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Ma Leblanc è ancora qui? - Tour 2006, solito brutto percorso

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Il cambio della guardia c'è ma non si vede: Jean-Marie Leblanc non è più l'organizzatore del Tour de France, al suo posto c'è Christian Prudhomme, ma la Grande Boucle 2006, presentata oggi e così uguale alle precedenti, pare disegnata dal patron appena pensionato.
Intendiamoci, qualche variazione c'è: per esempio, è scomparsa la cronosquadre, quell'esercizio che spesso, in passato, ha condotto molti di noi sull'orlo del travaso di bile, in quanto troppo influente sul risultato; altra piccola novità, i tapponi di alta montagna si protrarranno fino all'ultimo giovedì di Tour, evitandoci una settimana finale al cloroformio. Altri aggiustamenti li scopriremo strada facendo; ma per il resto, non ci pare proprio di trovarci di fronte a una nuova era. Del resto, il Tour è il Tour, può permettersi il lusso (credono in Francia) di restare sempre uguale a se stesso. Sono certi che, alla lunga, tale politica paghi? Per sempre? Prima o poi si accorgeranno, a loro spese, che non è così, che nulla è immutabile, che gli equilibri possono cambiare, e se non si cambia insieme a loro si rischia di soffrire.
Vediamo il percorso nel dettaglio. Si parte il 1° luglio, e torna il prologo: Strasburgo, una delle capitali dell'Unione Europea, terrà a battesimo il 93esimo Tour de France con 7 chilometri e spiccioli contro il tempo. Poi si risale, si sconfina in tutto il Benelux (con unico arrivo interessante a Valkenburg, sempre che piazzino il traguardo sul Cauberg, fatto non scontato), si circumnaviga la zona di Parigi allungando fino alla Bretagna. Non senza l'appuntamento con la prima vera crono, da Saint-Grégoire a Rennes, domenica 8 luglio (giorno della finale dei Mondiali di calcio).
I 52 chilometri della cronometro saranno l'unico momento realmente importante per tutti i primi 10 giorni. Cronaca di un film già visto, verrebbe da dire, visto che di solito, da un ventennio a questa parte, questo è il menù offerto dalla Grande Boucle.
Poi si riposa, ci si trasferisce, si affronta un'altra frazione per velocisti a Dax, e finalmente, da mercoledì 12 luglio, si approcciano le montagne. Oddio, stiamo parlando dell'immancabile tappa di Pau, quindi scordiamoci episodi trascendentali. Si parte da Cambo-les-Bains, c'è il Soudet a metà percorso, il Marie-Blanque a tre quarti, ma poi dall'ultimo scollinamento al traguardo ci sono 45 chilometri di discesa e pianura. Ora, la riflessione è d'obbligo: ma che cos'è che lega Pau al grande ciclismo? È mai possibile che quasi ogni anno gli appassionati si debbano scontrare con questo immancabile arrivo di tappa, troppo lontano (dal punto di vista del tracciato) dai pur vicini colli pirenaici, e quindi inesorabile frustratore di attacchi o anche solo di speranze di attacchi? Ci libereremo mai della maledizione di Pau?
L'unica consolazione è che, dato lo sviluppo antiorario del Tour 2006, coi Pirenei prima delle Alpi, l'odiata frazione venga all'inizio, e funga quindi da antipasto, anziché - malinconicamente inutile - alla fine.
Peccato che anche il secondo tappone pirenaico (ammesso che il primo si possa definire tale) non sia proprio quello dei sogni: c'è il Tourmalet orrendamente sprecato in avvio, poi in rapida sequenza il classico Aspin, il Peyresourde e il Portillon. Più duro quest'ultimo, che ha la vetta a 46 chilometri dalla conclusione. Dopodiché, discesa e molti, troppi chilometri di falsopiano ascendente prima di attaccare gli ultimi 13 di salita che portano in Spagna, a Pla-de-Beret.
