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Il pagellone del Tour 2005 - Ecco i nostri promossi e bocciati

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Lance Armstrong - 7
Non è un facile sillogismo (il texano vince il settimo Tour, i voti vanno da 1 a 10, quindi voto: 7), ma il frutto di un'analisi ponderata. Lance "aspetta" il penultimo giorno per festeggiare una vittoria di tappa, lasciando (bontà sua) a ValverdeBelmonte, Tötschnig, Hincapie e Serrano i quattro arrivi in salita di Alpi, Pirenei e Massiccio Centrale. Eh no, Lance, i cannibali non fanno così. Prima di ieri credevamo volesse farsi beffe di tutti e catalogare sotto la voce «Vittorie 2005» soltanto la Classifica Finale della Grande Boucle. Forse, visto Basso in salita, non era molto sicuro come gli anni precedenti. In ogni caso, chapeau (e addio!).

Ivan Basso - 9
Ritirato nel 2001, 11° nel 2002 (e maglia bianca di miglior giovane), 7° nel 2003, 3° nel 2004 (con la vittoria di tappa di La Mongie, sui Pirenei) e 2° nel 2005. Siccome i numeri, però, lasciano il tempo che trovano e già rimangono negli annali, nella valutazione di Basso non possono essere tralasciati i miglioramenti da attaccante del varesino che, a parte Courchevel, ha provato ad attaccare ed avvantaggiarsi su tutti, riuscendovi (tranne, ovviamente, Lance) ogni volta. Coraggioso in salita, migliorato a cronometro. Nel 2006 sarà atteso al varco come uno dei principali favoriti alla maglia gialla sui Campi Elisi: toccherà a Basso dimostrare di saper leggere il Tour de France anche senza Armstrong.

Jan Ullrich - 6
L'atleta più difficile da valutare: condizione in crescendo, soli 23" pagati a Sua Maestà Armstrong nella crono di Saint-Etienne, trenate nelle tappe vallonate che hanno scremato il gruppo, tutte ottime cose se non fossero le uniche di un potenziale fenomeno. Il vincitore del Tour 1997, 5 volte secondo ed una volta quarto dal 1996 in poi, è un corridore da lotta per la maglia gialla, non per il podio (sullo scalino più basso, tra l'altro), o comunque non soltanto per il podio. Il Tour si può perdere, ma si deve avere la voglia di vincerlo: e Jan quest'anno ha dimostrato, oltre ai "soliti" problemi di peso iniziali, anche pochissima tatticità in corsa. Contro Armstrong, ma anche contro Basso, sono errori che si pagano.

Michael Rasmussen - 7
La cavalcata verso Mulhouse aveva rimandato ad epiche azioni da tregenda dell'antichità in bianco&nero, o più contemporaneamente alle tappe che si divertiva a vincere Richard Virenque, anche solo per quella maglia a pois presa in consegna ereditiera dopo sette anni di dominio (probabilmente il 7 è stato il numero più nominato di luglio) del francese terzo nel 1998. Stoica resistenza a Courchevel, classifica a punti dei gran premi della montagna vinta con qualche giorno di anticipo, paga il calare della condizione sui Pirenei e la grande azione di Basso sulla côte di Mende.
Terzo posto fino a sabato mattina, settimo (visto?) posto nella Generale sabato sera. Molte volte il danese maledirà quella curva, quella caduta, quel "tic-tac", quel fosso, quei 55 km del circuito di Saint-Etienne. Ad inizio Tour ci avrebbe messo la firma, alla fine avrà qualche rimpianto. Però una tappa, la maglia a pois ed un posto nei 10 nella Grande Boucle non è poco. Lo rivedremo.

Alexandre Vinokourov - 9
Se non ci fosse bisognerebbe inventarlo. In luglio, poi, sottoscriveremmo anche qualche petizione a favore di chi chiedesse di clonarlo. Prova a far saltare il banco già da Nancy, ma la caduta di Mengin lo mette fuori gioco favorendo Bernucci, poi ancora verso Gérardmer. I 5' e passa patiti sulle Alpi ci avevano fatto pensare ad una resa. Ma chi? Il kazako? Col senno di poi, scemi noi a crederlo. Il giorno dopo, in quel di Briançon, una bellissima vittoria di tappa e la scalata verso i piani alti della Classifica. Purtroppo la T-Mobile è un baraccone e le tattiche di squadra sono miraggi troppo lontani per tramutarli in realtà: "Vino" si trova così costretto a lottare anche contro Klöden e Guerini, magari, tanto per riportare Ullrich (e tutti gli altri, sia ben chiaro) alla scia del compagno. Che Godefroot e Ludwig siano stati confusi dalla maglia giallo-verde di campione nazionale kazako? Il tentativo - riuscito anche grazie all'aiuto di McGee - nell'ultima tappa di portare via il quinto posto a Leipheimer è la fotografia migliore da fare all'atleta dell'ex Unione Sovietica. E la vittoria di Parigi, forse, vale più di quella di Briançon. Don Chisciotte.

