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E vince sempre lui - Vuelta, terzo successo di Petacchi

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Non poteva che essere firmata da Alessandro Petacchi la controcopertina di questa prima settimana di Vuelta.
Lo spezzino, dopo il passaggio a vuoto di ieri, dovuto non certo a una sua defaillance ma ad un'inopinata foratura nel finale, ha rimesso le cose a posto nella volata di oggi, al termine di una tappa che chiude la prima fase della corsa spagnola. Da domani si cambia registro: si comincia da una crono non facile, a due passi da Barcellona, una tappa che potrà vedere il ritorno in maglia oro di Denis Menchov, impegnato a recuperare solo 12" a Heras: se vale l'attitudine specialistica, il russo dovrebbe superare a occhi chiusi lo scalatore di Bejar.
Poi, però, tutto tornerà in gioco. Lunedì (iniziamo a contare) un seconda e un prima categoria in avvio, e poi un altro prima nel finale prima dell'arrivo in quota di Arcalís. Martedì si parte con un prima categoria, poi tre seconda e altro arrivo in quota (Aramón Cerler). Mercoledì si riposa, giovedì si rifiata a Burgos (forse rivedremo Petacchi); venerdì non parliamo di alta montagna, ma ci sono pur sempre un prima e due terza categoria nella seconda parte, con la ciliegina del traguardo in cima a una salitella al Santuario di Ampuero. Sabato tre seconda categoria e un terza saranno l'antipasto per il durissimo arrivo ai Lagos de Covadonga. Domenica la serie sarà terza-prima-terza-prima, e poi la resa dei conti sarà nella scalata del Puerto de Pajares.
Non c'è un tappone nel vero senso della parola; a parte gli arrivi, le altre salite sono o poco dure, o lontanucce dal traguardo. Ma è la consequenzialità delle tappe dure ad essere significativa, e sarà questo il fattore decisivo, che fiaccherà chi non avrà la sparata nelle gambe.
Avremo tempo per affrontare tutte queste questioni; per ora, torniamo pure a Petacchi e alle sue imprese. Solita fuga da lontano (Dockx - quel simpaticone che si sedette sull'asfalto nella tappa-farsa del Giro del Benelux in cui lui e due altri fuggitivi vennero fermati per aspettare il gruppo che aveva sbagliato strada - con "Litu" Gómez e, successivamente, anche con Florencio), solita manfrina con la stessa fuga tenuta artificialmente in vita per 30 km dal gruppo che, una volta rifattosi sotto, non aveva più fretta di annullare l'attacco ed è rimasto lì, lasciando galleggiare i tre coraggiosi a un minuto o poco meno di distanza.
Poi, un vero numero: quello di Pasamontes, che, col plotone ormai lanciato a velocità sostenutissima, è riuscito ad emergere e a restare da solo dai meno 15 ai meno 8; sette chilometri a tutta, approfittando delle rotonde che spezzavano il ritmo degli inseguitori, per ottenere cosa, poi? Poco e niente, in realtà (un minimo di visibilità? Giusto quella, perché razionalmente lo spagnolo non poteva sperare di sfuggire davvero). Però, che bella quell'azione. A volte ci sta pure che un corridore faccia un'azione fine a se stessa, forse per il puro piacere di tenersi dietro il gruppo dei treni, per attimi brevi che però vanno gustati a fondo. Bravo Pasamontes, quindi, siamo sinceramente impressionati.
Anche Freddy González (ma che si è bevuto? Lui, il Freddy in maglia verde al Giro, lo scalatore colombiano, ha tentato un colpo da passistone!), e poi Martín Perdiguero hanno provato ad evadere, ma senza fortuna. La Fassa Bortolo era ormai in velocità, un buco nero che attraeva irresistibilmente tutto quello che aveva davanti.
Però l'ennesima curva (a destra), a un chilometro dalla fine, ha rischiato di confondere Petacchi e i suoi. Lì, come già successo al Giro nella tappa di Santa Maria del Cedro, i Crédit Agricole si sono frammischiati nelle file dei biancoblù, provocando un rallentamento e poi addirittura un buco che ha portato al traguardo il plotone frazionato. Niente paura, comunque, perché Petacchi era davanti. Come del resto Hushovd, Zabel, Boonen. L'aristocrazia non si è distratta, quindi.
Velo ha fatto il suo, poi c'è stato un attimo di incertezza, e lì Hushovd ha avuto l'idea di partire in anticipo. Petacchi ha letto i pensieri del norvegese prima ancora che quelli si materializzassero, ed è partito a sua volta, alle spalle del gigante Thor. Quando lo scandinavo leader della classifica a punti si è lanciato, Alessandro Dinamite era già a tutta, pronto a rimontarlo (era partito alle sue spalle).
Nel bailamme dello sprint, la Quick Step ha proposto come migliore dei suoi non Boonen, per il quale continua un momento un po' così; da tifosi italiani, pensando a Madrid, non ce ne crucceremmo troppo, ma da sportivi vogliamo che Tom trovi al più presto il colpo di pedale giusto, perché se oro iridato dev'essere con Petacchi, vogliamo che venga al cospetto di tutti i più forti al loro meglio. Non Boonen, dicevamo, ma Bettini: terzo allo sprint, evento non unico nella carriera di Paolino, ma comunque sintomatico di una ritrovata freschezza. Avvantaggiato dalla frattura del gruppo, ma bravo ad essere lì al momento giusto: il che, con l'attacco kamikaze di ieri, vuol dire che Bettini non andrà al Mondiale a fare lo spettatore. Bene così.

Marco Grassi



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