«L'obiettivo è crescere ancora» - Intervista a Marrone, tm Ceramica Flaminia
Versione stampabileCompirà un anno il prossimo 29 gennaio la Ceramica Flaminia e, all'alba di una nuova stagione, tiriamo le somme su quanto mostrato nel 2005 con Roberto Marrone, responsabile del team laziale. Ovviamente è anche tempo di pensare al futuro, a un nuovo anno che la Flaminia correrà con i gradi di Professional, quindi Marrone non può sfuggire a una panoramica su quelli che saranno gli obiettivi per il lungo 2006 che già è alle porte. C'è anche spazio per una "toccata e fuga" sull'affaire Proni, del quale il team manager però ha poca voglia di parlare. Si percepisce ancora, a distanza di mesi, il suo disappunto per come si è conclusa la vicenda con il giovane corridore romano. Marrone preferisce parlare delle cose buone che ha costruito durante questo lungo anno, del gruppo che sente sempre più forte e compatto intorno al suo progetto.
Come è nata l'avventura della Ceramica Flaminia, cosa ha spinto l'azienda a entrare nel mondo del ciclismo?
«Io ho proposto il progetto all'azienda, che è un'impresa seria e leader nel suo settore. Conosco personalmente i proprietari e l'idea li ha convinti. Sono sicuri che il ciclismo sia un ottimo mezzo per veicolare l'immagine e la creazione di questo team è stata una soddisfazione per tutti».
Da che cosa è partito nella costruzione della squadra?
«Non è mai facile iniziare, però sono convinto che se si lavora bene, con la giusta passione, i risultati non posso non arrivare. Circondarsi di persone valide e di esperienza, avere due d.s. preparati come Simone Borgheresi e Massimo Podenzana, alla fine paga. Inoltre sono fermamente convinto che l'ambiente che ti crei intorno abbia un'importanza imprescindibile: se lavori in sintonia con gli altri, se sai motivare le persone che ti stanno a fianco, attiri verso di te attenzioni positive. Questo per una squadra piccola e agli esordi come la nostra è indispensabile. Sono felice di poter lavorare qui in un ambiente che posso tranquillamente definire familiare».
La direzione è stata quella di puntare tutto sui giovani.
«Direi che è normale. In questi tempi le squadre come la nostra non hanno molte risorse finanziarie. Il budget è minimo e i costi sempre elevati. Siamo costretti a pagare i corridori con il minimo sindacale, sperando di far bene e metterci in mostra. E quest'anno posso dire che ci siamo riusciti».
Oltre ovviamente alle due vittorie stagionali ottenute dagli ottimi Spadi e Varini, è stato un bel colpo il podio ottenuto al Giro del Lazio.
«Già, salire sul podio in una corsa come il Giro del Lazio, che vede al via sempre grandi nomi, è stato importantissimo per noi. E oltre al terzo posto di Szczawinski è arrivato anche il trofeo del Gran Premio della Montagna, conquistato dal temerario Maurizio Varini che è stato in fuga tutto il giorno. Il tutto impreziosito dal fatto di correre in casa, una vetrina davvero non indifferente per lo sponsor. Una gran bella giornata, che per fortuna non è rimasta l'unica della stagione».
Nel 2006 avrete la qualifica di Professional. Cosa vi ha spinto a fare il grande salto dopo solo un anno di attività?
«Faceva tutto parte del progetto iniziale di cui parlavo poc'anzi: "Un anno come Continental e poi se tutto va bene il passaggio al grado di Professional". È andata bene per fortuna, ma ne ero certo, il nostro progetto è valido ed anche le persone che lo portano avanti si sono dimostrate all'altezza come avevamo preventivato. Si continua su questa strada quindi, sperando che questo sia solo l'inizio».
Si allargano dunque gli orizzonti davanti ai vostri occhi: quali sono gli obbiettivi prefissati per il nuovo anno?
«Innanzitutto quello di consolidare un gruppo già compatto e sereno. Abbiamo puntato su altri giovani di valore, che crediamo possano far bene fin da subito, come Angeloni, Kuschynski, Geremia, Scotto d'Abusco, che ha finalmente sistemato la sua situazione, ma anche altri. I giovani sono sempre una scommessa, ma crediamo di aver giocato bene la partita per la composizione della squadra. Sicuramente il tasso tecnico è aumentato. Per quanto riguarda le corse l'obbiettivo principale è quello di mettersi in mostra e fare bene, i risultati arriveranno. Avremo la possibilità di partecipare a molte più gare rispetto al 2005, e soprattutto a gare più importanti. Oltre a tutto il calendario italiano, sarà interessante provarci nelle corse estere, specialmente nelle brevi e medie corse a tappe. Mi piace molto il Giro del Portogallo per esempio».
Purtroppo si è parlato della squadra non solo per gli aspetti sportivi: il caso Proni ha un po' scosso l'ambiente e sollevato un serio problema.
«Premetto che io non ho mai chiesto a nessuno di correre gratis. Di Proni non voglio parlare molto perché sono amareggiato, ci sono rimasto male per come è finita tutta la vicenda».
Cosa pensa dunque lei di coloro che chiedono ai ragazzi di correre senza un riconoscimento monetario per il lavoro svolto?
«Non voglio giudicare, ma dico che se qualche giovane è disposto a farlo secondo me non è un professionista serio. Insomma, fa una scommessa su se stesso in un certo senso e le scommesse purtroppo si possono anche perdere. Tornando nel caso specifico di Proni posso solo dire che ha preferito, come molti altri giovani, rimanere tra i dilettanti, che spesso percepiscono uno stipendio superiore a quello che possono garantirgli le piccole squadre professionistiche. A noi un corridore costa molto più dello stipendio annuale che percepisce: ci sono contributi, assicurazioni, molte più spese, i costi di gestione sono maggiori insomma. Capisco se un corridore non può permettersi di guadagnare meno».
Visto dall'esterno, che impressione vi ha fatto il Pro Tour?
«Certamente ci penalizza, poichè ci preclude molte possibilità di partecipare alle corse. Questa è una visione soggettiva, però anche oggettivamente le stesse squadre che fanno parte del circuito non ne sono entusiaste, né tantomeno lo sembrano gli organizzatori. Essendo stato quello appena passato un anno di sperimentazione, potremmo dire, credo vadano riviste alcune cose: la più importante è il numero delle squadre. Limitarlo potrebbe dare ossigeno alle squadre minori, che potrebbero così puntare a ottenere l'invito da parte degli organizzatori».
Per concludere una domanda-sondaggio: cosa pensa Roberto Marrone di Internet come sistema di informazione e comunicazione? E cosa pensa della superiorità che la "carta stampata" vanta nei confronti dei nuovi media?
«Io personalmente lo utilizzo molto, tant'è vero che la nostra squadra ha un sito che aggiorniamo tempestivamente, è un mezzo in cui credo molto. Oramai il mondo attuale lo richiede, se non lo usi sei penalizzato, tagliato fuori. Per quanto riguarda propriamente l'informazione si può dire che stimola molto la concorrenza e dal nostro ambiente viene seguito. Sicuramente la carta stampata guarda al mondo telematico come ad un avversario pericoloso, c'è molto spesso anche una differenza generazionale che non facilita i rapporti, però anche le testate più importanti ormai devono avere necessariamente un sito. L'unica pecca di Internet purtroppo è la sua vastità: ci si perde navigando. Nel poco spazio che resta libero dagli impegni lavorativi si ha il tempo di consultare uno o due siti al massimo, ci si basa su quelli».
Eugenio Vittone