Monumento Boonen - Doppietta: Roubaix dopo il Fiandre
Dove vuole arrivare il ragazzo? Intendiamoci, questo non è il Van Petegem di due anni fa, giunto alla consacrazione negli anni della piena maturità e capace di centrare l'indimenticabile doppietta. Questo ha 24 anni, e se a 24 (ventiquattro, specifichiamo in lettere come sugli assegni) anni vince in sette giorni Fiandre e Roubaix, che cosa potrà mai fare da qui al 2015?
Questo è Tom Boonen. La Roubaix ce l'aveva evidentemente nel sangue, se è vero che sulle pietre ha conquistato un terzo posto già la prima volta che l'ha disputata, nel 2002. Da allora è cresciuto tantissimo, dimostrando al mondo che quel risultato non era stato casuale. Era tra i favoriti, stavolta, ma proprio il pensiero che fosse reduce dal meritato e acclamato successo al Fiandre ci faceva un po' dubitare. In parte per una questione probabilistica, in parte per una possibile sazietà indotta proprio dalla vittoria della corsa fiamminga.
Eppure qualche segnale avremmo dovuto coglierlo, mercoledì alla Gand-Wevelgem, con il giovane Tom in testa al gruppo a fare l'andatura e a forzare per lunghi tratti. Poi s'era seduto, respinto dal Kemmel (ma, lo diciamo ora a posteriori, anche da un minimo di volontà di preservarsi per domenica). Era quella la prova che Boonen non ne aveva abbastanza.
Che fosse così, lo abbiamo visto a Roubaix.
Ha avuto un po' di fortuna, anche stavolta come domenica scorsa. E non certo il minimo sindacale, visto che prima che la corsa entrasse nel vivo Peter Van Petegem, l'uomo che condivideva con lui il gradino più alto del podio dei favoriti, era già diretto in ospedale, per farsi controllare un polso e il costato, frustato da una caduta spettacolare quanto dolorosa al km 127, a ben 132 dal traguardo. Malgrado un quasi commovente tentativo di rientrare in gioco, con l'aiuto dei compagni (su tutti Steels, che ne ha seguito il destino anche nel ritiro), il vecchio PVP ha dovuto alzare bandiera bianca. Alla caduta stavolta non è seguita la resurrezione. Il problema è che quando si arriva a una certa età (Van Petegem va per i 35), viene sempre più difficile pensare "andrà meglio l'anno prossimo".
Al sommo dispiacere per gli sviluppi della corsa, resa orfana di cotanto protagonista, ne abbiamo aggiunto uno altrettanto sommo per l'epilogo della vicenda sportiva di Andrea Tafi. Niente di tragico, semplicemente il vecchio gladiatore di Fucecchio ha imboccato la strada del ritiro, e ha scelto, come Ballerini e Museeuw prima di lui, proprio la Roubaix per salutare quello che è stato il suo mondo 16 anni. Gli resta da fare una piccola corsa a tappe in America, il Giro della Georgia, ma non c'è nemmeno da azzardare un paragone tra i due appuntamenti.
Fuori Tafi, l'Italia non aveva grossi atout da giocare. Ballan, splendido al Fiandre, era un'incognita, soprattutto dal punto di vista della tenuta: non ci si inventa protagonisti in due corse simili consecutivamente, bisogna fare esperienza e perlomeno il ragazzo della Lampre ha il tempo dalla sua; stavolta si deve accontentare di un 47esimo posto (ma ha finito la Roubaix, e questo vuol già dire qualcosa). Un po' meglio è andato Franzoi, che questa corsa la sogna da sempre, e che tra i nostri è stato quasi il migliore (30esimo, una posizione dietro a Petito).
Certo, è un anno di transizione, non ci lamentiamo. Però non possiamo nascondere un po' di malinconia nel vivere la corsa delle corse da una posizione defilata che non rispecchia assolutamente il peso del ciclismo italiano.
Proscenio agli altri, allora. A un gruppetto di soliti noti, a queste latitudini. Tolto Van Petegem, c'era ovviamente Boonen, e c'erano Hincapie, Michaelsen, Backstedt che qui ha vinto un anno fa; c'era Cancellara, che questa corsa la vincerà prima o poi (intanto inizi a non forare sul più bello); c'era Flecha, che ha ancora sulla pelle la bruciatura della deludentissima Gand. E c'erano, lì a un tiro di schioppo (che sul pavè non è mai tale: chiudere quel tipo di buchi può essere impresa titanica), Wesemann, Van Bon, Guesdon, Hushovd, Mattan, Hoj... Gente che non ci si sognerebbe mai di non invitare a questo tipo di feste.
