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Menchov primo allungo - Al russo la breve crono d'apertura

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«Granada, tierra soñada por mi», forse si è canticchiato qualcosa del genere Denis Menchov, quando sul podio della prima tappa della Vuelta, nella splendida città andalusa, ha potuto gustarsi appieno la sua vittoria nella breve cronometro d'apertura della corsa spagnola.
Non si sa se il russo l'abbia sognata proprio così, la sua Granada, ma di certo non gli sarà dispiaciuto vincere per appena un secondo sul belga Verbrugghe, corridore rinato e reduce da un buon Giro del Benelux. Anche se poi galanteria e opportunità gli hanno suggerito di fare il modesto a tutti i costi, «non mi aspettavo di vincere, al cospetto di tanti specialisti».
Gli specialisti in effetti c'erano, ma chi può dire se si siano nascosti o se abbiano puntato l'orologio della condizione più avanti, tra una settimanella. Non stiamo parlando dei cronoprologomen, quelli come Verbrugghe (per poco non gli è riuscito il colpaccio, e non si può dire che i suoi prologhi non devono superare i 5 km, visto che al Giro 2001 si impose su 7,6 km, mentre l'anno dopo, su 6,5 km, perse ancora una volta per un solo secondo, da Juan Carlos Domínguez), quelli come McGee (che paga senz'altro la salita dell'Alhambra, visto che poi recupera 1" su Menchov e ben 5" su Verbrugghe).
Stiamo parlando ad esempio di un Aitor González, che non va oltre uno sciapo 20esimo posto, pagando 26" a Menchov e ottenendo lo stesso identico risultato di Mancebo, che invece è andato più o meno in linea con le attese. Parliamo di un Botero, solo nono a 18" dal primo; parliamo di uno scarico Floyd Landis, che perde 36" e chiude in 46esima posizione; parliamo di un Pereiro che pure un prologo a casa se l'è portato quest'anno, al Romandia, e qui invece si accontenta di un 58esimo posto a 39" dal vincitore.
Heras invece, da bravo padrone di casa, ha offerto una buona prestazione, tanto per confermare che dovranno passare ancora tutti sul suo corpo: settimo a 15" da Menchov, sì, certo, conta poco, ma essere davanti è meglio. Molto bene Sastre, sorprendente quarto a 7" (c'è la mano di Riis, la stessa che ha guidato i progressi di Basso a cronometro), non malaccio Azevedo 19esimo a 24", sotto tono Carlos García Quesada (117esimo a 57"; meglio il fratello Adolfo, 41esimo a 34"), vistosa debacle di Isidro Nozal, 182esimo a 1'23", un po' meglio rispetto alle ultime uscite Iban Mayo (53esimo a 38"). Non fa invece ormai più notizia l'ennesimo colpo di sfortuna che ha abbattuto Beloki: caduto in corsa, ha chiuso a 1'44", al terz'ultimo posto; intervenga qualcuno, l'Onu, l'Esercito della Salvezza, i Blues Brothers, ma non è possibile che questo ragazzo non possa più avere modo di ritrovare un filo sensato col ciclismo. Coraggio Joseba, per il momento ti adottiamo noi.
Notizie dall'Italia: il Simoni che non ti aspetti si ritaglia un posto nella top ten, con appena 20" di ritardo da Menchov e 5" dal faro Heras. Se è un segnale della ritrovata voglia di Gibo, dopo un Giro d'Italia non eccellente (pur se bagnato dal secondo posto finale) e poi un'eclissi di due mesi e mezzo, lo accogliamo con grande piacere. Sappiamo tutti che motivi di interesse che esulino dalla faida solo spagnola sono ben accetti; in quest'ottica ci piace che Menchov si sia issato in cima alla classifica.
Domani una salitella nel finale non farà selezione, ma potrebbe regalare un po' di spettacolo. Gli uomini di classifica staranno a guardare, presumibilmente, ma noi abbiamo un Bettini da giocarci: anche per il Grillo è ora che arrivi qualche nuovo squillo.

Marco Grassi



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