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Il mio Charly Gaul - Finalmente conobbi Charly Gaul

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La conoscenza diretta dell'Angelo della Montagna, mi apparve subito stupefacente. Dei chili che avevo visto nella foto di Briançon, solo le tracce impossibili da cancellare, ma il suo passo era veloce ed erano i miei... i chili che annaspavano. Parlava bene l'italiano e, per me, già quello era un sogno. Familiarizzammo immediatamente ed inaspettatamente, anche perché, nel reale, la mia sempre presente pressione sul sapere e conoscere, poteva pure infastidire. Macché, lui rispondeva ai miei richiami sulla sua carriera con degli "Ohhh" e delle condivisioni che mi donavano tranquillità, al punto di farmi giungere, ben presto, al tono pure scherzoso.
Le sue risate, larghe ed accompagnate dal suono delle corde vocali, azzerarono immediatamente quegli scritti e quelle voci su un personaggio burbero ed oscuro: niente di più falso. Charly trasudava di felicità, ed era sempre pronto a raccogliere le battute di Gino e lo stupore verso il racconto del Gaul "Angelo della Montagna", che pendeva costante dalle mie labbra. Il tono familiare da amiconi di vecchia data, trovò presto la curiosità di Pierre Grigius, il giornalista amico che l'accompagnava, nonché i sorrisi significativi di una donna che, nella vita di Charly, ha avuto un peso ed un'importanza determinante: la sua terza moglie, Marie Josè, la mamma di Fabienne.


Accanto a me e Gaul, il "grande" Gino Garoia

Con noi, nel gruppo che accolse il ritorno dell'Angelo della Montagna in Italia, grazie alla perfezione organizzativa di Gino, c'era pure un suo avversario, un grande ciclista del medesimo tempo, Ercole Baldini.
L'amico "Treno di Forlì", al piacere personale di quell'incontro, poteva aggiungere, con soddisfazione di tutti, il ruolo di interprete, grazie alla sua perfetta conoscenza del francese.
Eccoli qua... con l'ormai solito Gino...


Ercole Baldini, Charly Gaul e Gino Garoia


Fabienne Gaul e Pia Conficoni ci raggiunsero a notte fonda in albergo: s'erano sobbarcate un "bel viaggetto" di mille chilometri in auto, ma apparvero sorridenti ed in forma, tranquillizzando lo stesso Charly, timoroso e con una trasparente agitazione, per la poca abitudine della figlia a simili levatacce.
Nei giorni seguenti e prima della conferenza sul 50° di Fondazione della Scat, si unì a noi anche una professoressa di francese, capace di vivere il suo ruolo d'interprete come una vecchia appassionata: fu essenziale per congiungere a tutta la compagnia chi, come Pierre e Marie, dell'italiano, ancora non conosceva una parola. Visitammo tutto il possibile, compreso l'erta di San Marino, dove Charly aveva vinto la cronoscalata al Giro del 1958, trovammo vecchi amici comuni come Pambianco, ed il sottoscritto familiarizzò compiutamente con Gaul.


Qui sono un "Re": in mezzo a Charly e Arnaldo Pambianco!


Una consistente parte della vita post-ciclismo dell'Angelo della Montagna, cominciò ad essermi chiara, perlomeno di quel tanto da far cadere molte delle voci che erano passate sui non numerosi interventi mediatici intercorsi dalla chiusura della sua carriera, a quel per tutti noi radioso 1997. Nel libro non avevo voluto approfondire più di tanto i "perché" di un "dopo" così lontano dall'ambiente. Lo avevo fatto di proposito, per non entrare duro sul suo privato e per lasciare ulteriori spazi alle leggende sulla sua vita che s'erano scritte, anch'esse comunque pronte ad alimentare quel mito già corposo per il solco agonistico tracciato sulla storia del pedale.
Charly però s'aprì; evidentemente, come scoprii nei giorni successivi, non mi vedeva come con un giornalista d'assalto, ma come un amico. Di tutti quei colloqui e di quelli che poi son venuti dopo il primo incontro, parlerò più avanti, sommando i vari argomenti a mo' di lunga intervista.
Intanto, la Conferenza incombeva e questo bastò per spingermi a chiedergli se si sentiva in imbarazzo, o emozionato, al pensiero di affrontare il pubblico italiano, nonché quei tanti giornalisti annunciati, in un ruolo del tutto nuovo e dopo tanti anni.
Mi rispose all'incirca così: "Ormai l'avrai capito, non sono uno che ama i riflettori, ma ci sono cose che rappresentano un dovere. Voi mi avete chiamato dopo tanti anni in cui nessuno si era ricordato di me, mi state organizzando una festa, ed io devo correre per voi. E poi ci sarà Marco, ed ho un motivo in più per ripagare i vostri sforzi".
"Ma ti dispiace aver aspettato così tanto per un invito?" - aggiunsi per capire se le sue erano parole di circostanza.
"Sì, mi ha dato fastidio (lo disse con una smorfia che mai scorderò). Il pubblico so che mi ricorda e l'ho visto anche in questi giorni con voi, ma gli addetti al ciclismo, credo abbiano dimenticato in fretta. Non credo sia buon giornalismo e nemmeno buona organizzazione. Forse mi dovevo proporre come fanno tanti altri vecchi campioni, ma non mi piace comportarmi così. Ciò non toglie che sia doveroso ricordare anche il passato del ciclismo, con tutti quelli, campioni e gregari, che han portato alla grandeur questo sport".
Al sentire quelle parole, da buon romagnolo, gli diedi una pacca sulla spalla destra e gli dissi: "Vecchio Charly, incornicerei quello che hai detto!".
"Hei, ma cosa vuol dire... incronisciare?"... Allora mi feci una risata corrisposta; oggi, al ricordo, spuntano due lacrimoni.


Morris

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