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Gran festa Quick Step - Amburgo, Pozzato-Paolini su tutti

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Il fascino è tutto in quella foto finale, con i due ragazzi a esultare insieme e a gioire entrambi per il successo di uno solo, giunto al termine della volata ristretta che ha deciso la Hew-Cyclassics di Amburgo.
Una foto che uno come il patron Squinzi avrebbe fatto gigantografare per mettersela in ufficio, accanto a quella del trionfo (poco sportivo, molto di marketing) di Roubaix '96 di Museeuw-Bortolami-Tafi in maglia Mapei (squadra di cui la Quick Step è filiazione diretta).
Ci perdoneranno, i maggiorenti del team belga, se a noi piace di più sapere che i due primattori di Amburgo siano, oltre che compagni di squadra, tutti e due italiani. E giovani e con un bel futuro davanti.
Pozzato è da anni tra i pronosticati a sfondare, lui a volte fa cose belle (nella Tirreno del 2003, un paio di volte a Laigueglia, a Saint-Brieuc al Tour dell'anno scorso), più spesso si nasconde, e in generale ha ancora molto (se non tutto, per uno con le sue qualità) da dire. Sia sulla strada, che in altri sensi, vedi le sue mai giunte scuse a Simeoni per le offese rivolte al laziale nella famosa tappa di Lons-le-Saunier al Tour 2004 (quando Armstrong impedì a Simeoni di andare in fuga e qualcuno in gruppo insultò pure il corridore vessato; tra l'altro, noterella a margine: nel giro di pochi giorni quasi tutti i protagonisti di quella vicenda hanno vinto. Lance il Tour, Guerini una tappa del medesimo, Pozzato una prova Pro Tour; e Simeoni una frazione del Qinghai Lake, gara cinese di scarso prestigio. Così va il mondo).
Chiusa la divagazione, torniamo senz'altro alla Hew-Cyclassics. Di Pozzato abbiamo detto, di Paolini bisogna ammirare in maniera sviscerata la sua dedizione alla causa. Paolini è quello senza cui Bettini avrebbe un palmares sensibilmente più povero: oltre a diverse cene, il Grillo deve al suo compagno e amico ampi pezzi di Milano-Sanremo, titolo italiano e oro olimpico (tanto per fare degli esempi). Ma Paolini è anche quello che, una volta svincolato da incarichi di gregariato, sa inventarsi un brillante bronzo al mondiale (a Verona, l'anno scorso), buttandosi in una volata in cui sono impegnati uomini velocissimi come Freire, Zabel, O'Grady, Davis, Valverde; è quello che sa portarsi a casa anche belle corse come il Giro del Piemonte e la Freccia del Brabante.
Ed è quello che in questa Classica amburghese di oggi esulta con felicità vera per il successo del compagno di squadra, nella quasi pedissequa riedizione dell'arrivo di Amay al Giro della Regione Vallone, appena quattro giorni fa, allorquando fu Luca a vincere davanti a Filippo.
Paolini ha esultato come un luogotenente, eppure non era detto chi dei due fosse il gregario, stavolta. Partivano alla pari, ma Pozzato ha saputo essere più rapido, più fresco, più bravo. Al colpo di reni ha prevalso (non di stretta misura, va detto), e subito dopo si è lanciato in un impeto di gioia a cui ha partecipato anche Paolini. Ora, stabilire chi dei due abbia dato la mano all'altro, capire da chi sia partito le beau geste, non è importante. Anche perché è sembrato talmente spontaneo e vero che tutto il resto passa in secondo piano.
