«Il mio sogno è Jan in giallo» - Intervista a Fidanza, ds T-Mobile
Versione stampabileNon si sente ancora profumo di primavera, le strade sono in certi casi ancora parzialmente innevate, ma i ciclisti sono già in piena attività, proiettati verso la nuova stagione. Mentre i suoi corridori si trovano in ritiro a Maiorca, chiediamo all'ex professionista bergamasco Giovanni Fidanza, direttore sportivo della T-Mobile per il quarto anno consecutivo, quali sono le aspettative ed i progetti per il 2006 della formazione tedesca, gettando uno sguardo anche alla stagione appena trascorsa.
Siete soddisfatti dei risultati ottenuti nel 2005, anche se avete mancato l'obiettivo Tour?
«La squadra si è mantenuta su buoni livelli nell'arco di tutto l'anno. Abbiamo vinto due classiche come la Liegi con Vinokourov e la Parigi-Tours a fine anno con Zabel. In Germania abbiamo vinto, ancora con Zabel, la Rund um den Henninger Turm, nella zona di Francoforte, ed è un risultato di rilievo perché è là che il nostro team ha gli interessi maggiori. Al Tour, corsa cui puntavamo, ci siamo comportati bene. Abbiamo fatto terzi in classifica generale vincendo due tappe con Vinokourov - e che tappe, il Galibier e i Campi Elisi! - e un'altra, bellissima, con Guerini. Durante le tre settimane la squadra è stata sempre presente, nelle fughe e nei momenti importanti. La classifica a squadre finale e la classifica a squadre a tempo sono andate a noi. Perciò il risultato è decisamente positivo. Naturalmente noi si puntava all'obiettivo di vincerlo, il Tour, ma abbiamo avuto qualche intoppo. Ullrich è caduto poco prima della Grande Boucle mentre si stava allenando dietro macchina ed è partito con qualche problema. Fortunatamente è andato in crescendo e nel finale era in gran forma, però con il Lance Armstrong di questi ultimi anni c'è poco da fare».
Analizziamo le prestazioni di alcuni atleti in particolare, partendo dagli italiani.
Guerini
«Ci ha abituato da diversi anni a vederlo disputare stagioni sempre ad alti livelli. È riuscito a riconfermare una vittoria di tappa al Tour, ed è un corridore affidabile e sempre presente nei momenti che contano. Il suo apporto è molto utile, soprattutto in salita. È lo stesso Ullrich a volerlo con sé al Tour, perché è da tanti anni che corrono assieme e ormai si conoscono bene. Jan sa che di Beppe si può fidare. Guerini è un corridore difficilmente sostituibile e purtroppo non vedo in attività altri atleti con le sue caratteristiche».
Nardello
«In una caduta in Qatar ha picchiato il polso, ma il trauma gli ha dato problemi anche e soprattutto alla schiena. Ciò ha compromesso la prima parte della stagione e di conseguenza le classiche iniziali, a cui lui puntava. Ha dovuto cambiare i programmi e ha disputato il Giro d'Italia, ma anche qui una caduta l'ha messo fuorigioco. È stato insomma un rincorrere la condizione, che ha finalmente trovato al Giro di Svizzera e al Tour de France, dove ha svolto un ottimo lavoro di squadra. Anche alla Vuelta è andato forte. L'avrei selezionato per i mondiali di Madrid perché è uscito dalla Vuelta con un'ottima forma. Le scelte del cittì sono state altre, ma secondo me Nardello avrebbe fatto comodo per l'economia della squadra azzurra».
Rolf Aldag
«Aldag ha deciso di ritirarsi, alla sua età è una scelta normale. Dopo tanti anni corsi da uomo squadra, ma in cui ha saputo anche vincere, ha terminato brillantemente la carriera: nonostante nel corso della stagione sia stato un po' sfortunato, nel finale è andato forte. Porterà avanti un lavoro intrapreso già l'anno scorso: al Tour de France sarà il commentatore per la televisione tedesca. È un ruolo che secondo me gli si addice e a lui piace molto».
