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Hai voluto la bicicletta? - Scopriamo il mondo di Nicola Scattolin

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13 marzo 2004: l'impatto. Pochi giorni prima, a 24 ore di distanza, la Firenze-Empoli e il GP di Soprazocco, le due corse più importanti per l'inizio della stagione degli Under23. Due vittorie belle, di forza, complete: due vittorie che pongono l'attenzione su Nicola Scattolin, veneziano già campione d'Italia tra gli juniores e uno tra gli elementi di spicco di quella fucina di talenti che risponde al nome di Zalf-Desireé Fior.
L'impatto con quell'auto lo abbatte, fisicamente soprattutto, ma Nicola ha avuto la fortuna di incontrare sul suo percorso amici veri e compagni di squadra leali, con il contorno sempre importantissimo di dirigenti che hanno mostrato umanità anche al di fuori dello sport. La vittoria a Custoza, in settembre, è accolta come un miracolo: non lo è, invece, per chi ha sempre creduto in Scattolin, e nelle sue qualità. Boifava lo contatta per il team Androni Giocattoli-3C Casalinghi, squadra di giovani che nascerà nel 2005. L'anno scorso, poi, il debutto tra i pro', qualche difficoltà di ambientamento ed un sogno che s'avvera. Scopriamo come sarà il 2006, e non solo, di Nicola Scattolin.
Cosa ci racconti del primo anno tra i pro'?
«La prima annata mi ha un po' deluso sotto alcuni punti di vista, ma senz'altro può essere catalogata come una stagione positiva visto che mi ha permesso di coronare uno dei miei sogni da bambino che era quello di diventare professionista. La delusione deriva dai risultati, visto che mi aspettavo qualche sussulto maggiore. Farò comunque tesoro del 2005, prendere atto di ciò che è stato e provare a migliorare».
Pensi che la carenza di risultati possa derivare dalla differenza di categoria o credi di aver sbagliato qualcosa in fase di preparazione?
«Un insieme di tanti fattori e di tante piccole cose hanno portato all'annata che è stata. Il passaggio di categoria s'è fatto sentire sicuramente, ma anche qualche piccolo errore di preparazione dovuto magari all'incidente dell'anno prima che m'ha fatto fare un 2004 a metà. Anche mentalmente non è stato facile, visto che abbiamo quasi sempre gareggiato con i migliori, il livello era alto e non era sicuramente facile emergere».
Ci descrivi la realtà Androni? Il passaggio di qualifica da Continental a Professional è un grosso segnale di fiducia nei vostri confronti.
«Boifava è stra-considerato nell'ambiente del ciclismo, ed il passaggio credo sia stato anche un gesto di fiducia nei confronti del team, e a cascata del team sui propri corridori. Il passaggio significa anche che ci aspetterà un anno da correre ancora con i migliori, un calendario più impegnativo, un modo di correre un po' diverso ed anche un'organizzazione tecnico-manageriale un poco più complicata. L'anno scorso eravamo 10 corridori e si faceva attività unica, mentre quest'anno siamo in 14 e c'è anche la possibilità - in qualche occasione particolare - di fare doppia attività o comunque farci ruotare in maniera più consistente grazie ad un calendario più corposo».
Sabato c'è l'esordio al GP di Chiasso. Il tuo programma è già stato fissato?
«Esordirò sabato al GP di Chiasso e domenica replicherò con il GP di Lugano, entrambi in terra elvetica. Poi dovrei fare la Milano-Torino, ma la mia partecipazione è ancora in dubbio. Quest'anno son partito un po' più tranquillo non puntando subito alle prime corse del calendario, ma cercando di trovare la condizione per fare del mio meglio da marzo/aprile in poi. Più in là si vedrà, anche perché con i vari inviti la certezza di un calendario già definito non c'è, e quindi l'importante sarà raccogliere quando ce ne sarà la possibilità. Mi dovrò far trovar pronto quando servirà, senza tanti calcoli».
Durante l'inverno hai subito l'operazione al setto nasale. Ti ha costretto a modificare alcune date o metodi negli allenamenti?
«Ho dovuto fare qualche settimana di riposo in più per via dell'intervento, mentre nell'inverno 2004 iniziai molto prima a pedalare per il nuovo anno. Quest'anno ho iniziato a fine novembre conciliando la palestra e la normale attività sulla bici».
Hai trovato differenze tra la gestione tecnico-sportiva di una piccola realtà professionistica come l'Androni di Boifava ed una grande realtà dilettantistica come la Zalf di Fior?
«Mi ha totalmente stupito, in maniera positiva, il comportamento di Boifava. Essendo il team manager, credevo di vederlo una volta l'anno, ed invece viene a vedere diverse corse, durante i ritiri fa sempre un salto a vedere come stiamo. È sempre molto vicino alla squadra e lo sentiamo molto presente. Anche in corsa di consigli ce ne dà sempre, vista la sua grossissima esperienza. Per noi giovani è molto importante avere dei punti di riferimento così, e mi riferisco anche al ds Mario Manzoni che durante le corse è la persona dello staff che ci è più vicina».
