Sulle orme di Museeuw - Bettini parla dopo il Giro di Lombardia
Versione stampabile
Lo scatto, presto, troppo presto, inferto al gruppo dei fuggitivi prima del dovuto: «La gamba era ottima, l'arrivo vicino, e io non vedevo l'ora che finisse, sia la gara sia la stagione - esordisce Bettini - ed appena ho viso il cartello dei 200 metri ho lanciato la volata». Qualcuno gli fa notare che è partito molto prima dei duecento, e Bettini quasi incredulo fa: «Ah, beh, allora ero troppo focalizzato sul cartello dei 200 che quelli prima neanche li ho visti».
Tanti non credevano che Bettini potesse passare indenne il Ghisallo, giudicato troppo duro, ed il toscanaccio de La California non solo li ha smentiti, ma li ha addirittura zittiti scollinando per primo, evitando peraltro di far scrivere ad Allan Davis, il passista veloce della Liberty Seguros già 3° sul traguardo di Tours una settimana fa, il suo nome nell'albo d'oro dei passaggi al Ghisallo nell'edizione dei cento anni. Niente contro il "canguro" di Saiz, per carità, ma il nome di Bettini è molto più confacente alla storia di una corsa come il Lombardia e per una salita storica come quella lombarda.
Il podio del Lombardia: Simoni, Bettini e Schleck (foto Eugenio Vittone)
Un altro Liberty, un siciliano stavolta, stava per fargli saltare i piani a poco meno di un chilometro dall'arrivo, anche grazie a qualche scia di troppo presa da moto e macchine dell'organizzazione che lo ha riportato sul terzetto Bettini-Simoni-Schleck e che lo aveva lanciato al contropiede. «Per carità, nessun problema con Caruso - risponde Bettini pungolato sull'argomento - mi hanno detto delle scie, ma ha fatto bene, avrei corso così anch'io. Si è giocato le sue carte, ed ha corso molto bene. In volata era sfavorito ed ha provato ad anticipare. Niente di strano».
Otto classiche ed un'Olimpiade, una classica ed un Mondiale in meno (ma un'Olimpiade in più) di Johan Museeuw, «il corridore che andava più forte di tutti» secondo Bettini e verso cui il toscano ha un'ammirazione ed una simpatia che manifesta in ogni occasione: «Prima che si ritirasse, mi ha detto di credere che io passerò il suo totale di classiche vinte. Ora me ne manca solo una per stare almeno in pareggio, o quasi, perché io reputo l'Olimpiade come qualcosa di superiore a tutte le corse esistenti, ma il discorso si potrebbe estendere a tutto lo sport, non solo al ciclismo. Una medaglia olimpica è qualcosa in più, sempre», recita Bettini e quando si fa il conto delle classiche che mancano, l'occhio cade inevitabilmente sulle due classiche Monumento che mancano al carnet del toscano: Giro delle Fiandre e Parigi-Roubaix.
Bettini può vincerle? Nì, dice il toscano: «Per il Fiandre ci stiamo attrezzando, mentre per i miracoli della Roubaix non saprei proprio che dire. Per ora meglio concentrasi sul Fiandre e puntare al risultato prestigioso, la Roubaix è qualcosa di molto lontano da me ed attualmente non sono ancora in grado di poter dire con certezza di essere competitivo per competere alla vittoria».
Di Luca premiato per il Pro Tour 2005 (foto Andrea Sacconi)
La maglia del Pro Tour è andata a Danilo Di Luca, anche perché Bettini ha dovuto saltare gran parte dell'inizio stagione per qualche malanno di troppo che tardava ad andarsene e che gli ha complicato le strade verso la Milano-Sanremo (si mise a disposizione di Boonen, 8° al traguardo) ed Amstel Gold Race soprattutto; ma Paolo è riuscito comunque a tirar fuori dal suo cilindro - sempre colmo di numeri a sensazione - una perla come la Liegi-Bastogne-Liegi chiusa al 4° posto nonostante fosse ancora mezzo debilitato dai problemi avuti in precedenza; «il ProTour mi è stato precluso da quei problemini iniziali - spiega il capitano della Quick Step - ma posso dire senz'altro di essere soddisfatto della mia stagione: la tappa al Giro d'Italia, la maglia rosa, la tappa alla Vuelta e la fine della stagione con le imprese del GP di Zurigo e del Giro di Lombardia che di certo non faranno passare il mio 2005 come anonimo o insoddisfacente».
