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Quella volta che Vona conquistò lo Stelvio - «Una gioia immensa» | Cicloweb

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Quella volta che Vona conquistò lo Stelvio - «Una gioia immensa»

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Il 5 giugno del 1994 non fu indimenticabile soltanto per Marco Pantani e tutti i suoi tifosi, nel giorno in cui il futuro Pirata stregò il mondo sul Mortirolo. Fu indimenticabile anche per Franco Vona da Ripi (Frosinone), che all'epoca aveva quasi 30 anni, e che in quell'occasione riuscì nella non trascurabile impresa di transitare per primo sullo Stelvio, che veniva affrontato prima di Mortirolo, Santa Cristina e Aprica.
In questo 2005, dopo 11 anni, il Giro d'Italia tornerà su quell'interminabile salita, e per parlarne non potevamo fare incontro migliore che con Vona, appunto: abbiamo incrociato l'ex corridore a Roma, a margine della presentazione del 60esimo GP Liberazione; abbronzato come allora, in perfetta forma, capisce subito dove stiamo andando a parare, ed è ben disponibile a riaprire una pagina centrale della sua carriera.
Si tornerà a parlare molto di lei, nelle prossime settimane.
«Lo Stelvio è una salita mitica, una pietra miliare del ciclismo, su cui sono state scritte pagine indimenticabili; viene affrontata di rado, a causa di oggettive difficoltà logistiche. E anche per questo motivo per me è rimasta una grande soddisfazione quel passaggio in testa nel Giro del '94».
Da allora, più nessuno ha potuto avere quest'onore.
«E spero che stavolta tocchi di nuovo a uno scalatore. Oddio, è difficile che accada il contrario... diciamo allora che spero che lo scalatore di turno sia degno di quella salita, che le faccia onore».
Come fece lei quel giorno di 11 anni fa.
«Io non sono che un piccolo granello al confronto della grandezza dello Stelvio, di ciò che questa salita rappresenta per il ciclismo. Per me fu una gioia immensa, quasi come vincere una tappa. Il ciclismo vive molto di questi aspetti romantici, tanto è vero che tanti appassionati ricordano più quel mio passaggio sullo Stelvio che le tappe che ho vinto al Giro; oppure, ce ne sono tanti che ricordano un traguardo volante che vinsi a Castellania, il paese di Fausto Coppi, con il premio messo in palio dalla signora Occhini e da Faustino».
Ma quel 5 giugno si ritrovò per caso in fuga, o il suo fu un piano studiato a tavolino?
«Ci avevo pensato da qualche giorno, aspettavo quella tappa e partii subito all'attacco, pensando di anticipare il Mortirolo, magari portando via un gruppetto. In quei tapponi i grossi nomi del gruppo hanno paura a esporsi troppo presto, hanno un po' di paura, e io giocai proprio su questo fatto. Fu una giornata indimenticabile, anche per l'esplosione di Pantani, che venne poi a riprendermi sul Mortirolo. Il fatto che il mio ricordo di quella giornata sia legato a Marco lo rende ancora più bello».
Sarebbe stata la prossima domanda. Ma quando ha visto arrivare Pantani e andarsene, che ha pensato? Ha capito subito che si trovava di fronte ad un grande campione?
«Sì, me lo dissi subito: o sono diventato all'improvviso troppo vecchio, o questo qui è partito solo da 500 metri e non ha lo Stelvio nelle gambe. Un fenomeno, mi ha sfilato con una progressione incredibile. Ho fatto tante fughe nella mia carriera, ma non mi era mai successo di essere staccato in quel modo. Se e quando venivo ripreso, in genere i miei inseguitori erano alla frutta più o meno come me, e riuscivo ad accodarmi a loro. Quella volta fu diverso. E pensare che non andavo certo piano, se è vero che poi chiusi quella tappa nel gruppo con Berzin, che era la maglia rosa. Ma era Pantani che aveva un altro passo».
Lei era spesso in fuga, ha lasciato un bel ricordo negli appassionati.
«Sono contento, a me piaceva quel tipo di tappe, mi sapevo esprimere bene su quei percorsi».
Nel Lazio ha invece pochi eredi.
«Sinceramente non seguo molto il ciclismo locale a livello giovanile. I professionisti laziali sono effettivamente pochi, ora c'è Agnoli, è passato praticamente da juniores a pro', spero non stia bruciando le tappe».
Uno dei suoi conterranei in bicicletta è Simeoni.
«È un bravo ragazzo, quando lui era agli inizi e io alla fine della carriera ci allenavamo a volte insieme. Mi spiace che si parli di lui più per i vari problemi con Armstrong che per le sue qualità che ci sono, e sono invece un po' offuscate da queste situazioni. Senza tutti i guai che ha avuto, sia fisici che di altra natura, avrebbe potuto fare di più; il suo valore non è il suo contrapporsi ad Armstrong, ma la sua bravura in bicicletta».
Lei correva per Ferretti, che quest'anno non sembra avere nella sua Fassa Bortolo un uomo per le corse a tappe, a parte Frigo.
«Le cose cambiano. Ricordo che lui non sopportava i velocisti, diceva che era uno spreco utilizzare un'intera squadra per preparare una volata. Oggi ha Petacchi, che gli dà le più ampie garanzie, ed ecco che ha votato la sua squadra ad uno sprinter. Con Ferretti ho avuto dei problemi caratteriali; diciamo che lo considero il migliore dei ds, il più concreto, capace di vincere, ma umanamente non lo ammiro. Non avevo con lui un gran feeling».
Oggi forse non ha uno come Vona in squadra.
«Forse, visto quello che ho appena detto, non lo vorrebbe uno come Vona!».

Marco Grassi    

 

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