Un epilogo di Hew-Cyclassics che ci riconcilia col bel ciclismo dopo che tre settimane di medie forsennate al Tour ci avevano fatto venire il mal di testa. La doppietta Quick Step-Italia sul traguardo tedesco è un bel riallacciare i rapporti con il Pro Tour (che da mercoledì ci propinerà - oddiosanto - il Tour del Benelux, una di quelle corse geneticamente modificate di cui nessuno a parte Verbruggen sentiva la mancanza).
Di Luca è sempre in testa alla classifica, ma oggi non è stato così brillante, arrivando (forse demoralizzato dal non aver preso il treno dei primi) ultimo del secondo gruppo; bene lo stesso, in fondo era al rientro e non si può pretendere che abbia da subito la gamba ardennese. Rebellin invece ha fatto capolino nel gruppo di testa, dopo essersi messo in luce al Brixia Tour la scorsa settimana, ha rosicchiato qualche punticino e ha confermato che vuole provare a insidiare Danilo nella rincorsa al ranking Pro Tour. L'anno scorso il veneto non riuscì, partendo da una posizione di vantaggio, a difendere la Coppa del Mondo dall'assalto di Bettini; stavolta gioca in rimonta, vediamo se ne avrà fino in fondo per ribaltare le gerarchie.
Terzo ad Amburgo si è piazzato Allan Davis, altro bel giovane che però ha sprecato un'occasione, visto che in teoria è più veloce allo sprint di quelli che l'hanno preceduto. Cancellara ha fatto quel che ha potuto, e non è riuscito a premiare il gran lavoro dei Fassa (Flecha, Bernucci, Velo; gran lavoro, sì, ma forse un po' col paraocchi: davvero credevano che Cancellara potesse battere in volata Davis o Pozzato? E un Flecha o un Bernucci non avevano la sparata da giocare negli ultimi 2 chilometri?).
Il gruppo di testa era stato scremato da Ullrich sul Waseberg; il solito incisivo Ullrich di questo periodo dell'anno, quello che poi fa venire rimorsi e rimpianti ai suoi tifosi perché è incapace di essere a questi livelli durante il Tour. Bravi a resistere Commesso (che però ha un po' perso lo spunto veloce di un tempo), Gusev, Elmiger, Tankink, Grabsch (che un allungo l'ha pure tentato), Honchar; un po' meno Guidi, che si è gestito male: in testa accanto a Ullrich in cima al penultimo Waseberg, rotolato a 7'13" (76esimo) alla fine.
Non hanno fatto invece niente di particolarmente memorabile Petacchi e Boonen, entrambi fuori dai giochi. AleJet deve riprendersi dal fastidio muscolare che l'ha colto la settimana scorsa, ma la caduta in cui è incorso su Waseberg, e che gli è costata una frattura al mignolo non lo aiuterà di certo, né sul piano fisico né su quello del morale; il belga, che si è ritirato dopo essere stato staccato dai migliori, paga l'inattività seguita al ritiro dal Tour. Ma l'obiettivo di entrambi, il mondiale madrileno, è ancora lontano, e c'è tempo per rifinire.
Nota di merito, poi, per Ludewig e Hoste, in fuga per tanto tempo e per tanto tempo con in bocca il sapore dell'impresa. Poi è rimasto solo l'amaro; ma in tanti pensavano, a 60 km dal traguardo e con 12' sul gruppo, che i due ce l'avrebbero potuta fare. Dopodiché si è scatenato uno dei più furenti inseguimenti visti recentemente, e ciao fuga. Ci potranno pur sempre riprovare.