Se possiamo esprimere un motivo di delusione, è tutto in uno svolgimento di gara fin troppo lineare. Non ci sono stati colpi di scena. A un certo punto Pozzato ha fatto un forcing imponente (poi s'è spento subito), e ha lanciato la fuga decisiva. Da lì all'arrivo (mancavano 80 chilometri) è successo nei minimi particolari quel che doveva succedere: i fuggitivi hanno preso il largo, qualcuno di loro ha forato (Cancellara, appunto), qualcuno ha attaccato sugli ultimi tratti di pavè (Boonen sul Carrefour-de-l'Arbre e sul Gruson), qualcuno è scoppiato (Backstedt e Michaelsen), e quelli rimasti si sono disposti alla volata nel velodromo.
A dire il vero, ci aspettavamo uno scatto di Flecha, per anticipare lo sprint, ma lo spagnolo non ha saputo proporsi in questo senso. Comprensibile, anche, dopo oltre 250 chilometri di Roubaix. Al contrario di altre edizioni, sono mancati i clamorosi recuperi, i rientri all'ultimo momento, gli inseguimenti mozzafiato. Troppo forti gli attaccanti, troppo rappresentate nella fuga le squadre migliori; oppure, uovo di Colombo, mancava proprio il Van Petegem della situazione, l'uomo capace di ribaltare sul pavè situazioni all'apparenza cristallizzate.
Boonen è un grandissimo vincitore, intendiamoci. Fortunato anche nel fatto che la foratura di Cancellara ha impedito un qualsiasi gioco di squadra in Fassa Bortolo; ma a vedere la corsa non poteva non emergere chiaro che Tom era il più forte del lotto. E, riprendiamo il concetto di partenza, tutto questo a soli 24 anni. Fortunati i fiamminghi che ce l'hanno; noi non possiamo che sperare di sfornare prima o poi un ragazzo che, se non all'altezza di questo Fenomeno, possa quantomeno contendergli qualcuna delle meravigliose classiche che si correranno nei prossimi anni.
Le pagelle della Parigi-Roubaix 2005
Boonen - 10
Il 9 del Fiandre diventa 10 alla Roubaix. Sta facendo impazzire una popolazione, le ragazzine innamorate di lui non si contano più in Belgio. Quando si taglierà quella cresta di gallo (non per perbenismo, ma perche è esteticamente più brutta di un garage a sei piani in un centro storico) potrà anche essere un vero sex symbol; per il momento, si deve accontentare (!) di essere il giovane più forte nelle classiche. Lui da una parte, Cunego dall'altra: sono i nomi che ci accompagneranno per molti anni; a Tom auguriamo di trovare un rivale all'altezza sul suo terreno, perché una concorrenza forte lo aiuterà a crescere ulteriormente, ma permetterà a tutti noi di divertirci il doppio. Strettamente sulla corsa, è stato glaciale, perfetto, preciso; come al Fiandre, ha provato a staccare tutti. Stavolta non ci è riuscito, ma con la sua velocità non poteva che vincere anche in volata.
Brard - 8
È partito al mattino, è rimasto in fuga per tutto il giorno, e quando giocoforza ha dovuto farsi da parte perché quelli erano venuti fuori alla grande, ha avuto ancora lucidità e forza per prendersi un settimo posto al traguardo. Bravissimo. Menzione d'onore anche per i compagni di fuga, tutti molto bravi: Barredo (già molto bene all'attacco l'altro giorno al GP Cerami), Stéphane Berges, Thijs, Herrero, Lang, Coyot e Sébastien Chavanel.
Flecha - 7.5
Ha tirato a lungo, la foratura di Cancellara gli ha impedito di pensare a qualche tattica fantasiosa. Ha prevalso nel finale il realismo di un piazzamento certo, piuttosto che il rischio di un attacco che poteva concludersi con una debacle. Tattica che può piacere o meno, ma evidentemente c'era da organizzare le nozze con i fichi secchi. In ogni caso, grande risposta dopo la beffa di mercoledì a Wevelgem.
Hincapie - 7
È da anni in prima fila in queste corse, ma la fama di perdente rischia di segnarlo: una Gand vinta in carriera a fronte di mille piazzamenti è un po' poco. A Roubaix è stato sempre accanto ai migliori, ed è un passo avanti rispetto all'ultimo Fiandre. Ma se sperava di battere Boonen in volata, lo possiamo considerare un po' un illuso. Più probabilmente non aveva gambe per fare qualcosa di diverso dall'attendere la verità del velodromo.