L'impressione è che dopo i Pirenei molto dovrà essere scritto, del Tour 2006: abbiamo visto che al primo giorno di montagna non ci sarà un arrivo in salita, quel traguardo in quota che, giungendo a freddo, solitamente faceva sfracelli. I corridori potranno invece abituarsi in maniera soft al cambio di ritmo nella tappa di Pau, prima di testarsi quasi a fondo nella frazione successiva. Ne dovrebbe guadagnare l'incertezza, in fondo è un contrappasso che possiamo accettare.
Dopo Pla-de-Beret, tre tappe interlocutorie (ma Gap, domenica 16, si presta a imboscate), quindi il secondo riposo. E poi, come dicevamo in apertura, una terza settimana seria: tre importanti frazioni alpine anticiperanno la crono decisiva. Il primo traguardo da segnare è quello dell'Alpe d'Huez, martedì 18: la classica salita degli scalatori sarà preceduta da Izoard e Lautaret, che però difficilmente muoveranno qualcosa di rilevante, e ogni gioco sarà rinviato alla mitica ascesa che ha incoronato i più forti corridori dell'ultimo secolo.
Mercoledì 19, un arrivo inedito, a La Toussuire, nella tappa che parte da Bourg-d'Oisans, affronta subito il Galibier, scende dal versante del Télégraphe, si inerpica sul Glandon fino alla Croix-de-Fer (vetta a 55 dal traguardo), propone anche il dentello del Mollard, e poi si concede gli ultimi 18 chilometri di salita al 6% di pendenza media. La salita finale non è spaccagambe, ma il complesso della tappa è interessante (sì, il Galibier buttato via in partenza non è il massimo, ma non è bello nemmeno affrontarlo alla fine, seguito da 40 km di discesa come successo quest'anno).
L'ultima frazione alpina arriva a Morzine, in discesa, ma ha il merito di proporre la salita più dura, il Joux-Plane, subito prima della picchiata finale. Saisies, Aravis e Colombière non dovrebbero chiamare all'opera i big della classifica, visto che dall'ultima di queste vette all'inizio del Joux-Plane ci sono oltre 40 chilometri.
In generale, le tre tappe alpine non superano i 200 chilometri, misura oltrepassata, tra i tapponi, solo da Pla-de-Beret. Dopo Morzine, venerdì 21 insidiosa frazione a Mâcon (gli organizzatori annunciano 4 tappe "accidentées", e si riferiscono quasi certamente a Valkenburg, Carcassonne, Gap e, appunto, Mâcon. Le tappe di pianura sono invece 9, che allegria!).
Quindi, sabato, la cronometro decisiva, da Le Creusot a Montceau-les-Mines: lunga, si tratta di 56 chilometri (che uniti ai 7 di prologo e ai 52 di Rennes danno un totale di 115: l'anno scorso erano 140, ma solo 74 individuali, a fronte di 66 di cronosquadre, e la tendenza negli ultimi anni era in ribasso. Ora si inverte la rotta, e torna ad aumentare il peso dell'orologio).
A Parigi, sui Campi Elisi, la consueta passerella festeggerà il vincitore domenica 23 luglio.
In definitiva, Prudhomme al suo esordio qualche segnale di discontinuità l'ha dato. Ma se l'idea è quella di tornare a spingere sul versante cronometro, a fronte della soppressione della cronosquadre e del differimento in avanti delle frazioni alpine, siamo sempre in presenza della coperta troppo corta: qualcosa viene migliorata, ma il contesto resta negativo.
E sì che si parlava, nelle anticipazioni, di un possibile passaggio sul Mont-Ventoux (era immaginabile addirittura una cronoscalata); invece il Massiccio Centrale è stato indebitamente ignorato. Pare che Prudhomme si sia innamorato del Colle delle Finestre, ma in attesa di poterlo proporre, nel 2007, per questo suo esordio come organizzatore capo ha preferito il solco della tradizione. Una tradizione di cui siamo un po' tutti stufi.

Marco Grassi

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