Marco Grassi




Le pagelle della Hew-Cyclassics 2005

Pozzato - 9
Mette la sua prima zampata nel Pro Tour. Le corse adatte a lui sono tante, se si sblocca ma soprattutto se trova continuità può togliersi una marea di soddisfazioni. Può essere che ad Amburgo sia iniziata la vera carriera di Pozzato? Forse è davvero la volta buona.

Paolini - 9
Bravissimo come sempre, manca di poco il successo ma è il solito grande uomo squadra. Aveva già ritrovato la vittoria al Région Wallonne, oggi ha coperto le spalle a Pozzato, ha dato una mano nella fuga decisiva, ed ha in ogni caso partecipato alla festa.

Ullrich - 7
Come sempre non si tira indietro nella sua amata Classica di Amburgo. Per due volte fa la differenza sul Waseberg, ma se la prima viene troppo presto, nella seconda occasione porta via il drappello che va a giocarsi il successo. Stranamente non prova neanche a fare la volata, e dire che non è proprio fermo.

Tankink - 7
Il terzo uomo di casa Quick Step nell'occasione: tiene il passo dei migliori, poi prova un interessante attacco con Gusev e Velo. Una volta ripreso, si sobbarca una parte del lavoro per tenere in piedi la fuga.

Velo - 7
Il più presente degli uomini Fassa Bortolo, sia nel contropiede con Tankink e Gusev, sia nel lavoro finale. Ma lui, che ha uno spunto discreto in volata, non poteva essere giocato al posto di Cancellara come carta finale?

Ludewig - 6,5
Parte presto all'attacco, si arrende dopo 200 km e dopo aver sperato a lungo di potercela fare; ma il fondo che gli ha lasciato in eredità il Tour non presuppone comunque miracoli.

Hoste - 6,5
Memori di certe sue prestazioni nelle classiche del nord (soprattutto il Fiandre del 2004), avremmo quasi scommesso che sarebbe riuscito a salvarsi nel finale e a restare con i più forti dopo l'ultimo Waseberg. Ma aveva dato realmente troppo nella fuga, e si è dovuto accomodare.

Rebellin - 6,5
Tra il Brixia Tour e la corsa tedesca ha dimostrato di aver ritrovato una gamba più che accettabile: per i prossimi appuntamenti gli va riservato qualche posto sul podio (sul gradino più alto?).

Grabsch - 6,5
Almeno ci prova, e nel finale è praticamente l'unico. Non è un fulmine di guerra, e quindi lo riprendono, ma almeno un posto nei dieci se lo ritaglia.

Gusev - 6,5
Dà un impulso importante a tutte le azioni in cui si trova a collaborare: attacco a tre con Tankink e Velo, ma anche quel che resta della fuga con Ullrich e soci.

Davis - 6
Come un attaccante di calcio che sbaglia a porta vuota dopo aver dribblato mezza difesa e il portiere: fa la cosa più difficile, resistere ai fendenti di Ullrich sul Waseberg, poi fallisce quella all'apparenza più facile per un bravo velocista qual è, e cioè battere tutti ad Amburgo.

Cancellara - 6
Non è colpa sua se la Fassa Bortolo non sa imbastire niente di meglio che preparare per 10 km una volata in cui è scritto da subito che lui non potrà ambire a più di quel che ha poi effettivamente preso: il quarto posto.

Guidi - 5
Un giorno ci spiegherà che ci faceva in testa sul penultimo Waseberg, e a cosa è dovuto il suo crollo successivo.

Di Luca - 5
Perde tutti i treni, e malgrado la squadra lo aiuti con grande dedizione (anche il campione italiano gli fa da gregario), non è in giornata e si immalinconisce in fondo al secondo gruppo.

Celestino - 5
In visibile fase calante, non entra mai nel vivo e chiude lontanissimo dai migliori.

La chiave tattica

La Quick Step, rispetto alla Fassa Bortolo, indovina più che altro gli uomini giusti da piazzare nell'azione decisiva: Pozzato e Paolini hanno già dimostrato in settimana di essere in palla e di poter orchestrare buone tattiche condivise. La finezza è comunque l'attacco di Tankink, che permette ai due di stare tranquilli in un ottimo treno dopo l'ultimo passaggio sul Waseberg. Una volta ripreso il terzetto di Tankink, Velo e Gusev, si è potuto pensare alla volata, in cui la coppia del team belga partiva favorita insieme a Davis; ma l'australiano della Liberty Seguros ha patito la tenaglia italiana: più psicologicamente che fisicamente, verrebbe da dire.
L'errore
Già detto e ridetto: la Fassa Bortolo ha messo sul piatto d'argento ad altri la vittoria amburghese. Il trenino di Ferretti ha funzionato benissimo, ha tenuto viva la fuga finale, ma non aveva una locomotiva da lanciare nel finale. Per questo il dubbio è più che lecito: fino a che punto la paura che il drappello venisse ripreso dagli immediati inseguitori (si sa che quando si scatta e controscatta il ritmo alla lunga cala) ha trattenuto lo stesso Cancellara, Flecha e Bernucci dal provare l'allungo in anticipo? Oppure è stata semplicemente una valutazione sbagliata?



Ma.G.




Ma.G.


 

 

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