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L'ultimo urlo è di Hushovd - Pasticcio Quick Step, Thor gioisce | Cicloweb

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L'ultimo urlo è di Hushovd - Pasticcio Quick Step, Thor gioisce

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Prima o poi anche Thor Hushovd deve mettere la palla in rete. Oggi il norvegese l'ha fatto, bravo lui, ma tirate d'orecchi alla Quick Step.
Quel che è successo è presto detto. La tappa di Cuenca si preannunciava come quasi sicuramente destinata ad un epilogo con volata a ranghi ristretti, vista la salita che svettava a 13 km dal traguardo. Tutto il pre lo vedremo poi, per ora concentriamoci ai 1200 metri dalla fine. In gruppo è rientrato da poco (ai 5 km) Tom Boonen, staccatosi sull'Alto del Castillo ma bravo a recuperare tra la discesa e il piano successivo. Ovvio che con il belga in gruppo, sulla carta non ce ne dovesse essere per nessuno.
Infatti il Petacchino ha vissuto un destino simile, da staccato in salita; ma poi non ha saputo rientrare, lo spezzino, e quindi, visto che a gatto mancante si sa che i topi ballano, il vincitore di Fiandre e Roubaix, dopo essersi guardato attorno e aver notato l'assenza anche di Zabel, ha capito che era il caso di tenere a bada solo Hushovd, per portare a casa una vittoria sacrosanta.
A dare man forte a Boonen, nientemeno che Bettini, fin lì assai attivo, e pure Mercado, presente anch'egli nelle scaramucce che avevano vivacizzato il finale di tappa. Proprio Mercado è la pietra dello scandalo. Lo spagnolo, nei piani Quick Step, era il terz'ultimo uomo. Poi Bettini avrebbe dovuto tirare la volata a Boonen. Fatto sta che lo spagnolo, ai 1200 metri, preso da un irrefrenabile impulso, si è spostato (tra l'altro prima del previsto) con uno scarto inusuale, tanto che Bettini, alle sue spalle, ha dovuto per forza di cose andargli appresso (l'alternativa era l'asfalto).
Tutto questo mentre scattavano uomini a destra e a manca. Boonen si è trovato a dover gestire una situazione inattesa, e per tamponare le falle e inseguire l'indiavolato Samuel Sánchez si è messo a tirare all'ultimo chilometro. Alle sue spalle, però, nessuna traccia di Bettini, che era proprio dall'altro lato della strada. Quando Tom ha esaurito le forze e McGee è partito in contropiede, il Grillo ha dovuto improvvisare (ed è una cosa che, onestamente, gli riesce meno bene di altre).
Bettini si è messo in coda al trenino di McGee, e ai 300 metri, perso per perso, si è buttato a capofitto in una volata in cui non aveva in partenza speranze: ai 150 metri il toscano si è rialzato, lasciando il proscenio ad altri e voltandosi indietro a dare un paio di sacramenti alla scelleratezza di Mercado. In effetti avere Boonen e Bettini nel gruppo ristretto al traguardo, e portare a casa niente di più che un dodicesimo posto, non è quel che si dice un viatico per passare una buona serata, in casa Quick Step.
Buon per Thor, tutto quel che abbiamo appena descritto. Perché il mastodontico norvegese, già maglia verde al Tour pur senza aver vinto alcuna tappa, meritava un'affermazione del genere. Meno veloce di Petacchi e anche di Boonen e Zabel, deve puntare tutto su questo tipo di frazioni intermedie, non proprio per velocisti puri, ma neanche rognose al punto da respingere quelli che pesano più di 80 chili.
Oggi è stato esemplare, e come premio per la sua condotta gli resta non solo l'affermazione parziale, ma anche la conquista della vetta della classifica a punti, che è un obiettivo a cui tiene sempre in maniera particolare. Oltre a ciò, gli fa anche bene riscoprirsi vincente a meno di un mese da un Mondiale in cui correrà da solo (grazie, Uci: ne parleremo prossimamente), ma che nonostante ciò lo vedra tra i favoriti.
Ma non solo di volate ci parla questa Vuelta. E allora, passo indietro, torniamo alla salita di Alto del Castillo, per scoprire che, sull'attacco iniziale di Samuel Sánchez, il più pronto a prendere l'abbrivio è stato Joaquín Rodríguez, che si è avvantaggiato per prendere i punti Gpm; ma poi, dopo lo scollinamento, si è formato lì davanti un gruppetto niente male. C'era Bettini, e c'era lo stesso Joaquín, e anche Adolfo García Quesada, che non vincerà la Vuelta ma che sa come ci si piazza in un grande giro.
Ma soprattutto, nell'economia della Generale, c'era Roberto Heras, vincitore delle ultime due Vuelte e di quella del 2000; e al suo fianco, un Carlos Sastre che si conferma in buona forma, in attesa di quelle montagne su cui, stando a quel che ci suggerisce l'esperienza, dovrebbe tenere bene e magari staccare qualcuno dei rivali; e anche Floyd Landis, che ha titubato in avvio di corsa (tutt'altro che eccezionale nel prologo), ma che - chissà - potrebbe riproporsi come possibile personaggio da seguire nei prossimi giorni.
Poi l'azione è rientrata, perché dietro c'erano tanti uomini che smaniavano di protagonismo, ma è sintomatico che proprio Heras, fino a una settimana fa un vero ectoplasma, stia talmente bene da essere il primo a salire sul treno dell'attacco, alla prima occasione in cui la strada si impenna. Oggi è stata questione di poche centinaia di metri, in realtà; ma domani le cose cambiano, e l'arrivo in salita della stazione sciistica di Aramón Valdelinares potrà far male a qualcuno.
Qualcuno come Aitor González, per esempio? Oggi l'ex Fassa Bortolo si è staccato ed è rimasto dietro, perdendo 51" dai più forti. Peggio di lui, fra quelli di classifica, solo Mayo, che si è ritirato (ma il basco era lontanissimo nella generale). Ora, il passaggio a vuoto odierno non significa che domani Aitor andrà a picco, ma è quantomeno indicativo di una forma un po' approssimativa. Certo, dispiacerebbe se uno degli uomini più attesi della Vuelta dovesse uscire di scena alla prima salita vera.
Quanto alla Spagna, continua a digiunare: siamo a tre vittorie di tappa italiane, una russa e una norvegese. Le maglie, a parte quella del Gpm di Joaquín Rodríguez, sono tutte appannaggio di corridori "stranieri". Non è detto, comunque, che già domani non ci sia un po' di gioia per gli uomini di casa. Ovvio che si fa per dire, visto che saremmo felici il doppio se dovessimo vedere Simoni, o Bertagnolli, o - perché no - anche Scarponi (che è vicino in classifica) fare bene, e magari imporsi, sull'arrivo in salita. Restiamo in ascolto.

Marco Grassi



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