Vi è mai venuta voglia di farvi raccontare qualche aneddoto particolare da Boifava?
«A volte c'è un po' di soggezione, soprattutto se ci si ferma a pensare alla sua storia da atleta e da uomo di ciclismo in generale. Di corridori ne ha avuti tanti ed anche fortissimi, e la mente corre immediatamente alla Carrera di Chiappucci e Pantani, almeno per quanto mi riguarda. A volte ci piacerebbe sentire qualche storia, ed a volte lui ne racconta, ma lui è un uomo di poche parole e quindi non si sbilancia mai più di tanto riguardo al suo passato».
Tra qualche giorno ricorrerà il 2° anniversario dell'incidente.
«Son già passati due anni, e son volati. Mi sembrava ieri quando fui costretto ad interrompere la stagione ed invece il tempo passa in fretta. L'incidente è stato un punto di partenza, mi piace pensarlo come una svolta per la mia carriera, anche perché nel bene e nel male ha segnato una data importante all'interno della mia carriera. Da quella storia ho imparato che nella bici e nella vita ci possono essere sempre delle svolte imprevedibili: e da quel giorno ho forse capito che, okay, la bici va bene, ma anche gli amici e le altre cose che forse avevo un po' trascurato sono importantissimi nella vita».
Trarre aspetti positivi da storie simili permette anche di acquisire una maggiore maturità.
«Mi fossi pianto addosso, dopo l'incidente, avrei smesso. Invece ho trovato la forza di continuare a praticare uno sport che mi è sempre piaciuto fare e che spero di continuare a praticare il più a lungo possibile. La bellezza e la passione di questo sport sono i fattori che mi hanno permesso di continuare; uno sport che finora mi ha dato tantissimo e spero continui a farlo per tanto».
Come hai vissuto il periodo di convalescenza? Sei stato "coccolato" dai compagni e dalla squadra?
«Ho avuto un grandissimo conforto dai compagni di squadra, e sinceramente non me lo aspettavo: sì, ci correvo assieme, ma non credevo di avere un legame così forte con alcuni di loro. Una volta o due la settimana prendevano la macchina dal ritiro e venivano a casa mia per trovarmi: cito Conati, Colli, Pozzovivo, Gatto, ma anche altri ragazzi venivano spesso e mi ha fatto tantissimo piacere. Anche i ds hanno fatto la propria parte: Rui, che è stato il primo a vedermi dopo l'incidente, è sempre stato molto presente ed anche le visite di Egidio Fior sono state molto premurose e passionali».
Poi la vittoria di Custoza e i contatti con Boifava per sbarcare tra i pro'.
«Era settembre, non ricordo con precisione il giorno. È stato un contatto graduale, è stato fatto un passo alla volta anche perché il team stesso è nato un po' in sordina e bisognava fare le cose con gradualità. Avevamo l'accordo sulla parola, e sebbene la fiducia fosse e sia tuttora altissima, in questo mondo le cose finché non son scritte non sono mai certe. Poi il 13 o 14 dicembre ho firmato, ma i mesi tra settembre e dicembre, vissuti un po' in sospeso tra la parola data e la firma che non arrivava sono stati piuttosto duri. Ovviamente vivevo con gioia anche i contatti, perché dopo ciò che era successo era senza dubbio un attestato di stima, ma non avevo la tranquillità necessaria che invece quest'anno ho».
Dovessi fissare un obiettivo per il 2006, cosa mireresti?
«Mi piacerebbe far bene in qualche classica, anche se il calendario - come già detto - non è definito ed è difficile stabilire degli obiettivi certi. Il Giro del Veneto, su tutti, visto anche che si corre intorno a casa mia, sarebbe speciale: correrei davanti a tantissimi miei tifosi, gente che mi è stata vicina sia nel bene che nel male ed in tanti momenti difficili, e mi farebbe immensamente piacere essere protagonista in una corsa del genere».
Una corsa che, per caratteristiche, sembra tagliata su misura per Scattolin.
«È una corsa che dovrebbe adattarsi alle mie caratteristiche. Salite non lunghissime, corsa selettiva, una corsa che porta alla ribalta corridori che devono "menare" ed andar forte».
Fissa due momenti del 2005: il più bello ed il più brutto.
«Il momento più bello è stato sicuramente l'esordio: Donoratico. Indimenticabile, quando già la sera prima mi tremavano le gambe e al momento di attaccare il numero alla maglia non capivo niente ed ero totalmente in bambola. Il momento più brutto lo fisserei in estate, quando in alcuni momenti sono andato davvero piano, piano, piano e facevo veramente molta fatica».
Il modo migliore per esorcizzare alcuni fantasmi è una bella vittoria.
«Certo, ma io sono sempre dell'idea che bisogna procedere un passo per volta. Iniziando con l'essere protagonista, poi strappando qualche piazzamento e in fondo, se arrivasse qualcosa di più, sarebbe splendido. Certo, se anche arrivasse subito non mi dispiacerebbe, ma almeno con le aspettative bisogna tenere i piedi per terra e fare un piccolo passettino per volta».

Mario Casaldi    

 

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