Qualcuno, in conferenza stampa, gli chiede del modo con cui ha esultato, e Bettini abbozza un sorriso e risponde: «Come ho esultato? Non me lo ricordo, mi sembra di aver urlato ed alzato i pugni...»; qualcos'altro in effetti si è alzato, un gesto che negli ultimi due anni abbiamo visto già un paio di volte - con Tonkov al Giro d'Italia, plateale, e con Gilbert nell'ultima Parigi-Tours, meno reclamizzato - un gesto non proprio signorile naturalmente effettuato senza pensarci su troppo; «...mi sembra di essermi limitato a questo, e poi ho vinto ed esultato, non me lo ricordo proprio come», conclude Bettini sorridendo ancora ed alludendo ad una marachella, con la consapevolezza di mentire come soltanto la Toscana di collodiana memoria sa simpaticamente fare.
È un fiume in piena Bettini, e ride e scherza con tutti, fa mille autografi e si lancia nell'augurio a Luca Paolini, il gregario di mille corse cui deve soprattutto la Milano-Sanremo del 2003 e tante, tante azioni volte ad avvantaggiare il capitano: «Auguro tutto il bene possibile a Luca, ci mancherebbe. Ha avuto una proposta importante da una squadra importante come la Liquigas-Bianchi con prospettive di fare il capitano nelle classiche di inizio stagione, mica poco. Avrò un avversario in più per il prossimo anno, di questo sono consapevole, ma visto che gli avversari ci sarebbero comunque, tanto vale lottare con un amico, così posso gioire anche in caso di sconfitta». Parole che escono dal cuore.
Un po' più di delusione traspare dalle parole degli sconfitti; Luca Mazzanti si rammarica un poco per l'occasione persa sul Ghisallo, visto che «mi sono scappati via davanti e per poco non ce l'ho fatta a riagganciarmi. Peccato perché stavo bene e non ce l'ho fatta per poco, ma in queste corse l'importante è avere niente da rimproverarsi, ed io di questo posso essere certo», mentre Davide Rebellin - nonostante la vittoria sul gruppo inseguitore che gli è valso il 5° posto totale - è un po' deluso «da un'annata sfortunata, anche se i tanti piazzamenti davanti in moltissime gare mi fanno capire di esserci ancora, sempre, e molte volte ad alti livelli. È mancata la vittoria importante, ma non tutte le annate possono essere come quella dell'anno scorso, questo lo sapevo fin da gennaio».
Pillole di felicità neanche troppo velata fuoriescono dai volti e dalle parole di Frank Schleck, che esulta dal gradino più basso del podio come se avesse vinto - ed in parte, vista la giovane età, è vero -, mentre Marco Marzano viene ripagato «dei tanti sacrifici fatti alla Vuelta e di tanta fatica fatta sulle salite spagnole. Meno male che poi questi sforzi vengono premiati da prestazioni importanti come quella effettuata al Giro dell'Emilia e questa del Giro di Lombardia. Adesso vado alla Japan Cup con Cunego e Ballan, dove spero di poter cogliere il risultato pieno». Corridori affermati che festeggiano, tanti che si lamentano un poco per il risultato mancato, e molti giovani che sognano, un giorno, di poter essere i "corridori affermati che festeggiano" di cui sopra. Magia del Giro di Lombardia, oggi come cento anni fa. Magia del ciclismo.
Mario Casaldi