Robbie McEwen - 8
È il velocista più scaltro del mondo, ed anche con Alessandro Petacchi in corsa è quello più pericoloso. Gioco forza, quando lo spezzino non c'è, l'australiano balla. Titubante all'inizio, quando il ciclone Boonen si abbatte anche sulla sua maglia di campione nazionale, esemplare nelle volate successive, quando non ne sbaglia una. Peccato per il declassamento patito nella tappa di Tours, che lo ha privato di punti importanti per la conquista della maglia verde. Tre tappe al Giro d'Italia, una al Giro di Svizzera, tre al Tour de France. Applausi.

Tom Boonen - 7.5
Il percorso della prima settimana lo ha sicuramente favorito, ma il dominatore di Fiandre e Roubaix non si lascia intenerire e piazza due zampate (come l'anno scorso) da autentico prim'attore degli sprint di gruppo. Sbaglia la volata in terra germanica a Karlsrühe, concedendo a McEwen il favore di partire troppo presto in uno sprint con pendenze in leggera ascesa. Poi la caduta (l'ultima di tre in pochi giorni) in contemporanea al sorpasso patito da Hushovd nella classifica a punti lo ha portato al ritiro, anche per non compromettere il finale di stagione, Madrid in primis.

Thor Hushovd - 7
La maglia verde era uno degli obiettivi primari del vichingo norvegese (è soprannominato "Schwarzy" dal gruppo per la sua mole che ricorda l'attuale governatore della California) e si è dannato l'anima finché non l'ha ottenuta (complice anche il ritiro di Tom Boonen). Sprint intermedi, volate di gruppo - anche se non troppo fortunate, diciamo così - ed addirittura fughe solitarie, e non, su percorsi vallonati e, udite udite, sul Col de la Madeleine. Poi, una volta in verde, si accontenta di controllare O'Grady e McEwen e di scongiurare ogni tipo di sprint, fosse anche quello per arrivare primo al bagno. Vincere la maglia verde senza vincere una tappa è un record un po' magro per potersene vantare. Coraggioso da sfidante, abbottonato da re.

Thomas Voeckler, Iñigo Landaluze - 4
L'anno scorso Thomas "T-Blanc" Voeckler aveva fatto innamorare di nuovo i tifosi francesi del ciclismo, facendogli credere di avere un nuovo potenziale campione. Dieci giorni di sfida totale per mantenere quella maglia gialla avuta in dote da una fuga bidone. Nel 2005, il ridimensionamento, pur ammettendo la voglia di emergere del giovane alsaziano: prova in tutti i modi a vincere una tappa infilandosi in ogni fuga, ma non è proprio l'anno buono. Per il basco, vincitore del Criterium del Delfinato poco più di un mese fa, un Tour de France da assoluto spettatore. Magari doveva aiutare Iban Mayo, e quindi è anche un po' giustificato.

Dario David Cioni, Stefano Garzelli, Franco Pellizotti - 5
Deludente l'anglo-toscano, poco in vista (era in fuga con Rasmussen verso Mulhouse, ma non ha tenuto il passo del danese) sin dal via da Fromentine; tenace, ma inconcludente, il varesino nelle tappe di montagna, con l'apice raggiunto nella tappa pirenaica di Ax-3-Domaines; determinato, ma svuotato, il biondo ex-Alessio che parecchie volte si è trovato nelle fughe buone (Digne les Bains, Mende, Le Puy en Velay), ma mai ha trovato lo spunto vincente.

Eddy Mazzoleni - 6.5
Che peccato, Eddy, quella tappa di Pau. Una grande azione col compagno giusto (Pereiro Sio), il ricongiungimento con Evans, la possibilità di giocarsi le proprie qualità da buon velocista nei gruppi ristretti con tre compagni di fuga, dei quali uno scalatore e due passisti-scalatori. Anche al capitano Lampre-Caffita, sgravato dall'assenza di Cunego e Simoni, sono mancate le gambe negli ultimi metri, ma di certo non sarà una tappa mancata a pregiudicare il voto finale del bergamasco, al rientro dopo tanti fastidi al tendine del ginocchio destro. Il tredicesimo posto finale è un bellissimo premio, anche alla carriera, di un onesto gregario e di un bravissimo corridore. E ragazzo, che non guasta mai (Basso, suo cognato, lo aveva cercato per la Csc 2006, ma il buon Eddy ha già dato la parola a Martinelli di scortare Cunego - almeno - durante il suo primo Tour de France).

