Ivan, sei stato magnifico! - Basso secondo, e ora tutti lo temono
Versione stampabileQue reste-t-il de cette Grande Boucle? Charles Trenet l'avrebbe messa in musica così, forse; di certo quel che resta di questo Tour de France, dal nostro italico punto di vista, è principalmente il secondo posto di Ivan Basso. Un piazzamento d'onore nel vero senso della parola, che prosegue la serie positiva del varesino, quella serie iniziata con l'undicesimo posto del 2002, proseguita col settimo del 2003, impreziosita dal terzo del 2004, ed ora confermata a livelli d'eccellenza.
Anche Armstrong si è accorto di quanto sia speciale il nostro Ivan, forse perché quest'anno per la prima volta ha assaggiato i suoi attacchi. Il timido paggetto dell'anno scorso (premiato da una vittoria elargita dal Re a La Mongie, sui Pirenei), quel ragionierino che calcolava troppo e faticava a scaldarci i cuori, non c'è più, sostituito da un campione fatto e finito, che non si spaventa più, che ha una fiducia enormemente maggiore nei propri mezzi (in questo è stato bravissimo Riis, il suo direttore sportivo), che quando decide di attaccare attacca, senza problemi, senza timori reverenziali.
Gli manca la sparata, gli manca la rasoiata secca in salita, ma quella non tutti ce l'hanno, è un dono di natura che non si può inventare. Si può, invece, lavorare diversamente su se stessi, cercare di migliorarsi il più possibile, e questo ha fatto Basso, ha fatto di sé un corridore capace di andare forte anche a cronometro, e di andare come nessuno in salita. Quando Ivan accelerava, spesso solo Armstrong, con gran fatica, riusciva a tenergli la ruota.
L'anno prossimo Lance non ci sarà più, e in tanti fanno sin da ora l'equazione che conduce il varesino dritto alla vetta del Tour. Cautela, le corse non si vincono a tavolino, c'è sempre una quota di imponderabile che può mandare all'aria tutti i piani.
Però un dato certo c'è, e riguarda un punto dolente del ciclismo moderno: la convinzione che non si possano correre due grandi giri ad alto livello in una stessa stagione. Una convinzione figlia del modo di fare degli Armstrong (e degli Ullrich, e di tanti altri pecoroni che sono andati appresso a questa moda), che viene oggi semplicemente smentita. Basso ha disputato un Tour colossale, guadagnandosi rispetto e stima in tutto il mondo; ma prima di ciò, aveva detto la sua anche al Giro d'Italia, laddove aveva a tratti dato un'idea di incontenibilità, prima di andare in crisi tra Ortisei e lo Stelvio, e dove aveva poi conquistato due tappe importantissime, pur essendo ormai uscito di classifica.
Non è fondamentale, oggi, dover per forza vincere Giro e Tour nello stesso anno. Ma che almeno vi si partecipi, questo sì: poi si può puntare sull'uno o sull'altro, ma presentandosi al via in tutti e due, senza che questo significhi essere imbattibile qui e fare figure barbine lì (o viceversa). Basso ha dimostrato che si può, si può ancora. Questo è il regalo più bello che potesse farci, e gliene siamo enormemente grati.