Ale fa rima con Mondiale - Petacchi strabordante a Burgos
Sbrigarsi a giocarselo vincente a Madrid, ragazzi, ché tra un po' le quote saranno così basse che avranno il meno davanti, e per ogni euro puntato, in caso di vittoria, saremo noi a dover pagare i bookmakers.
Alessandro Petacchi ha stravinto un'altra volata, e dov'è la notizia? Ora è a quota quattro successi in questa Vuelta, quanti ne assommò lo scorso anno, e uno in meno dell'edizione record del 2003. Tra parentesi, gli organizzatori spagnoli dovrebbero dargli una targa, un cesto di salumi, un qualcosa che possa fungere da ringraziamento per questo fantastico velocista che ha eletto la loro corsa come terreno privilegiato (ben più del Tour) per le sue scorrerie. Petacchi dora i contorni della Vuelta, nobilita una corsa che ha qualche difficoltà ad avere un'identità forte a livello internazionale.
Dov'è la notizia, dicevamo. La notizia c'è, ed è bella grossa. Guardate l'ultimo chilometro di oggi a Burgos, e pensate al Mondiale di Madrid del 25 prossimo venturo. Lì ci sarà un curvone a 600 metri dal traguardo, e qualche avventato osservatore ci fa notare che questo sarebbe un problema per Petacchino, per il lancio del suo treno che verrebbe rallentato dalla svolta stradale.
Orbene, dov'era piazzato oggi il curvone a Burgos? Ai 500 metri. Pare che i Fassa Bortolo abbiano fatto spallucce, e, senza scomporsi oltre, abbiano continuato la loro perfetta manovra di abbordaggio allo striscione del traguardo. E pare che Alessandro Dinamite sia partito proprio al momento giusto, spinto come altre 100 volte dalla scia di Velo, e pare ancora che quelli dietro non abbiano potuto nemmeno prendere il numero di targa, tanto lontano e tanto veloce è passato l'oggetto non identificato proveniente dal Mar Ligure.
La domanda, a questo punto, non è: Petacchi è un ufo ?, (e magari lo è, forse è ancora alla ricerca di un telefono per chiamare casa). La domanda è: perché Madrid ci fa tanta paura? Madrid intesa come Mondiale, ovviamente. In questi giorni stiamo vedendo che non c'è davvero trippa per gatti, intorno allo spezzino. Zabel è lì che a volte riesce a uscire dalla ruota di AleJet per apparire nella foto, altre volte nemmeno ci riesce. E siccome difficilmente la Germania punterà sul pur bravo Ciolek (18enne campione nazionale), sarà ancora il vecchio Erik a incrociare elmo e spada col Nostro.
Hushovd s'è perso per strada, e tra l'altro a Madrid correrà da solo (unico norvegese ammesso, a fronte di tre ragazzi del Burkina Faso: chi ci sarà?, non potrà mancare Rabaki Ouedraogo, e poi sicuramente uno dei quattro Sawadogo, e almeno uno fra Laurent e Lucien Zongo. Grazie Uci, grazie Verbruggen; ma ci torneremo, ci torneremo).
Freire (auguri!) è alle prese con problemi di salute; poi c'è Boonen, che è il vero oggetto misterioso della situazione. Non ne sta imbroccando una, anche se il quarto posto odierno è almeno meglio del dodicesimo di qualche giorno fa. Poi oggi al traguardo ha anche fatto un gesto simile a un'imprecazione, come dire che ci teneva. Se sta fingendo, se si sta nascondendo, meriterebbe non diciamo un Oscar, ma almeno un David di Donatello per la recitazione; se così non è, il giovane Tom è parecchio lontano dal corridore da sogno visto in aprile nelle Fiandre.
In breve, il campo avverso non naviga nella serenità. Sta a noi stare tranquilli e non farci prendere dalla foga: altra boutade più e più volte sentita ultimamente: "Solo 9 uomini invece di 12, sarà quasi impossibile tenere la corsa". Ma perché, normalmente la Fassa con quanti uomini corre? 9 al massimo, nei grandi giri. Alla Sanremo, addirittura (290 km e non bruscolini, in una delle corse più imprevedibili dell'anno), in 8 controllò e spadroneggiò.
Quindi, caro Ballerini: stiamo calmi. Petacchi + 3 uomini del treno + Bettini + Pozzato + Paolini + un jolly da fatica (scelga lei) + un velocista di riserva, se malauguratamente Ale dovesse urtare il ginocchio contro la sua portiera. La nazionale è questa, e la Vuelta, oggi, ha dimostrato che non si deve elucubrare più di tanto, perché lo spezzino leva parecchie castagne dal fuoco.
La lunghissima divagazione iridata ci sarà perdonata, in un giorno in cui la Vuelta offre, a parte la bella fuga solitaria di Pasamontes, soltanto la ferita di Heras al ginocchio sinistro, come contenuto tecnico. Hai detto niente, si dirà, Heras s'è fatto male! Caduto in testa al gruppo in una solenne "montonera", come la chiamano da quelle parti, la maglia oro uscente ci ha messo un po' per ritrovare una pedalata decente. In questi casi, quel che è valido a caldo poi magari si ribalta a freddo. Aspettiamo perciò domani per capire se la ferita di Heras potrà avere effettivamente ricadute sulla sua condotta di gara, o se potrà essere superata senza troppi affanni.
Al momento il capitano della Liberty Seguros è sembrato soffrire abbastanza, mentre veniva curato e bendato in corsa. Ma senza la controprova di domani, è inutile esprimere sentenze. Buon per lui che la tappa a venire non sia una di quelle decisive (per quanto insidiosa); Heras avrà modo di testarsi per bene, per capire se a Covadonga potrà dare la stoccata. Tra i più in apprensione, certamente Scarponi, che se il numero uno del team di Saiz dovesse passare la mano si ritroverebbe catapultato nel ruolo di capitano; non lo speriamo perché siamo sportivi, e non vorremmo mai un'investitura che passasse per le altrui sfortune (per quanto saremmo curiosi di vedere il marchigiano correre per sé).
L'unica certezza è che Menchov, al di là di ogni parola di circostanza, non sta versando calde lacrime in questo momento: l'episodio imprevedibile ha messo i bastoni fra le ruote al suo primo contendente, e non a lui. Oltre al sospirone, il russo si sarà fatto anche due conti, e avrà scoperto che da oggi la Vuelta è un po' più facile per lui. Vedremo se sarà effettivamente così.