George Hincapie - 7
Nella sua carriera di cacciatore di classiche, di ex velocista e di attuale passista veloce (da febbraio a giugno), la tappa pirenaica vinta in solitaria (seppure in fuga) sul traguardo di Saint Lary Soulan rimarrà una perla isolata nel palmares del più fido gregario di Lance Armstrong, e del suo (parole del texano) più sincero amico. Anche il quattordicesimo posto finale in classifica rimarrà una parentesi avvenuta in un anno di grazia particolare. Vero George, che rimarranno isolate?

Paolo Savoldelli - 7.5
È il vincitore del Giro d'Italia 2005, con la tappa di Zoldo Alto. È uno dei gregari di Lance Armstrong, per ordini di contratto e di scuderia. Nonostante ciò, nell'unica giornata "di ferie", il Falco di Rovetta si è concesso il lusso di andare a vincere una tappa, quella di Revel, con un'azione tanto potente quanto intelligente. Un'azione alla Paolo Savoldelli, insomma.

Yaroslav Popovych - 6.5
Primo Tour de France per l'ucraino trapiantato in Italia, più precisamente in Toscana, pupillo di Ernesto Colnago, ed esame passato, lo possiamo dire ad alta voce. Tanto vento preso sul viso, tanta fatica patita sulle montagne (esemplare la trenata verso Courchevel prima dell'attacco del proprio capitano), e la soddisfazione personale di portare a casa la maglia bianca di miglior giovane, quella riservata alla Classifica Generale degli Under 26, condita dal 12° posto totale.

Jean-Marie Leblanc - 5.5
Troppo alto? Non vi scandalizzate. È soltanto la media tra il voto (1) per il percorso che ha disegnato per il 2005 (Galibier non decisivo, Aubisque inutile, prima settimana troppo piatta, ultima settimana con poche montagne vere) e quello (10) per la decisione di lasciare alla fine di questa Grande Boucle. E 11 diviso due, quanto fa? Non ne sentiremo la mancanza.

Alejandro Valverde - 7
Sarebbe stato il rivale più pericoloso per Popovych e per la maglia bianca. Sarebbe stato interessante vedere dove sarebbe arrivato, dopo la vittoria parziale di Courchevel ed il momentaneo quinto posto in classifica. Anonimo fino alle Alpi, brillantissimo nella 10a tappa: una vittoria davanti ad Armstrong non si butta mai. Tantomeno al primo Tour. Appuntamento per l'anno prossimo, magari contrapposto a Damiano Cunego. Toccanti le sue lacrime al momento del ritiro.

Francisco "Paco" Mancebo - 6.5
Il "seigiornista" Mancebo (Franco Cribiori di Eurosport ci perdonerà la "concessione") migliora il sesto posto dell'anno scorso finendo a ridosso del podio, senz'altro per grazia ricevuta da Rasmussen. È un regolarista, mai uno scatto, mai un tentativo, neanche di vincere una tappa. Il suo ciondolare il capo - caratteristica che lo avvicina ai pistard - è comunque sempre presente nelle posizioni che contano in salita, e forse in settembre potrebbe addirittura ambire alla vittoria finale della Vuelta a España.

Oscar Pereiro Sio - 8
È stato designato quale "Corridore più combattivo del Tour de France 2005", e non poteva essere altrimenti. Salta malamente nella prima tappa di montagna vera, lui che finì 10° nel 2004 e che era una delle tre punte per la Phonak sulle strade francesi; poi accusa anche la fatica verso Briançon, quando aiuta Botero a riportarsi su Vinokourov. Sul traguardo di Pau, vittoria di tappa e barlume di speranza di entrare di nuovo nei primi dieci. Verso Le Puy en Velay, in compagnia dell'amico Beppe "Turbo" Guerini, una giornata perfetta: all'amico la tappa, a sé stesso il decimo posto. A Saint-Etienne, strenua difesa da Moreau, ed obiettivo raggiunto. Si fosse gestito meglio, forse sarebbe arrivato ottavo, ma noi ci saremmo divertiti meno.

David Moncoutie - 6.5
L'unica vittoria francese, in terra francese, nella corsa francese più importante, avviene (e non poteva essere altrimenti) il giorno della presa della Bastiglia, il 14 luglio. Come da abitudine. L'azione dell'atleta Cofidis, già vincitore a Figeac l'anno scorso, è bella e merita un bel voto. D'altronde, di questi tempi, una tappa al Tour per un francese è (quasi) il massimo che si possa ottenere.

Santiago Botero Echeverry - 4.5
Dopo un paio d'anni di completo anonimato con la maglia di Telekom e di T-Mobile (stessa squadra, ma casacche diverse), il 2005 di Santiago Botero si era sviluppato ottimamente: vittoria al Giro di Romandia e secondo posto al Criterium del Delfinato, risultati prestigiosi contornati da affermazioni parziali di tappa, soprattutto a cronometro, la specialità del colombiano. Però, nonostante la fuga di Briançon che lo aveva riportato nelle prime dieci posizioni della classifica finale, debacle su debacle durante le tappe di montagna, e neanche a cronometro ha lasciato il segno. Flessione fisiologica, o canto del cigno?

