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Un altro terno? - Rebellin: «Mi basterebbe la Liegi»

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Davide Rebellin è sempre stato descritto come un professionista serio, un valido protagonista delle Classiche ed un'ottima persona. Mai nessuno, almeno fino all'aprile scorso, si sognava di descriverlo come un vincente di razza, anche perché la sequela di piazzamenti coltivati negli anni di professionismo era lunga ed inesorabile. Ed invece ecco una domenica che non ti aspetti il vicentino-monegasco in fuga con Boogerd in terra olandese: staccano tutti, compresi Bettini, Di Luca e Van Petegem. La sua sagoma in maglia celeste sorpassa Boogerd ad un centinaio di metri dall'arrivo dell'Amstel Gold Race, e Rebellin svolta. Il mercoledì dopo, nella Freccia Vallone, i suoi avversari si chiamano Kessler e Di Luca, ma l'epilogo è lo stesso: sul muro di Huy Di Luca parte lungo, Rebellin in rimonta si aggiudica il bis.
Si parla di nuova maturità e c'è attesa per la Liegi della domenica successiva. Sul Saint-Nicolas parte Boogerd, con Vinokourov e Rebellin a ruota. Ad un chilometro dalla fine, è il kazako a fare il vuoto, e Davide si piazza alla ruota dell'olandese: è una guerra di nervi, ma Rebellin è avvantaggiato dal doppio successo dei giorni precedenti; anche un podio può andare bene. Boogerd, generoso e volenteroso, lo capisce e si danna l'anima alla caccia di Vinokourov, e lo riprende. Quando lo passa però, ormai la volata è lanciata, ma siamo troppo distanti dalla linea d'arrivo: Davide, incollato alla sua ruota, lo passa a velocità doppia, vincendo quasi per distacco. Boogerd si complimenta con il nuovo asso delle Ardenne, e da lì nasce la nuova carriera di Davide "TRebellin".
È inevitabile, parlando di Ardenne, che si parli di Davide Rebellin.
«L'anno scorso ho vinto tutte e tre le classiche delle Ardenne, un risultato che mai nessuno era riuscito a fare, e per me è un ricordo bellissimo, tuttora vivo».
L'anno scorso battesti due volte Boogerd (ad Amstel e Liegi) ed una volta Di Luca (Freccia). Credi che saranno ancora loro gli uomini da battere?
«Da quello che si è visto al Giro dei Paesi Baschi è giusto considerare Danilo Di Luca come il favorito principale, assieme a Boogerd e Valverde, ma non dimentichiamoci di Freire e di qualcun altro che in questo tipo di corse è sempre pronto a saltare fuori e dire la sua con la voce grossa».
Il Rebellin che si prepara alle Ardenne 2005 da "re" ha la stessa condizione dello scorso anno?
«Sono contento della condizione raggiunta in questo periodo, adesso speriamo di raccogliere i frutti. La sicurezza di avere una buona condizione, purtroppo, non basta per correre una gara da vincente, perché tanti fattori vengono a sommarsi alla condizione: forature, incidenti, crisi. Sono tanti gli imprevisti dietro l'angolo, e per battere tutti ci vuole anche la giusta dose di fortuna. Ma se hai la condizione giusta tutto diventa inevitabilmente più facile».
Dovessi scegliere il bis, magari limitandoti ad una sola gara, quale delle tre prove vorresti rivincere?
«Una qualsiasi va bene, ma di certo delle tre la Liegi-Bastogne-Liegi è quella più importante».
Un altro argomento di interesse sarà la presenza di Damiano Cunego nella Freccia Vallone e nella Liegi-Bastogne-Liegi. Considerando che è all'esordio nelle classiche belghe, come pensi si comporterà il veronese?
«Sono convinto che farà bene, perché già sta andando forte. Sono percorsi che vanno bene anche a lui, visto che è adattissimo alle salite, va forte negli strappi ed ha anche uno spunto veloce non indifferente».
Dopo le Ardenne, l'appuntamento sarà al Giro d'Italia?
«Devo decidere, lo farò questa settimana. Sento come va la gamba, e se ci sarà l'opportunità di far bene al Giro d'Italia verrò, altrimenti non vorrei fare come l'anno scorso, quando ero un po' svuotato di testa dopo il grande Trittico che mi ero aggiudicato».
Hai dichiarato qualche tempo fa che alla fine della stagione, grazie al Pro Tour, il migliore sarà premiato dalla leadership del ranking. Non credi che i corridori delle brevi corse a tappe siano un po' avvantaggiati da questa assegnazione dei punteggi?
