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Pozzovivo fa esperienza - «Dimostro di poter stare coi migliori»

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È inevitabilmente il Giro di Savoldelli, di Di Luca, di Simoni, delle crisi di Cunego e Garzelli, di Basso e Scarponi, degli exploit di Rujano e di Garate, della regolarità di Honchar e della continuità di Cioni. Ma è anche il Giro d'Italia della Ceramica Panaria, con le due tappe di Lancaster e Mazzanti, ed i piazzamenti di Grillo e Sella. E poi, dulcis in fondo, spunta Domenico Pozzovivo, scalatore lucano di dimensioni tascabili e sulla cui fisicità sono inevitabilmente accostabili le pendenze più dure. Dopo la delusione di Verona 2004, durante i Campionati del Mondo per gli Under 23 (culminata col 4° posto che gli è valso la medaglia di "legno"), il debutto tra i pro' ed il primo Giro d'Italia, ancora in ottima posizione, e sempre davanti in montagna, staccato solo (e sempre) di poco dai migliori.
Domenico Pozzovivo dia un voto al Giro d'Italia di Domenico Pozzovivo.
«Numericamente non lo so, ma di certo il mio Giro è andato al di sopra di ogni aspettativa. Anche i Reverberi se ne sono resi conto e sono soddisfatti del mio rendimento. Io stesso pensavo di fare tredici tappe e poi dover essere costretto al ritorno a casa, invece mi rendo conto che recupero bene, che posso fare bene in salita quasi al pari dei migliori e che recupero abbastanza rapidamente anche da due giorni difficilissimi come quelli di Ortisei e Livigno in rapida successione».
Pensi di provare a importi in una tappa? Magari erano da seguire un po' più da vicino i Selle Italia prima, ma adesso come si fa? Grazie ad una fuga?
«Non è semplice, perché le fughe sono sempre andate via di forza, nessuno ha mai lasciato fare niente a nessun altro. Sono state fughe inventate dalle prime salite e tenute vive da una velocità importante, quindi merito a chi è riuscito ad iniziarle e, soprattutto, a portarle a termine».
Anche se non venisse una vittoria o un piazzamento importante, comunque Pozzovivo ha dimostrato che, quando la montagna sale, lui c'è.
«Senza dubbio tutto il "rumore" che è presente intorno al Giro d'Italia ti invoglia a far bene ed a fornire sempre il 110% delle tue possibilità. Stare davanti al primo anno di professionismo non è facile, ed in effetti all'inizio mi sono trovato un po' in difficoltà ed ho perso minuti preziosi proprio per questa differenza nello stare in mezzo al gruppo piuttosto che in fondo. Stando a volte troppo dietro, sono rimasto tagliato fuori da qualche buco, e non ce l'ho più fatta a colmare il vuoto. Comunque è tutta esperienza, anche perché certamente io non sono venuto qui per fare la classifica generale, dove peraltro noi abbiamo già un grosso corridore che si chiama Emanuele Sella».
Dal punto di vista del team, a questo punto, a chi cerchi di carpire più segreti e più informazioni possibile, dato che comunque siete tutti abbastanza giovani?
«Il mio compagno di camera è Luca Mazzanti, di certo non l'ultimo arrivato. È lui a consigliarmi, sin dalla sera, il comportamento che dovrò avere in corsa, le ruote da curare, ed i migliori compagni di avventura sia per le fughe che per eventuali problemi in corsa. E, infine, Luca è uno che sa vincere, quindi magari mi fido ancora di più di lui proprio per questo».
Dalla Zalf-Desirèe Fior 2004 siete passati professionisti in quattro: Pozzovivo, Colli, Scattolin e Viganò. Se Pozzovivo lo abbiamo visto durante il Giro, puoi descriverci questi altri neopro'?
«Scattolin è stato molto sfortunato, perché ha subito un grave incidente che ne ha minato le possibilità di vincere ancora di più da dilettante. È tornato, ma credo che con le sue caratteristiche non riuscirà ad essere un gran vincente tra i pro', in quanto è un corridore che si difende su tutti i terreni, ma che non fa da nessuna parte la differenza, e magari potrebbe reinventarsi come un uomo squadra; Colli è un corridore di talento e di gran classe, uno che magari va un po' indirizzato negli allenamenti e nella tattica in corsa, ma è uno che di bravura e di gambe ne ha e ce ne accorgeremo tutti presto; Viganò è un ragazzo che, secondo me, avrebbe fatto meglio a stare un altro anno dilettante, in quanto è molto giovane e poco pronto, al contrario di Geremia che era molto più maturo per passare pro' sin dal 2004 e che invece è ancora dilettante».
Ultima curiosità, senza voler rivangare il passato. Ma perché a Verona tirasti quando rimanesti solo con Sioutsou davanti?
«Perché nelle condizioni in cui era l'Italia anche la medaglia d'argento era guadagnata, in quanto sia Visconti che Nibali accusavano dei problemi fisici. E poi se io sono sicuro di essere fermo in volata, lo ero altrettanto nei confronti del bielorusso, senza essere ingannati dalla stazza. In un arrivo in due allo sprint, lui magari avrebbe avuto il 60% ed io il 40%, ma non era sicuro che vincesse lui, insomma. La tattica non era scriteriata, correvo con cognizione di causa, poi purtroppo sono venute a mancare le forze anche a me e sia Thomas Dekker che Christensen mi hanno sfilato dal collo ogni tipo di medaglia».
Pozzovivo è contento di essere approdato ad una Professional come la Ceramica Panaria o avrebbe preferito correre con una delle squadre Pro Tour?
«La mia scelta è stata ben pensata, e non lo dico adesso perché sta andando bene. Ho pensato attentamente, ed ho scelto la Panaria proprio perché mi avrebbe permesso di crescere senza l'assillo di un risultato immediato e senza l'obbligo di correre necessariamente in appoggio ad un capitano, magari molto più navigato del sottoscritto. Diciamo che io quest'anno sono lasciato libero di agire secondo le mie sensazioni, e questo è molto importante. Tornando indietro, sicuramente, è una scelta che rifarei».

Mario Casaldi    

 

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