Un giorno maledetto - Spagna, Galletti muore in gara
Versione stampabileNell'elenco delle cose insensate che avvengono ogni giorno nel mondo, all'eventualità di una simile sventurata fine, nel mezzo di una corsa ciclistica, non avevamo più pensato. Per questo la morte di Alessio Galletti ci coglie alla sprovvista, ci lascia sgomenti e increduli.
Poche righe di agenzia, nel pomeriggio, ci hanno idealmente scippato della presenza in gruppo di un ragazzone che eravamo abituati a vedere da oltre un decennio sulle strade delle corse più importanti. Strade, come quella di oggi, su cui Galletti ha lasciato a metà il suo percorso umano. Una fine atroce e beffarda, sotto il sole spagnolo, su una salita come tante, ma invalicabile.
Una fine che fa tanto più male quanto più si pensi che probabilmente questa per lui sarebbe stata l'ultima stagione, spesa in una squadra di seconda schiera, a disputare poche gare, spesso lontano dai riflettori. 37 anni e un futuro, ormai prossimo, da padre di due figli (uno ancora in arrivo).
Ma se ci si ferma a pensare all'assurdità di questa morte, non se ne esce.
Non se ne esce in nessun caso, perché questo è il momento del dolore.
Domani, con l'autopsia, si potrà pensare di saperne qualcosa. Perché è morto, Alessio Galletti? Siamo stufi di queste fatalità, perché quando le fatalità si ripetono troppo spesso non sono più tali. Chi è il medico che ha dato il placet a Galletti perché corresse, malgrado fosse un soggetto a rischio?
Non è più tempo di facilonerie e di approssimazione. Ma ci piacerebbe almeno capire che tipo di tempo è, questo.
Marco Grassi