Paesi Baschi, la terza tappa - Valverde si sveglia dal letargo
Alejandro Valverde Belmonte è uno dei corridori più completi del panorama ciclistico internazionale: si presentò alle luci della ribalta come una ruota veloce, ma servendosi della cultura spagnola dilettantistica, fatta di brevi corse a tappe, con molte frazioni nervose e molte cronometro, il corridore passato quest'anno alla Illes Balears, la squadra del patron Echavarri (direttore sportivo già di un certo Miguel Indurain), lasciandosi alle spalle la Kelme (divenuta quest'anno Comunitat Valenciana-Elche), ha potuto affinare le sue doti di scalatore e passista senza per questo perdere lo spunto veloci degli anni precedenti.
Guardando il suo palmares non si scorgono tante vittorie fuori dalla Spagna (a parte il successo a Nizza nell'ultima tappa della Parigi-Nizza del marzo scorso), e non tante affermazioni in competizioni di grande rilevanza nel calendario dei più forti. Ma il 2003, l'anno del "boom", il 3° posto alla Vuelta a España e il 2° posto al Campionato del Mondo di Hamilton, dietro ad Astarloa (suo compagno di nazionale) e davanti a due che in volata fermi non sono, Peter Van Petegem e Paolo Bettini, qualcosa, se non tutto, lasciava immaginare.
Si potrebbe benissimo accostare a Damiano Cunego, anche se l'ultimo vincitore del Giro d'Italia e del Giro di Lombardia è più forte nelle salite dure (per contro si potrebbe dire che Valverde va meglio del veronese a cronometro), e come lo spagnolo non è che abbia vinto moltissimo al di fuori dei confini nostrani. Va da sé che in Italia Cunego si è aggiudicato due delle tre corse più importanti, lasciando soltanto quella Milano-Sanremo che, a meno di cambiamenti del percorso (che sembrano certi con l'inserimento della Pompeiana dal 2006), non si addice completamente alle sue caratteristiche.
Questo punto ha consentito infatti a Cunego di essere il numero 1 della vecchia Classifica UCI a fine 2004, mentre Valverde Belmonte si è classificato "solo" 5°, alle spalle di Bettini, Zabel e Freire Gómez, ma davanti a Rebellin ed Armstrong, tanto per fare due nomi.
La vittoria di oggi però rilancia la candidatura di Valverde come possibile protagonista nelle corse delle Ardenne, soprattutto per quanto riguarda l'Amstel Gold Race, la classica che più sembra adattarsi alle sue caratteristiche (in effetti ieri con un traguardo simile al Muro di Huy della Freccia Vallone lo spagnolo si è classificato a 21" dal vincitore Moncoutie) delle tre in programma (l'altra, lo ricordiamo, è la Liegi-Bastogne-Liegi).
Alla crescita di Valverde fa da contraltare il momento negativo di Iban Mayo Diez, che anche oggi arriva solo con 1'31" di distacco dal vincitore: un Mayo Diez irriconoscibile dal Tour de France dello scorso anno, che non riesce più a mettersi in evidenza neanche sulle sue strade, dove un anno fa spopolava. Vedremo se riuscirà a tornare competitivo per il suo grande sogno, un sogno che si chiama Grande Boucle. Ma di questo passo, quando Mayo dormirà, sarà più facile che faccia incubi piuttosto che sogni.
La perla
Evidentemente Echavarri sa come si vince una corsa come il Giro dei Paesi Baschi: qui vinse con Aitor Osa nel 2003, con Menchov nel 2004, e nel 2005 ha ancora Aitor Osa Eizaguirre in maglia di leader. Poi, con la carta Valverde, la Illes Balears può puntare anche alle vittorie parziali, visto che di ruote veloci in grado di battere il "Cunego di Spagna" non ce ne sono poi molte. Nella prima tappa rimase troppo dietro, arrivando comunque terzo, oggi non si fa soprendere, sfruttando il lavoro della Phonak per Martín Perdiguero e sfruttando la ruota di un ultimo vagone come Giovanni Lombardi. Dopo la dormita, gran bel risveglio, non solo per la vittoria.
L'errore
Danilo Di Luca è partito troppo lungo nel lanciare la propria volata: forse è rimasto un po' scoperto e troppo presto al vento nell'ultima curva, non appena c'è stato il ricongiungimento, ed avrà pensato che a quel punto tanto valeva provare ad anticipare il plotone con un'azione da finisseur. Dopo la giornata inaugurale però, in cui Di Luca si portò a casa tappa e maglia, il portacolori della Liquigas-Bianchi avrebbe dovuto curare la ruota di Valverde, o almeno quella di Martín Perdiguero. Si pianta a 50 metri dall'arrivo, ottenendo comunque un quinto posto, ma dopo l'errore tattico di ieri (dovuto comunque anche all'assenza di Garzelli e Pellizotti al suo fianco), l'errore di valutazione di oggi. Forse la smania di dimostrare è cattiva consigliera. C'è eccome, ma potrebbe esserci meglio.