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Armstrong, il sigillo - Basso grande avvio, poi è quinto

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Fermate le rotative! Qualsiasi giornalista ha sognato di dire, almeno una volta nella vita, questa magica frase; e qualsiasi giornalista l'avrebbe pensata alle 16:47 e 48 secondi di oggi. In quel momento, Ivan Basso stava stravolgendo ogni attesa e certezza nella crono di Saint-Etienne.
Le point chaud, il punto caldo, era il chilometro 17 della prova contro il tempo che idealmente chiude il Tour 2005, almeno per quel che riguarda la classifica generale (domani a Parigi Hushovd, McEwen e O'Grady si giocheranno vittoria e maglia verde della graduatoria a punti). Su quel traguardo intermedio, Ivan transitava col tempo di 25'41", ottimo, certo: Ullrich, il grande specialista tedesco, pagava 17", Vinokourov 29", Evans 40", e non erano che i più vicini; Armstrong rimetterà le cose nella giusta prospettiva, pensarono gli astanti come un sol uomo.
E invece sbagliavano: perché Armstrong, partito e transitato 3' dopo Basso, era in ritardo. Dopo 17 km, vallonati e con molti tratti in leggera ascesa, Lance aveva un distacco di 7" dal varesino. Un'inezia, certo, ma alle 16:47 e 48 secondi, quando non si poteva prevedere quel che sarebbe successo nei tre quarti d'ora successivi, ce n'era d'avanzo per fermare quelle benedette rotative, quelle che stavano per mandare in edicola la notizia scontatissima di Armstrong ancora padrone, di Armstrong sette volte campione, di Armstrong imbattibile e imbattuto.
Gli enormi progressi di Basso nelle cronometro si manifestavano con questo eclatante risultato intermedio. E però siccome la storia non si scrive sui traguardi parziali, bisognava aspettare il prosieguo della fatica del varesino. Avrebbe tenuto, avrebbe incrementato, avrebbe indotto Lance ad andare in crisi psicologica, si sarebbe avvicinato in classifica in maniera pericolosa e promettente? Nulla di tutto questo. Il sogno si è infranto di lì a poco, sulla discesa posta a metà percorso. E le rotative sono ripartite.
È successo che Basso paresse come imbalsamato sulla bici, su quella picchiata tecnica, e lasciasse in breve tutto il vantaggio accumulato. Completamente in imbarazzo nel pennellare le curve, e incapace di rilanciare l'azione, Basso in quei 7 km è riuscito a produrre, come certifica il secondo intertempo, una perdita secca di un minuto da Armstrong, passato in testa, e di 51" da Ullrich, installatosi in seconda posizione.
Poco male, si sa che la discesa è il punto debole di Ivan (dovrà migliorare anche quest'attitudine, se non vuole buttare via i risultati che acquisirà in salita); i soliti astanti pensavano che Basso si sarebbe subito ripreso sulla salita. Niente di vero: il varesino non ha più trovato il ritmo dell'avvio, e ha continuato ad arretrare, pur mantenendosi a livelli di assoluta eccellenza, tanto che ha chiuso al quinto posto, a 1'54" da Armstrong e a 1'31" da Ullrich.
Il sospetto è che Basso abbia dato troppo in partenza, e poi sia rimasto con le pile un po' scariche. In ogni caso, lo scorso anno l'italiano fu sesto nell'ultima cronometro, 55 km anche quella, a Besançon, ma pagò 2'50" a Lance e 1'49" a Jan. Insomma, anche se i percorsi erano diversi, a naso si può azzardare un effettivo miglioramento di Ivan, unito - certo - a un leggero calo dei suoi avversari.
Armstrong volge quindi a suo favore la crono finale, come i più facili dei pronostici prevedevano. Ha vinto il Tour, domani espleterà l'ultima formalità e poi se ne andrà in vacanza, da imbattuto, per tutto il tempo che vorrà. A Saint-Etienne la sua famiglia allargata - Kristin e Sheryl fianco a fianco, coi bambini - lo aspettava, e lui non voleva deludere i suoi cari: "La vittoria non era fondamentale, invece arrivare in giallo a Parigi davanti ai miei figli sì, e sono contento di esserci riuscito. Questa maglia gialla l'ho meritata, ed è un sogno averla conquistata".
Alle spalle di Armstrong e Basso, si consumava una titanica lotta per il podio: Ullrich partiva con 2'12" di ritardo da Rasmussen, terzo, ed era ben determinato a colmare il gap e a superare il danese. Non poteva sapere, Jan, che quello avrebbe fatto di tutto per facilitargli il compito: disgraziatissimo, Rasmussen è caduto subito in avvio, dopo pochi chilometri della sua prova. Da lì, guai a cascata: si sarà fermato tre o quattro volte per cambiare prima la ruota, poi la bici, poi riprendere il mezzo originario, poi sistemare i freni; e ogni volta, fermarsi, scendere dalla sella, e ripartire con sempre maggiori difficoltà a rilanciarsi e a trovare il ritmo giusto; per di più, c'era in agguato la seconda caduta, stavolta in discesa tra il primo e il secondo intertempo.
Tutto questa epopea si è risolta in una disfatta, 77esimo il povero Rasmussen, addio podio e scivolone fino alla settima posizione, per la gioia di Mancebo, Leipheimer e Vinokourov, che si sono trovati catapultati in avanti, lo spagnolo e l'americano di un posto in classifica, il kazako di due (ha scalzato anche Evans).
Altri italiani: Guerini corona il suo ottimo Tour con l'entrata nella top 20, grazie ad una prova assai dignitosa. Gli lascia il posto Piepoli, che pure aveva un buon margine, ma ha assommato l'ennesima crono disastrosa della sua carriera e scivola fino al 23esimo posto in classifica. In discesa anche Mazzoleni, che cede a Popovych la dodicesima piazza, ma comunque siamo certi che un tredicesimo posto al Tour non gli dispiace, se si pensa che il suo capitano Simoni un anno fa non seppe fare meglio di un diciassettesimo.

Marco Grassi

 

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