Christian Werner
«Nutrivamo grandi aspettative su di lui ma purtroppo da professionista non ha saputo confermare le doti che aveva dimostrato nelle categorie minori. Lui è un buon corridore ma fisicamente è un po' debole e ha sempre avuto qualche piccolo problema che l'ha condizionato. Quella del ritiro è stata una scelta sua: noi non gli abbiamo rinnovato il contratto e lui, valutando i pro e i contro, probabilmente non ha ritenuto valide le alternative che aveva davanti a sé per restare nel ciclismo».
Sevilla
«Sevilla è simile a Guerini, perché come lui è un validissimo corridore che fa sempre il proprio lavoro anche se spesso non si vede. Secondo me è un corridore che dovrebbe disputare un Giro d'Italia puntando alla vittoria finale. Il Giro di quest'anno gli si addice particolarmente. Però la nostra squadra conserva per il Tour de France gli uomini forti in salita come lui, e l'altro grande giro che vuole disputare è la Vuelta, per ovvi motivi di nazionalità. Ad ogni modo non escludo che un domani possa disputare il Giro d'Italia con forti ambizioni di classifica».
Klöden
«È uno dei corridori più forti della nostra squadra, soprattutto per le corse a tappe, e l'ha dimostrato classificandosi già una volta secondo al Tour de France. L'anno scorso non ha potuto mettersi in luce perché ha dovuto aiutare Ullrich, e oltretutto è stato sfortunato perché cadendo si è rotto il polso e si è dovuto ritirare. Altrimenti sarebbe stato nei primi dieci della generale nonostante abbia disputato il Tour da gregario. Klöden è uno dei nostri punti di forza, ha un bagaglio di classe e di potenzialità che lo rendono davvero competitivo. Inoltre, essendo tedesco, lo sponsor tiene a lui in modo particolare. Al Giro molto probabilmente non ci sarà. Sarà invece sicuramente al Tour, come pedina fondamentale in appoggio a Jan».
Zabel
«Zabel lo conoscono tutti, è da 15 anni che è sulla cresta dell'onda e che vince corse importanti. È un corridore che fa squadra, fa gruppo, è uno che trascina: è un leader nel vero senso della parola. Allo stesso tempo è un corridore semplice e bravo, che va fino in fondo, si allena molto, con lui non c'è bisogno di tribolare. È un grande campione che merita tutti i successi che ha ottenuto. Dispiace che abbia scelto di cambiare squadra. È il discorso Tour che ha determinato la sua scelta. Lui ci tiene molto a partecipare alla Grande Boucle, e l'anno scorso non l'abbiamo schierato. Da quel momento si è incrinato il rapporto e ha capito che probabilmente anche in futuro, restando con noi, non avrebbe avuto la garanzia di disputare la corsa francese. Però tra di noi restano grande stima e amicizia: ho potuto apprezzare le sue doti, visto che abbiamo gareggiato insieme e che poi l'ho avuto tre anni come corridore».
Vinokourov
«Dispiace che anche Vino abbia cambiato casacca. È stato molto prezioso in questi anni. Si trovava bene con noi e noi con lui. La sua scelta è determinata dal fatto che vuole disputare un Tour da capitano, da leader. La scelta è giusta e comprensibile, perché lui comincia ad avere l'età per poterlo fare. Purtroppo noi abbiamo perso una pedina importante, per il Tour ma anche per l'intero anno, dal momento che Vino è capace di vincere durante tutta la stagione. Ma abbiamo rinforzato la squadra in tutti i reparti, soprattutto in salita, e penso che non avremo grossi problemi».
Ullrich... riuscirà davvero a vincere il Tour?