Cancellara - 7
Conformemente a quanto aveva promesso, è al posto giusto al momento giusto. Rientra con Flecha sul gruppo di Boonen, e se non forasse, la Fassa Bortolo potrebbe fare cose molto interessanti. È giovane, vincerà prima o poi.
Backstedt - 7
Considerando che ha male a un polso, e che non è mai facile ripetersi, il vincitore del 2004 offre una signora prestazione. Gli manca il finale, ma fin lì la partitura è stata eseguita benissimo.
Pozzato - 6.5
La trenata che ha lanciato la fuga decisiva è sua. Ha fatto solo quello, in pratica, ma che azione, ragazzi.
Franzoi - 6.5
Trentesimo alla prima esperienza. La Roubaix gli piace, e dimostra di esserci anche portato. Occhio, crescerà.
Petito - 6
Il migliore dei nostri. Esperienza e abnegazione, non potevamo chiedergli di più.
Guesdon - 6
Uno dei vecchi vincitori, si piazza nelle prime posizioni. Frenato da una foratura, ma non va oltre ad una presenza di contorno.
Ballan - 6
Non all'altezza del suo Fiandre, ma era troppo chiederglielo. Porta comunque a termine la Roubaix, e anche questo è un risultato discreto.
Van Petegem - sv
Sfortunatissimo. Speriamo solo di rivederlo all'opera sul pavè.
Tafi - 10 alla carriera
Era un gregario, poi pian piano si scoprì vincente. Non aveva le doti di altri contemporanei, doveva lavorare il triplo per ottenere dei risultati, ma non si è mai tirato indietro. Non ha mai disdegnato di attaccare da lontano, di provare a far saltare il banco, a volte ha perso malamente per questo motivo, ma ci ha fatti divertire molto. Alla Roubaix lo ricordiamo terzo nel più brutto arrivo della storia, quello organizzato da Squinzi per una foto agiografica della Mapei (Museeuw-Bortolami-Tafi in quest'ordine, a braccia alzate, senza neanche disputare la volata: sviliti 100 anni di tradizione per un presunto colpo di marketing, ci fa rabbia solo a pensarci); una volta anche secondo, e poi, finalmente, nel '99, vincitore. Quel giorno ci fece commuovere. Baci e abbracci al grande Andrea.
La Roubaix è la corsa meno indicata per cercare una chiave tattica, tanto è legata a variabili talmente aleatorie da presupporre possibili cambiamenti di ogni orizzonte anche solo in seguito ad una caduta. E di cadute, sul pavè, se ne vedono in quantità notevole. Quella di Van Petegem, per esempio: ha tolto di mezzo un protagonista annunciato, lasciando al solo Boonen i gradi di favorito in carica. Dello sviluppo lineare dell'edizione 2005 abbiamo già detto. Ci piace sottolineare il sacrificio di Pozzato, che ha dato tutto per lanciare Boonen, e poi si è fatto da parte. Ma a quel punto la Quick Step poteva fare e disfare a piacimento, visti gli specialisti che schierava. Anzi, ha dominato anche meno del prevedibile. La Fassa Bortolo, con due punte come Flecha e Cancellara, sarebbe stata forse l'unica (vista la malleabilità di Hincapie) a poter contrastare Boonen, tantopiù che lo spagnolo e lo svizzero erano tutti e due nella fuga. Ma poi ci si è messa di mezzo una foratura di troppo.
L'errore
La Rabobank è la sconfitta di giornata, il primo dei suoi è 19esimo ed è Horrillo, non certo quello che più ti aspetteresti veder primeggiare, tra tanti compagni nordici, in una Roubaix. La squadra olandese non è mai stata neanche in predicato di azzardare qualcosa. Al contrario, la Davitamon è stata bersagliata dalla sfortuna, e la T-Mobile lascia intravedere qualche bagliore, visto che stavolta ha corso visibilmente per favorire un capitano unico, e cioé Wesemann. Fa pensare la rassegnazione finale di Flecha. Sapeva benissimo di essere battuto in volata, né poteva pensare di avere a che fare con compagni di fuga inesperti di questa corsa, che magari si fanno battere come pivelli al velodromo. Perché non è scattato, Juan Antonio? Non ne aveva davvero più? O temeva di favorire Hincapie (nel caso, sarebbe stato il più veloce Boonen a doverlo inseguire)? Non è da sottovalutare, in certe situazioni, questo tipo di psicologia negativa: "Mi devo immolare io per far vincere quello? Via, Boonen ci batte tutti e due e pace". Può anche essere che Flecha si fosse spaventato nel vedere Backstedt consumarsi in un tentativo d'attacco poco prima e poi staccarsi senza più energie. Chissà.