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La montagna ha partorito... - Ci prova solo Basso, ma non basta | Cicloweb

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La montagna ha partorito... - Ci prova solo Basso, ma non basta

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...il più classico dei topolini. Proprio così, la montagna, regina di questa seconda e ultima tappa pirenaica, ha partorito il topolino.
Per fortuna che Ivan Basso ci ha un po' riconciliati col ciclismo, perché se il varesino non avesse almeno provato a fare quegli scatti che hanno fatto male a Ullrich e Rasmussen, questa pagina sarebbe restata probabilmente bianca.
Stupidi noi a credere davvero, ieri, che qualcuno oggi potesse avere intenzione di mettere in discussione lo statu quo. Ma quando mai, la tappa dei sei colli pirenaici è stata una scialba carovana che ha portato in carrozza, per l'ennesima volta negli ultimi 7 anni, Lance Armstrong e la sua corte.
Incredibile, in uomini passati da mille sconfitte, notare come siano incapaci ancora di guardare al di là del proprio naso, o al di là del piazzamento in classifica immediatamente superiore. Non parliamo di Leipheimer o di Landis, che da una settimana staranno accendendo ceri ai loro santi preferiti (se ne hanno) per rimanere là dove sono, e nessuno onestamente poteva pensare che sapessero inventarsi qualcosa di clamoroso.
Parliamo invece di Jan Ullrich, il campione forse peggio gestito (da se stesso e da chi gli sta intorno) che la storia del ciclismo ricordi. Oddio, andiamoci piano a scomodare la storia del ciclismo, ché oggi non solo non è stata onorata, ma addirittura è stata sdegnata. Se non oggi, con tutto quel bendiddìo di salite, quando, dove, come provare l'attacco impossibile? Non c'è più strada buona, se non cade Lance ha vinto il suo settimo Tour, e a questo punto complimentissimi a lui, che una volta di più è stato capace di stagliarsi su questo panorama di miserie senza fantasia.
Accingiamoci a una settimana di leggeri smottamenti, tanto ormai la frana non c'è stata e Armstrong può affrontare con il sorriso sulle labbra questi ultimi sette giorni di professionismo che lo attendono.
Inconcepibile il fatto di andare tranquilli e moderati per le prime quattro salite di giornata, facendo per l'ennesima volta il gioco del texano. Ma purtroppo se Ullrich non si è schiodato da questi schemi per 6 anni, perché sperare che lo facesse al settimo? Mica è John Belushi, mica ha visto la luce. Altro che capriole, il tedesco ha di fatto rinunciato a cuor leggero alla possibilità di bissare il suo remoto Tour del 1997.
Pur avendo Vinokourov e Klöden in squadra (oltre a un enorme Guerini), non è stato in grado di giostrare una tattica che fosse una, a inventare un colpo a sorpresa, ad avere un'idea rivoluzionaria. Lui come lo staff che lo segue stancamente sull'ammiraglia T-Mobile. Ci resterà, sempre più sbiadito negli occhi, il ricordo dello Jan finalmente efficace, in quei pochi mesi in cui fu vestito di verdeacqua, in maglia Bianchi, nel 2003; poi, purtroppo, tornò in bianco-fucsia.
Jan come Michael. Perché se Ullrich ha fatto la corsa sul terzo posto di Rasmussen (immaginando di superare poi Basso nella crono; per il momento non ha neanche scavalcato il danese), lo stesso Rasmussen ha fatto la corsa su chi lo seguiva, sperando di salvarsi in corner. L'uomo a pois è al lumicino, ormai si è capito. Ma se da una parte si può comprendere che per lui un podio al Tour a 31 anni sia oro colato, dall'altra non può non essere considerato uno spreco vedere tre dei suoi (forti) compagni di squadra, Boogerd, Dekker e Kroon, impegnati a fondo in una fuga che poi alla Rabobank non ha portato alcunché. Era proprio impossibile immaginare di comprendere, nella tattica del giorno, anche un ruolo attivo e utile per Rasmussen?
Per dirla proprio tutta, anche Basso ha aspettato un po' troppo per attaccare. Ci aspettavamo che si muovesse sul Peyresourde, lui invece (probabilmente spinto anche dal bisogno di non buttare alle ortiche un piazzamento quasi sicuro per inseguire la bellissima chimera; se avesse vinto il Giro, forse avrebbe avuto meno da perdere) ha aspettato il Val-Louron, penultima ascesa di giornata. Ma almeno si è mosso! Prima del suo allungo deciso, solo Vinokourov (avercene, avercene) aveva provato uno scatto, ma purtroppo il kazako non ha nelle gambe il fulmicotone che dimostra di avere nella testa.
Quando Basso è partito, solo Armstrong ha saputo reagire subito, e Ullrich ci ha messo un po' per ritornare a galla. Il Val-Louron è andato così, con Basso che una seconda volta ha staccato Ullrich, che però anche in questa seconda occasione è riuscito a rientrare dopo qualche pedalata. Armstrong tranquillo, sapeva che ogni metro in più era un metro in meno verso il settimo sigillo (scusa Ingmar, questa non la diciamo più, promesso).
Sulla salita di Pla-d'Adet, quella che portava al traguardo, l'attacco di Basso è stato ancora più velenoso, e stavolta Ullrich è andato in apnea, perdendo definitivamente terreno. Lance, a queste condizioni, con questi assalti così concepiti, è instaccabile, e infatti è rimasto fino alla fine con Ivan, mentre a Jan non bastava né l'aiuto di Sevilla, né il fiato sul collo di Rasmussen (in recupero nel finale dopo momenti di discreto affanno) per spingerlo a ritrovare brillantezza.
In tutto ciò, non abbiamo speso una parola per la fuga del giorno, che pure c'è stata ed è stata bella e vibrante. Partiti al km 27, i 14 magici di oggi hanno proseguito tutti insieme fino al Portillon, poi qualcuno s'è perso per strada (Dekker, Astarloza, Bertogliati, Pineau, e poi sul Peyresourde anche Camano, Bertolini, Davis e Kroon), e sono rimasti solo Caucchioli, Hincapie (non in libera uscita: vista la non totale affidabilità dei suoi, Lance l'ha mandato in avanscoperta casomai servisse un appoggio nel finale), Brochard, Sevilla (lui invece era lì per caso, di sicuro: d'altronde è così che funzionano le cose in T-Mobile), Boogerd (Dekker e Kroon si sono immolati per lanciarlo) e Pereiro.
Sull'ultima salita sono venute fuori le migliori doti da scalatori di Pereiro e Caucchioli (pur tra mille difficoltà), la resistenza alla distanza di Boogerd, e la maggiore freschezza di Hincapie (che aveva tirato meno degli altri). Poi proprio l'americano se n'è andato con Pereiro, e già ai 4 km il destino dello sprint a due era scritto, vista la velocità di George, che infatti ha vinto facilmente, quasi commuovendosi (non al livello del Totschnig di 24 ore fa, ma quella fontana è impossibile da eguagliare).
Va benissimo che Hincapie abbia conquistato questo tappone, saremmo stati ugualmente contenti se ci fosse riuscito Pereiro, anche se da italiani tifavamo ovviamente per Caucchioli. Ma, pur non mettendo in minimo dubbio la bravura, la dedizione, la forza e la tenacia dei fuggitivi che sono riusciti ad arrivare davanti ai big, non possiamo nascondere la grande delusione per l'esito di questa frazione. Va bene, è andata così, sarà per un altro Tour.

Marco Grassi

 

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