«Sì, la squadra punta su di lui per il Tour de France. Ha sempre dimostrato che è una corsa che gli si addice. Dovrà presentarsi al top della condizione e lo stesso vale per l'intera formazione che schiereremo al via. Infatti quest'anno, mancando Armstrong, dovremo assumerci più responsabilità nel fare e nel controllare la corsa. Con la squadra che abbiamo, possiamo riuscirci tranquillamente. Certo al Tour la concorrenza è agguerrita e ci vuole una buona dose di fortuna, ma noi abbiamo le carte in regola per essere i protagonisti assoluti».
Che preparazione seguirà Ullrich?
«Al Giro di Svizzera non forzerà più come gli anni passati, perché probabilmente in quel modo spendeva troppe energie. Disputando il Giro d'Italia cercherà di trovare la condizione in modo più graduale, senza troppi sbalzi, lavorando di più e più a lungo. Le tre settimane del Giro sommate ai dieci giorni del Tour de Suisse sono un lavoro che probabilmente ripaga meglio. Non bisognerà lasciarsi prendere dal voler far risultato al Giro d'Italia. Si punterà solamente a vincere qualche tappa senza curare la classifica, in prospettiva Tour de France».
Che squadra schiererete al Giro?
«Naturalmente Jan sarà al via e, come ho già detto, parteciperà solo per prepararsi al Tour. Punterà magari alle cronometro e a qualche tappa con salita finale. Ci sarà Honchar, corridore esperto e maturo che avrà bisogno di trovare la condizione in vista della Grande Boucle. Schiereremo anche Rogers, che quest'anno per noi potrà rivelarsi fondamentale. Questi dovrebbero essere i tre corridori più importanti. Il resto del team sarà formato da giovani che hanno bisogno di fare esperienza, e la Corsa Rosa si presta per il nostro proposito. Non dovranno sottostare rigidamente agli ordini di squadra, come invece succede al Tour. Nessun italiano vi parteciperà, se non forse Nardello. Gli altri saranno dirottati certamente al Tour, Guerini seguirà il programma che fa ogni anno e Mazzoleni idem, si preparerà esclusivamente per la Boucle, essendo questo il motivo per cui l'abbiamo voluto con noi».
La T-Mobile, essendo squadra Pro Tour, nel 2005 è stata costretta a partecipare al Giro, schierando una rosa di bassa qualità.
«Abbiamo schierato una squadra senza grandi leader, formata da giovani, cui abbiamo offerto l'opportunità di provarsi, per testare i propri limiti. Per lo sponsor il Tour è più importante del Giro, così abbiamo scelto di sacrificare quest'ultimo. Però ci siamo dati da fare, Kessler è stato protagonista, ha animato diverse tappe, e Zabel ha ottenuto dei secondi posti che certamente non sono da scartare visto che si è trovato a competere con un certo Alessandro Petacchi».
L'organico è al completo?
«Sì, abbiamo completato la campagna acquisti e siamo in tanti: ben 29 corridori. Abbiamo preso dei giovani tedeschi perché il nostro team, giustamente, cerca nuovi talenti in Germania. Fra loro abbiamo voluto Gerdemann dalla Csc; è al secondo anno da professionista e ha già dimostrato le sue notevoli possibilità. È un talento e confidiamo molto in lui per il futuro. Abbiamo preso anche corridori stranieri già affermati, che potranno svolgere un certo lavoro».
Come si articola la preparazione invernale dei corridori della T-Mobile?
«Il 7 gennaio sono partiti tutti per Maiorca. Fino a quel giorno hanno svolto una preparazione individuale, alcuni a casa propria, altri in Sudafrica oppure già a Maiorca. Si sono gestiti da soli, valutando la possibilità o meno di allenarsi a casa (in base specialmente alle condizioni meteorologiche). A Maiorca si verifica la condizione raggiunta da ognuno di loro e in base a questo si costituiscono due o tre gruppi di lavoro. Ci sarà chi lavorerà un po' più forte per raggiungere gli obiettivi di inizio stagione e chi invece lavorerà un po' più tranquillo».
Quale sarà la prima corsa a cui parteciperete?
