventuale ruolo di gregario. È stato un buon segnale secondo lei, o è limitante per un ragazzo con quelle prospettive?
«Nuyens è un ragazzo d'oro, e sa che per raggiungere grandi risultati serve l'umiltà. Ha riconosciuto l'ottimo lavoro dei compagni di squadra, dimostrando grande professionalità e rispetto verso tutti gli altri compagni, su tutti Boonen che era già un atleta di alto livello. Ha dimostrato di conoscersi e di saper gestire i propri limiti con l'aiuto del team, come i capitani di carisma sanno fare».
Qual è la sua idea sul Pro Tour?
«Il Pro Tour sta dando una nota di professionalità, nota che probabilmente serviva al ciclismo. Ora sta vivendo una situazione delicata sia dal punto di vista economico che sportivo; come tutte le cose che nascono, avrà ed ha bisogno di ritocchi e di aggiustamenti. Penso che sia una strada da dover percorrere, anche a costo di dover pagare dazio in qualche situazione particolare, inoltre la soluzione vincente è l'aver puntato molto sulle solidità economiche. C'è da sistemare qualcosa, senz'altro, su tutti quella diatriba con gli organizzatori che richiedono all'Uci la libertà di invitare più team per conto proprio. Penso però che con un po' di buona volontà la situazione si possa risolvere trovando così il modo di offrire agli appassionati quello che meritano, che è lo spettacolo delle corse importanti affrontate da corridori importanti e motivati».
Se lei fosse stato il ds di Ceramica Panaria o Comunidad Valenciana, si sarebbe sentito tagliato fuori da un meccanismo che non prevede promozioni né retrocessioni dal Pro Tour?
«Non sono convintissimo di questo. Lo sponsor ha bisogno di un ritorno di immagine correlato alla quantità economica sborsata dalla sponsorizzazione. Inevitabilmente, se non ci fossero certi tipi di garanzie, molti sponsor non entrerebbero nell'orbita dello sport ciclistico. Le promozioni e le retrocessioni, secondo me, inscenerebbero questo meccanismo di precarietà degli sponsor. Per fare un esempio mi rifaccio un attimo agli sport americani, dove il piano sportivo non è messo in secondo piano rispetto a quello economico, bensì è vincolato da questo; secondo me, se si riuscisse ad impostare il calendario Continental, tenendo comunque la possibilità di invito a corse Pro Tour per i team Professional più meritevoli, al fine di consentire alle squadre Pro Tour, ogni fine anno, di scegliere gli atleti più meritevoli che militano in formazioni minori - ovviamente secondo un criterio di scelta scientifico - anche le squadre minori vivrebbero di luce propria, avrebbero introiti ed il calendario Continental potrebbe avere anche un grandissimo ritorno sportivo e d'immagine».
Il calendario e le classifiche Continental, con atleti di squadre Professional e Continental, visti come una sorta di serbatoio giovanile per i Pro Team ed il Pro Tour. È questa la sua idea?
«Sono considerazioni personali mie, lo preciso, e si parla ancora di ipotesi che sarebbero comunque da sottoporre alle attenzioni dei team manager e dei ds delle squadre di seconda e terza fascia. A mio parere, il punto di vista sportivo in questo modo potrebbe crescere non poco, visto che le squadre minori potrebbero ricevere premi ed indennizzi dai Pro Team e dall'Uci a seconda dei corridori che daranno ai Pro Team. Rimango comunque dell'idea che se uno sponsor volesse crescere, come ha fatto quest'anno l'AG2R ad esempio, può investire più denaro portando il suo team a fare parte del circuito Pro Tour. Certamente bisognerà avere il tempo necessario per studiare l'eventuale progetto e parlarne con calma, un po' come dicevo prima per il Pro Tour: con la pazienza e la volontà di migliorare, dunque. Il tempo è senz'altro dalla parte del ciclismo».
Magari il Pro Tour potrebbe iniziare a migliorare facendo sì che una squadra come la Quick Step, che nel 2005 ha vinto ciò che ha vinto, non risulti poi a fine anno 13° nella classifica a squadre.
«Sicuramente la struttura del punteggio, soprattutto a squadre, è limitante. Abbiamo vinto due Campionati del Mondo, cinque prove dell'ex-Coppa del Mondo, tappe nei Grandi Giri, abbiamo vestito maglie rosa, ciclamino e azzurre al giro e verdi al Tour, abbiam vinto 37 corse ed è limitante vederci relegati dietro a tante squadre che hanno vinto la metà delle corse e di qualità nettamente inferiore. Il valore dovrebbe essere dato dal totale dei punti dei corridori del team, e non estrapolare i punteggi della classifica a squadre dal piazzamento dei migliori tre di ogni squadra. Anche qui, però, le riunioni a livello internazionale hanno già affrontato il problema e spero anche lo abbiano risolto».
Davide Bramati, a fine Giro, la raggiungerà in ammiraglia. Pensa potrà far bene come ds?
«Sono contento che farà parte del nostro team anche come ds, dato che i suoi tanti anni di professionismo gli avranno lasciato molti insegnamenti che spero sarà in grado di estendere ai suoi corridori. Ritengo inevitabile che i corsi per i ds siano corsi veri e propri, e non una trovata per offrire agli ex-professionisti un ripiego per rimanere nell'ambiente. Mentre si preparava per l'esame ho parlato spesso a Davide di questi argomenti, e lui è pienamente consapevole che il ruolo del direttore sportivo non è solo una prosecuzione della pedalata. Lui lo sa, e quindi sono convinto che sarà un ottimo ds».
Una battuta: come ci accorgeremo quando Bettini starà per scattare adesso che non c'è più Paolini a lanciarlo?
«(ride) Spero che ci saranno altri corridori che potranno rimpiazzare Paolini. Penso a Pozzato, a Nuyens, o ai vari atleti con caratteristiche simili a quelli appena citati; dipenderà dalle situazioni e dal calendario. Questo è un "problema" a cui sapremo ovviare, comunque ringraziando ed applaudendo il grande lavoro che Luca Paolini ha sempre svolto per Bettini e per la squadra in tutte le varie forme».
Che stagione si aspetta da Paolini, passato alla Liquigas, nel 2006?
«Spero riesca a tenere le caratteristiche che ha sempre dimostrato alla Quick Step, anche se, nel caso ci riuscisse, sarà senz'altro uno dei favoriti per molte delle corse in linea che andremo a disputare lottando anche contro la sua nuova squadra. Sarà uno dei corridori più temuti, visto che conosce alla perfezione i nostri meccanismi ed i nostri corridori e gli sarà piuttosto facile inserirsi nelle nostre tattiche di gara. Per il potenziale che ha da esprimere, Paolini ha cercato di trovarsi spazi più individuali per provare a vincere qualche grossa corsa anche alla luce di quella medaglia di bronzo colta a Verona 2004. Glielo auguro con tutto il cuore, perché anche se da quest'anno sarà un avversario non posso non ammirare l'uomo ed il corridore che Paolini ha sempre dimostrato di essere».
Che rapporto ha con internet?
«Un rapporto che definirei "dignitoso". Lo utilizzo spesso per reperire informazioni che riguardano la mia professione, quindi a volte analizzo determinati corridori mentre in altre occasioni mi informo sui risultati delle corse nel mondo. È senz'altro comodo, ma evito di esserne succube».

Mario Casaldi    



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