Giuseppe Guerini - 8
Al Giro di Svizzera sarebbe entrato in classifica se non avesse dovuto sobbarcarsi l'ascesa di Ullrich sul San Gottardo e compagnia montuosa elvetica. Al Giro d'Italia, ci scommettiamo, sarebbe stato spesso e volentieri con i primi della classe se la T-Mobile l'avesse nominato capitano. Al Tour de France, Beppe "Turbo" si è superato: trenate per scremare il gruppo, aiuti distribuiti a destra (leggi Ullrich) e a manca (leggi Klöden) nei momenti di difficoltà più o meno frequenti. Poi, ciliegina sulla torta, il "Passero di Gazzaniga" - e qui chiediamo "asilo" a Gianni Mura di Repubblica - si lancia all'ultimo chilometro e duecento metri della penultima tappa in linea, a fine corsa, con tutto l'acido lattico nelle gambe, e salta di slancio i compagni di fuga: braccia alzate, viso rivolto verso il cielo, sorriso timido ma efficace. Vittoria di tappa, e prossima futura nascita di un figlio: che bella l'estate di Guerini.

Dario Frigo - s.v.
Non lo giudichiamo, perché sul suo conto se ne sono dette tante, forse anche troppe. È comunque un recidivo, e merita la radiazione dal mondo del ciclismo. Ma ai tanti benpensanti e, a volte, benparlanti che si sono succeduti sul trono delle orazioni non si vuole dare ulteriore credito. Il voto basso, invece, è riservato all'ipocrisia che si è sollevata e che ha permesso di puntare il dito, nessuno (o quasi) escluso, verso una delle ultime ruote del carro. Tristezza.

Andreas Klöden - 5
Aveva iniziato benino, poi aveva sfruttato l'occasione concessagli da Armstrong verso il traguardo di Gérardmer. Sullo stesso traguardo, a sfavore del teutonico, il fotofinish più incerto della storia del Tour de France, e forse anche oltre: vince Weening, ma Klöden risale in classifica. Si difende sulle Alpi, male sui Pirenei, con tanto di caduta con conseguente frattura del polso destro che lo costringe al ritiro. Il secondo posto dell'anno scorso, comunque, era una lontanissima chimera.

Georg Tötschnig - 7
Crediamo che Georg-"usatosicuro"-Tötschnig benedirà tutta la vita l'avvento di Levi Leipheimer alla Gerolsteiner. Dapprima, l'austriaco era l'uomo preposto dal team tedesco per la cura della classifica finale nei grandi giri, ed in verità più al Giro d’Italia che al Tour de France (5° posto in Italia e 7° posto in Francia come migliori piazzamenti) Georg aveva dimostrato di poterlo, e saperlo, fare. Però mai un acuto, ed allora l'acquisto di Leipheimer (9° nel 2004) lo ha sgravato da compiti di classifica, e gli ha permesso di vincere la tappa, con una grandissima azione solitaria, di Ax-3-Domaines, con più di 50" su Armstrong e Basso che rinvenivano dal gruppo. Lacrime da commedia napoletana, avrebbero fatto impallidire Mario Merola, ma lacrime sincere: non poteva essere altrimenti.

Iban Mayo, Roberto Heras, Micheal Rogers, Bradley McGee - 3
Chi più, chi meno, si erano tutti affrettati a dichiarare alla vigilia della corsa francese di puntare ad un posto nei primi dieci in Classifica Generale. Iban Mayo si è notato soltanto perché la regia francese, all'inizio di ogni salita, ce lo inquadrava inesorabilmente con la sovrimpressione «Arriere du peloton» (coda del gruppo); Roberto Heras si è visto scavalcare da Jaksche nei gradi di capitano della Liberty Seguros-Würth, che dall'anno prossimo dirotterà lo spagnolo vincitore di tre Vuelta verso le strade rosa del Giro d'Italia, finalmente; Rogers e McGee si erano adoperati per vestire la prima maglia gialla, difendersi in salita, e guadagnare a cronometro: chissà se è soltanto colpa del primo impaccio (non essere riusciti ad andare forte nella prima cronometro) l'essere saltati appena dopo l'inizio della corsa. Mai un tentativo di fuga (eccetto un timido tentativo di Heras nelle ultime tappe sul Massiccio Centrale), neanche nelle tappe di pianura. McGee, bontà sua, si è visto soltanto in qualche sprint intermedio e nel lanciare qualche volata al duo Française ses Jeux Cooke-Eisel negli arrivi a rango compatto; l'azione di Parigi, per quanto bella, rimane un arcobaleno poco intenso dopo un gran bel temporale. Urgono rimedi.

Mario Casaldi



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