«Faremo alcune gare proprio a Maiorca, a fine gennaio e in febbraio, poi la Ruta del Sol. Il gruppo per le classiche parte prima, mentre atleti come Guerini e Mazzoleni inizieranno più tranquilli alla fine di febbraio o in marzo».
Non abbiamo ancora parlato di due nuovi acquisti molto importanti, Bernucci e Kirchen.
«Bernucci e Kirchen saranno corridori per le corse di un giorno, per le classiche di inizio stagione e sostituiranno corridori come Aldag e Vinokourov».
Qual è la rosa dei vostri corridori per le classiche?
«Le nostre pedine per le corse di un giorno sono, essenzialmente, oltre a Kirchen e a Bernucci, Wesemann, Klier, Sinkewitz, Ziegler, Gerdemann e volendo anche Rogers».
Qual è il tuo punto di vista riguardo allo scontro fra i Grandi Giri e il Pro Tour?
«Penso che si dovrebbe lavorare tutti insieme per il bene del ciclismo in generale, perché è l'unione che fa la forza, e in questo modo riusciremmo a reggere il confronto con gli altri sport seguiti a livello mondiale. Secondo me il Pro Tour è una buona idea ed è la strada giusta da seguire, solo si sarebbero dovute inserire le novità in modo più graduale di come è stato fatto».
Chi è il giovane più promettente del palcoscenico italiano?
«Direi Cunego. Non dimentichiamo che lui è ancora un giovane, nonostante abbia ottenuto già grossi risultati».
Può vincere il Giro quest'anno?
«È un Giro molto impegnativo perché c'è tantissima salita, terreno in cui per poter vincere dovrà andare davvero forte. Certo, ci sono anche le cronometro, ma credo che non facciano la differenza che farà invece la salita. Cunego ha dimostrato che il Giro d'Italia è nelle sue possibilità e, senza i problemi che ha avuto nel 2005, ce la potrebbe fare. Quel che è certo è che sarà fra i protagonisti, ma gli avversari saranno agguerriti».
Allora chi è in lizza per la maglia rosa, oltre al Principino?
«Il più adatto come caratteristiche fisiche per questo Giro è Simoni. Dovrà fare i conti con Basso, con Cunego e con Di Luca. Savoldelli figura tra i favoriti, ma bisogna capire se la Discovery Channel punterà davvero al Giro oppure schiererà la formazione più forte solo al Tour, per cercare di rimpiazzare Armstrong».
Potresti tracciare un giudizio complessivo sulla T-Mobile, evidenziando gli aspetti positivi e quelli negativi all'interno del team?
«Io ho avuto esperienza sia da corridore che da direttore sportivo, ho potuto mettere a confronto questi aspetti e posso fornire un giudizio generale. Qui è tutto ai massimi livelli, si hanno grandi possibilità economiche che rendono più facile il nostro lavoro. L'essere così numerosi, come corridori, come direttori sportivi, come addetti stampa, e a livello anche di marketing e di immagine, mette però in difficoltà perché è arduo mantenere i contatti con tutti e riuscire a coordinare ogni cosa. A livello di corridori, per forza di cose non riesci a seguire tutti al 100%, soprattutto i giovani, che arrivando qui si trovano davanti a tantissimi campioni e faticano a trovare il proprio spazio, a tirare fuori la loro personalità o le loro doti. Difatti a mio avviso non è una squadra su misura per i giovani, che per il loro bene dovrebbero, prima di approdare qui, acquisire esperienza e comprendere le proprie possibilità in altre formazioni, per trovarsi così pronti ad affrontare il passaggio in un grosso team come il nostro evitando di sentirsi spaesati. Ma ripeto, la nostra è una squadra all'avanguardia, e per il bene del ciclismo secondo me ce ne vorrebbero tante altre sostenute da uno sponsor come il nostro».
A proposito dello sponsor, per quanto ancora appoggerà il ciclismo?