«I conti sono abituato a farli a fine stagione, ma è innegabile che ci potrebbero essere delle migliorie nei criteri di distribuzione dei punteggi. I punti delle brevi gare a tappe sono un po' troppi magari, rispetto anche a quelle grandi corse che sono le Classiche Monumento, mentre un corridore adatto ai Grandi Giri, che magari va forte soltanto in quel tipo di corse, non può ambire alla vittoria finale del Pro Tour. Per vincere bisogna andar forte sia nelle corse di un giorno che in quelle a tappe, sia brevi che lunghe, è semplice da capire. Anche se un po' complicato da attuare».
Che aria si respira in casa Gerolsteiner dopo le novità scaturite dalla controanalisi che hanno portato al licenziamento di Hondo?
«Il clima è tranquillo e la squadra guarda avanti. Si è trattato di un caso isolato, e siccome che la Gerolsteiner vuole continuare per molti anni la sua militanza nel professionismo del ciclismo ecco che la conseguenza ovvia è stato il licenziamento. Ma non ci sono stati scossoni nell'ambiente, tutto procede in maniera tranquilla».
Nella sua ultima corsa, la Milano-Sanremo, avete corso insieme. L'avevi visto preoccupato per qualcosa oppure era sereno, magari non pensando che una cosa così poco furba potesse avere risvolti simili?
«Non saprei dire con sicurezza quale fosse il suo stato d'animo. A me è parso tranquillo, anche se confesso che mi sembra che sia stato quantomeno un gesto stupido da parte del tedesco. Fare certi errori è inammissibile per un professionista, ma senz'altro sono molto dispiaciuto per quello che gli è successo perché Danilo Hondo rimane comunque un bravo ragazzo. Devo ancora parlarne, sinceramente, con il responsabile del team e con il medico, e poi mi piacerebbe sentire anche lui per vedere un po' come sta dopo la vicenda».
La stampa tedesca parla molto bene di Haussler, un tuo giovane compagno di squadra. Puoi descriverci che tipo di corridore è?
«È giovane, è molto forte. Quest'anno forse non ho mai corso con lui, ma già dal ritiro ha evidenziato notevoli qualità e parecchia voglia di fare e di soffrire. L'importante è non mettergli fretta, e sicuramente farà parlare di sé. Anche in questo tipo di corse potrebbe fare bene, anche se ripeto che è giovanissimo e non dovrà avere la smania di voler strafare a tutti i costi».
A che punto sei con la questione passaporto, Argentina, Italia e nazionalità?
«Il passaporto argentino ancora non ce l'ho. Premesso questo, voglio prima di tutto parlare con la Federazione italiana per provare a dar loro una seconda possibilità. Il fatto che il Presidente Federale sia cambiato è senza dubbio un incentivo a provare la strada del dialogo, e lo stesso CT Ballerini ha già detto di volermi parlare. Voglio aver dei chiarimenti, più che altro, prima di fare un passo importante, anche per vedere se c'è la possibilità concreta di tornare a vestire l'azzurro o se è il caso di proseguire la strada intrapresa con la Federazione argentina».
Non credi che questo "tira & molla" possa essere un pochino frustrante per corridori come Borrajo e Bongiorno, per esempio, che argentini lo sono davvero e di fatto saranno scavalcati da Rebellin in caso di avvenuto cambio di nazionalità?
«No, anzi. Io ho già parlato con loro lo scorso anno e sarebbero ben contenti se potessi raggiungerli nella nazionale del loro paese. Anche perché sarebbe un buon incentivo per tutto il movimento ciclistico argentino. Per una nazione che non vanta molta tradizione e molti appassionati nel ciclismo e di ciclismo credo che sarebbe una bella cosa, una cosa positiva».
Secondo te quanto sarebbe furbo far diventare Rebellin argentino, da parte dell'Italia?
«Dipende da loro, sinceramente. Io non avrei mai voluto prendere questa decisione, ma diciamo che sono stato, se non costretto, almeno indotto a farlo. L'hanno voluto loro. Adesso vediamo se c'è l'opportunità per ricucire lo strappo oppure no».

Mario Casaldi    

 

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