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Tranquilli, Petacchi c'è - Grande volata su Zabel e Boonen

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Non è che ci fossimo preoccupati, questo no. Però un tarletto ci stava fastidiosamente sussurrando all'orecchio che i momenti negativi è meglio che non durino troppo.
Perché le negatività si autoalimentano, si nutrono di se stesse, e se non se ne viene fuori da soli, durano talmente tanto che poi solo eventi straordinari possono spezzare la catena. Alessandro Petacchi qualche guaietto l'aveva incrociato, lungo il suo percorso di quest'estate. Alla Classica di Amburgo, una corsa che sulla carta poteva vederlo tra i favoriti, è caduto e si è semifratturato un dito. Per lui che, dopo un inizio di stagione fulminante, iniziato con le brevi corse a tappe spagnole (Valenciana, che - complice la neutralizzazione per maltempo dell'unico arrivo in salita - ha addirittura vinto!, e Andalucía) e proseguito con Tirreno e soprattutto Sanremo, e sublimato dal solito Giro da protagonista (dopo passaggi vittoriosi in Aragona e Romandia), per lui che dopo tutto ciò si era di fatto fermato per rifiatare, la pausa era durata molto più del previsto.
Saltato il Tour, l'incidente di Amburgo (31 luglio) gli ha complicato la vita per tutto il mese di agosto. In programma c'era il Giro del Benelux, Ale è partito ma dopo due giorni di sofferenza si è ritirato. Notizie filtrate sul suo stato di salute, un'apparizione con sconfitta (quarto posto nel giorno di Napolitano) alla Coppa Bernocchi, poi, come da copione, il viaggio in Spagna.
E qui, nel paese di tanti dei suoi successi, dopo i primi due giorni di assestamento, vissuti tra una breve crono affrontata senza ambizioni, e una tappa con salita finale poco adatta ad un velocista non al meglio come pareva essere lui, Alessandro si è nuovamente calato nei panni del vincente senza se e senza ma.
Il caldo torrido della Mancha ha partorito una frazione non delle più intriganti tecnicamente: tanti tentativi in avvio, poi una fuga solitaria da metà a tre quarti del percorso (ma il cui protagonista, Javier Pascual Rodríguez, è stato sempre tenuto a distanza ravvicinata), infine un estremo assalto all'arma bianca, bello per carità, ma destinato all'insuccesso, del tedesco Ziegler nel finale.
In realtà il destino della corsa era già scritto: di volata si doveva trattare. Ma fino a quando, a quattro chilometri dalla conclusione, non abbiamo visto formarsi in testa al plotone un treno possente, con sette uomini a tirare come dannati, non potevamo avere la certezza che la storia futura di Petacchi stava per riallacciarsi a quella passata. Tutta la Fassa Bortolo si è messa a disposizione dello spezzino, e nessun rivale ha potuto opporre alcunché a quella dimostrazione lampante di potenza.
Del resto non si improvvisano, dall'oggi al domani, automatismi che ormai sono entrati nei cromosomi di quel gruppo di eccezionali passisti (Gianluigi Stanga, che ne ha ingaggiati un bel po' per la sua Domina Vacanze, lo sa bene); quando la Fassa si è messa a tirare da par suo, Petacchi non aveva che mettersi in coda e aspettare gli ultimi 200 metri per dare la sua stoccata.
E l'ha fatto, certo che l'ha fatto. La sua volata è stata uguale ad altre decine che ci ha fatto vedere negli ultimi anni. Gli avversari del giorno, Erik Zabel e Tom Boonen, li ha già battuti; ma il fatto che possano essere gli stessi che si troverà ad affrontare ai Mondiali di Madrid, colora di significati densi questo risultato di oggi, che viene a 28 giorni da quella prova iridata.
Soprattutto, l'esultanza per qualche verso smodata di AleJet fa riflettere. Lui, così misurato e sempre così avvezzo all'understatement, a minimizzare tutto, figurarsi se si sarebbe emozionato tanto per una vittoria di tappa alla Vuelta. In altri tempi certamente non avrebbe espresso tanta gioia mista a rabbia, al traguardo; ma oggi evidentemente non era come le altre volte, evidentemente ce l'aveva anche lui quel tarletto fastidioso.
E allora via tutto, via i timori, quell'urlo, quello scaricare le braccia in maniera tanto plateale significano che il periodo grigio si chiude definitivamente. Alle spalle di Petacchi, oggi, non c'era soltanto tutto il gruppo: c'era anche un intoppo lungo un mese. Siamo certi che in Toscana, dalle parti di Ballerini, si sia sentito nell'aria qualcosa di molto simile a un sospirone.

Marco Grassi



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