«Il contratto con lo sponsor è firmato fino al 2008, e speriamo che continui anche in seguito. Abbiamo visto in Italia come si continuino a perdere grossi sponsor senza riuscire a rimpiazzarli con altri di uguale livello, ed è un peccato perché è tutto il movimento a risentirne».
Come vi trovate con le biciclette Giant?
«È il quarto anno che corriamo in sella alle Giant. Ci troviamo molto bene. La Giant è sempre alla ricerca delle evoluzioni tecnologiche, dei materiali innovativi e dei nuovi prodotti. In particolare è avanti per quanto riguarda la lavorazione del carbonio, perché è partita molti anni prima rispetto ad altri costruttori ed ha una grande esperienza. Peraltro avrei preferito correre con delle biciclette made in Italy, visto che sono le migliori e che i marchi italiani sono quelli che hanno fatto scuola. Ma ora si trovano a competere con le multinazionali, soprattutto americane, come la Giant, che spingono molto a livello di sponsorizzazioni e mettono in difficoltà il nostro prodotto».
Nel corso della tua carriera hai avuto la possibilità di esprimerti sia nel ruolo di corridore che in quello di direttore sportivo; che considerazioni ne trai?
«C'è il tempo per fare il corridore, quando sei giovane e hai le ambizioni e la motivazione per ottenere risultati importanti, poi arriva il tempo per fare il direttore sportivo, e credo sia una cosa naturale. Sicuramente prima mi piaceva fare il corridore e sicuramente adesso preferisco essere un direttore sportivo, perché i tempi cambiano».
Tua figlia Arianna corre in bicicletta e sta ottenendo molti risultati. Ti piacerebbe che un giorno arrivasse ai tuoi livelli o per il suo futuro desideri altro?
«Ad Arianna piace molto fare sport, per lei è un gioco. Vedendo i suoi amici del paese correre in bicicletta, ha deciso di cominciare anche lei. Siamo rimasti sorpresi, all'inizio non ci aspettavamo che fosse così brava. A me e a mia moglie (che ha corso come me) fa piacere che nostra figlia pratichi questo sport. Per il futuro si vedrà, la scelta se continuare o meno sarà solo sua, noi possiamo solo starle vicino e offrirle la possibilità di continuare sulla strada che ha intrapreso». (Arianna Fidanza nel 2005 ha corso per la Polisportiva Marco Ravasio nella categoria G4, ndr)
Hai la possibilità di analizzare il fenomeno sia alla base che all'apice, lavorando nel professionismo e collaborando con la squadra di ragazzini del tuo paese: secondo te perché il vivaio del ciclismo è carente di nuove leve?
«Nel passato non c'erano molti gruppi sportivi, mentre adesso si fa avanti la concorrenza di tanti altri sport. Altro problema sono le strade. Lo tocco con mano perché seguo la squadra in cui corre mia figlia. Quando sono a casa alleno i ragazzini, esco in bicicletta con loro, e so che i genitori si preoccupano perché da noi il traffico è troppo e il pericolo è forte. Poi le squadre professionistiche dovrebbero crearsi un vivaio e seguire anno per anno la crescita dei giovani atleti. Ma per realizzare ciò sarebbe necessario che gli sponsor firmassero contratti di almeno cinque o sei anni, e in Italia mi pare che purtroppo sia un progetto irrealizzabile, vista la carenza di investitori e la scarsità di budget addirittura nei team professionistici».
Qual è il tuo desiderio più grande per quest'anno a livello sportivo?
«Sicuramente vedere il nostro Jan ottenere il secondo successo al Tour».
Com'è il tuo rapporto con internet?
«Non mi piace stare al computer, preferisco attività più manuali. Leggere i giornali mi rilassa di più. Internet lo uso solo per necessità, quando ho bisogno di reperire qualche notizia importante ed urgente che non posso avere in altri modi, oppure ad esempio per fare i biglietti aerei. In questo, internet è comodo e di una praticità assoluta».
Enula Bassanelli